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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 51 - 101
    • 89
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[pag. 89 F1]

e non dialogico, è predicato al giudizio in cui il rapporto tra il concetto con funzioni di predicato e il concetto con funzioni di soggetto è necessariamente accolto come legittimo dal pensiero, si danno due possibilità: o tutti i giudizi affermativi coincidono con l’accettazione per legittimità di un rapporto tra il concetto -predicato e il concetto-soggetto che appartiene a una delle tre classi in cui un rapporto tra concetti può essere catalogato, oppure vi sono rapporti tra concetti che non patiscono la catalogazione sotto nessuna delle tre classi e in questo caso l’accettazione per legittimità di un rapporto deve estendersi ad altre classi oltre a quelle considerate di solito dalla logica.Dei tre modi che un giudizio di relazione può assumere, è lecito affermare che essi siano irriducibili l’uno all’altro o che presentino  nel loro intimo strutture tali da poter essere considerati o tutt’ e tre o almeno due di essi membri di una sola classe, sicché la classe dei giudizi di relazione non sarebbe nel primo caso classe di tre classi di giudizi, ma unica classe di giudizi, e nel secondo classe di due classi di giudizi: è possibile infatti ritenere che non sia lecito né identificare un giudizio categorico con un giudizio ipotetico e con un giudizio disgiuntivo o un giudizio ipotetico con un disgiuntivo e con un categorico o un giudizio disgiuntivo con un categorico o con un ipotetico per una qualche loro formale denotazione comune che sia altra da quella che tutti stabiliscono un certo tipo di rapporto tra il concetto-predicato e il concetto soggetto, come pure è possibile affermare la liceità di ritrovare in tutt’e tre o solo due di essi una nota formale che le loro connotazioni hanno in comune oltre a quella, cui tutti partecipano, di relazionare secondo un certo modo di rapporto il concetto-predicato al concetto-soggetto; se per condizione s’intende qualcosa di differente dalla mera esistenza, se la condizione non è un esserci o un essere conosciuto bensì un esserci in genere in sintesi con un ((altro??)) esserci che è qualitativamente eterogeneo dall’esserci generico considerato, di una eterogeneità che non comporta incongruenza e quindi reciproca intolleranza esistenziale, e quindi un essere conosciuto secondo una certa connotazione generica determinata da un’ulteriore denotazione specifica eterogenea dalla connotazione ma non contraddittoria, se non formalmente, ad essa, non è lecita la riduzione né di un giudizio categorico e di un giudizio disgiuntivo né di un giudizio  categorico o di un giudizio disgiuntivo a un giudizio ipotetico - è di legittimità problematica

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l’inferenza dall’identificazione di un giudizio A è B con il giudizio “ se A è, è B “ della natura ipotetica di qualsivoglia giudizio categorico, come pure è problematicamente legittimo attribuire natura ipotetica al giudizio disgiuntivo sulla base dell’identità dei giudizi A è o B o C...o N col giudizio se A è, è o B o C...o N; qualsivoglia sia la relazione che nel giudizio categorico o nel giudizio disgiuntivo vincola il concetto-predicato al concetto-soggetto, si tratterebbe  sempre di asserire che l’essere dell’ontico simmetrico del primo è in funzione dell’essere dell’ontico simmetrico del secondo o che l’essere conosciuto del primo è in funzione dell’essere conosciuto del secondo; poiché quando si ha una relazione di funzione tra un dato e un altro, il dato che determina entro la relazione la funzione è rispetto al secondo dato, quello che accoglie la determinazione funzionale una condizione, è necessario che nei giudizi categorico e disgiuntivo, poiché il concetto del soggetto determina, dal punto di vista ontico e cognitivo, la relazione funzionale che lo lega al concetto del predicato, il concetto del soggetto è condizione del concetto del predicato; a questo modo di considerare la classe dei giudizi di relazione, aderiscono un buon numero di pensatori, tra cui anche Kant, il quale da un lato riesce a dedurre dalla classe dei giudizi disgiuntivi la categoria trascendentale dell’azione e reazione in quanto appunto considera il rapporto in cui in tali giudizi entrano il concetto-soggetto e il concetto-predicato come una funzione di tipo matematico, biunivoca, per la quale l’esserci e l’esser conosciuto del primo sono ragioni del modo d’essere e del modo d’esser conosciuto del secondo (se A è B o C...o N, l’ontità di A e la cognizione di A saranno rispettivamente i principi o le ragioni dell’ontità e della cognizione di B, di C,...di N) e l’esserci e l’esser conosciuto del secondo sono ragioni del modo d’essere e del modo d’essere conosciuto del primo (se A è B o C...o N, non solo l’esserci e l’esser conosciuti di B, di C,...di N, saranno i principi o ragioni dell’esserci e dell’esser conosciuto di A, ma anche l’esserci o l’esser conosciuto di B saranno principi o ragioni dell’esserci e dell’esser conosciuto di A secondo il suo modo B e non secondo i modi C...N, e il non esserci e il non esser conosciuti di C e...di N saranno principi e ragioni dell’esserci

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e dell’esser conosciuto di A non secondo i modi C..N esclusivamente, ma secondo il modo B), dalll’altro deve concludere nell’impossibilità di un giudizio categorico assoluto e perfetto sia perché, nel caso che il concetto-predicato del giudizio categorico sia uno dei predicati del giudizio disgiuntivo non solo è indeterminato se principio o ragione dell’esserci e dell’esser conosciuto del concetto-predicato sia il concetto predicato stesso o il concetto-soggetto, ma è anche insufficiente il rapporto di ragione che comunque connette i due concetti (se A è B è il giudizio categorico inferito dal disgiuntivo A è o B o C..o N, si ha che A è ragione di B e insieme B di A e che A è ragione non solo di B, ma anche di C o di...N e B è ragione di A ma in unione con C e con...N), sia perché, nel caso che il concetto-predicato del giudizio categorico sia il concetto-predicato del giudizio disgiuntivo in quanto però non in disgiunzione, è lecita l’assunzione del concetto-predicato a principio e ragione del concetto-soggetto, non l’assunzione contraria che pure dovrebbe essere consentita sulla base dell’indeterminatezza del rapporto di ragione che lega l’uno all’altro i due concetti, sia perché il concetto-soggetto di nessun giudizio categorico è tale da godere in qualunque situazione dell’esclusiva funzione di soggetto, ma i concetti-soggetti di tutti i giudizi categorici debbono almeno una volta assumere funzione di predicato, ad eccezione dei concetti individuali i quali tuttavia dipendono per l’universalità e necessità della predicazione da predicazioni più generali nessuna delle quali s’appoggia a concetti -soggetti assoluti, sicché nessun concetto -soggetto di giudizio categorico e nessun giudizio categorico sarebbero del tutto fuori da condizione, nella quale negazione dell’esistenza di un giudizio categorico perfetto è da vedersi implicita la riduzione della forma del giudizio categorico dal tipo A è B al tipo se A è, è B, pel quale non si darebbe nessun A di cui sia lecito affermare che se A è, è A -.

In linea puramente teorica, l’esserci di un ontico dotato di un suo modo di essere è sempre principio e ragione dell’esserci di un ontico dotato di un suo modo di essere altro da quello del primo, e a tale formulazione dobbiamo ridurre ogni rapporto di ragione se non vogliamo trovarci alle prese con un rapporto qualitativo del tipo il modo di essere  di un ontico è principio e ragione del modo di essere eterogeneo di un ontico altro dal primo, rapporto la cui intelligibilità vien meno sempre per l’impossibilità di ritrovare in due qualità eterogenee un’unità che non sia meramente formale; e questa situazione vale anche per la quantità, in quanto non è intelligibile il fatto che

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il modo di essere quantitativo di questo ontico sia principio del modo di essere quantitativo di quest’altro ontico se non o da un punto di vista meramente aritmetico quando le due quantità sono identiche, nel qual caso è lecito ignorare la qualità ma è anche necessario rinunciare a capire l’ontico -fondare la successione di ragione di una quantità tre di acqua a una quantità due  di idrogeno con una quantità uno di ossigeno sull’identità di tre rispetto a due con uno e sull’esclusione del qualitativo significa rinunciare a distinguere nell’ontico le situazioni in cui la dualità con l’unità è ragione di una triade, concreta ed astratta, concreta perché la numerazione dell’uno, due, tre si dà per un’omogeneità totale dell’enumerato, astratta perché la medesima enumerazione ritrova se stessa nell’ontico qualsivogliano siano le qualità che il pensiero ripudia nel contare, dalle situazioni in cui  la dualità con l’unità è principio  di una triade meramente astratta perché l’enumerazione dell’uno, due, tre che il pensiero costruisce  con l’esclusione di alcune qualità vien meno non appena si debbano riprendere in considerazione le qualità escluse per mantenere aderenza al reale -, o da un punto di vista di semplice collazione allorché muovendo dall’ontico noto la ricerca in esso di ragioni fondanti la successione di un esserci ad un altro ritrova soltanto l’identità quantitativa dei due succedentisi, o da un punto di vista dell’autoimposizione di un limite nel conoscere, dal punto di vista cioè di un parzialismo gnoseologico pel quale il pensiero tien conto che le quantità che esso considera sono quantità di qualità ma rinuncia a trovare nelle qualità le ragioni per le quali l’una qualità è principio dell’altra e si limita a stabilire i casi quantitativamente determinati in cui l’una qualità è principio dell’altra - anche da questi due punti di vista o l’ontico è assunto come dato di fatto di cui qualcosa sfugge o si ricerca in esso quel che non appare senza riuscire a trovarvelo -: Accettiamo per ora questa descrizione del rapporto di principio nell’ontico che l’esserci di un modo di essere sia principio di un eterogeneo modo di essere, e osserviamo a quali stati di pensiero dia luogo: se nell’ontico questo rapporto di principio è un modo per cui l’esserci di un modo di essere è l’antecedente necessario, e insieme problematico, dell’esserci di un modo di essere eterogeneo - nella definizione, divenuta consueta dall’empirismo in poi, del rapporto causale come vincolo di successione necessaria di due ontici non è mai stato tenuto




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