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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.103 F1] una classe pensati distributivamente, dal punto di vista cognitivo il giudizio distributivo si manifesta come un atto di conoscenza incompleto viziato da parziale ignoranza: se è vero che il suo concetto-soggetto è uno qualsivoglia di tutti gli individui raccolti nell’ambito di una classe e rappresentati attraverso quel che di generico li accomuna, è del pari vero che per tale concetto entro il giudizio assunto nella sua astrattezza non sono fornite le necessarie nozioni che consentirebbero di procedere all’ulteriore sua assegnazione alla classe che è classe del generico; si sa che tali nozioni debbono essere conseguite in quanto note denotanti il concetto, il quale quindi quantitativamente è determinato, ma si ignora l’effettiva connotazione delle note sicché il concetto resta qualitativamente ignorato e indeterminato in una parte della sua connotazione. Si obbietta che questa ignoranza è quanto appunto assicura al giudizio la validità della sua funzione operazionale; ma l’obiezione non fa che mettere in rilievo quello cui vogliamo arrivare che tutto il valore del giudizio sta appunto nella sua funzionalità, la quale dipende dalla carica di ignoranza da cui il giudizio stesso è pervaso. La ragione è in generale una serie di operazioni complesse che son discorsi destinati ad allontanare il quadro rappresentativo da uno stato di ignoranza per sistemarlo in una condizione di conoscenza in cui l’ignoranza sia stata elisa e sostituita da una nozione: perché ciò avvenga è necessario che l’ignoto sia in relazione con il noto e in una relazione tale che quanto di conoscenza il noto offre sia sufficiente a ridurre l’ignoto al noto, il che comporta che fra tutti i pensati, reali e possibili, sussista una trama di connessioni, come poneva Cartesio nella sua terza regola. Ma si tratta di stabilire in che cosa consistano i rapporti fra l’ignoto e il noto. Poiché non è nostra intenzione svolgere qui una teoria completa della ricerca, ci limitiamo al caso in cui il rapporto tra noto e ignoto sia di sussunzione, al caso cioè dell’analisi-deduzione in cui l’ignoto si presenta come un dato la cui parziale analisi consente di rappresentarlo come intelligibile sottoordinato a un intelligibile di cui già si conoscano nella loro interezza estensione e comprensione: in questa situazione il punto di partenza della [pag.103 F2] ragione è sempre una rappresentazione soddisfacente in tutte le esigenze del conoscere, ossia un giudizio che esplicitamente prospetta alla coscienza contemplante l’intero quadro delle note e dei rapporti tra le note che vi immangono; la situazione di ignoranza che è principio all’operazione discorsiva non riguarda più il giudizio noto o tutt’al più lo può investire per difetto di analisi, in quanto la ricerca non ha proseguito fino al termine estremo la determinazione delle note e delle classi proprie di ciascuno dei concetti del giudizio; ma se supponiamo che il difetto sia stato superato, la conoscenza che il giudizio offre è completa e zone di cecità rappresentativa non si danno né nel concetto-soggetto, né nel concetto-predicato né nel loro rapporto; che se supponiamo invece che il difetto sussista, si tratterà sempre di un’ignoranza inconsapevole, che è in fondo quella che dobbiamo presupporre per tutte le nostre conoscenze anche le più luminose. Se, dunque, il punto di partenza di un discorso è uno stato di conoscenza per sua essenza o privo di ignoranza o tale da trasformare in noto con i soli suoi contenuti quanto di ignoto può ritrovarsi, e se l’ignoto che si vuol conoscere con il discorso è per ipotesi un subordinato a uno dei concetti costitutivi del giudizio noto, il rapporto tra noto e ignoto è formalmente la sussunzione, materialmente un sovraggiunto alla conoscenza che amplia quantitativamente il quadro del sapere, in quanto esso s’aggiunge come nuovo membro a quelli delle classi sottoordinate già note o va ad arricchire gli intelligibili generici che siano ragione di classe: il discorso che dall’ignoranza mena alla conoscenza modifica quantitativamente il conosciuto precedente nel caso che l’ignoto sia specie del noto, quantitativamente e qualitativamente solo nel caso che l’ignoto sia genere del noto:- sia A il giudizio conosciuto, siano A1 e A2 i concetti che lo costituiscono, siano B C...N e D E...M le classi rispettivamente di A1 e di A2 e s t...n e u v...n le note rispettivamente della comprensione di A1 e di A2: A per essere dichiarato noto deve essere tale che, data la materia posseduta del [pag.103 F3] conoscere, quanto di ignoto possa toccare A1 o A2 dipenda dal mancato approfondimento analitico; se la mente s’arricchisce dell’ignoto X, A diviene principio di conoscenza di X alla condizione o che X sia sussumibile sotto A1 soggetto, nel qual caso la somma del noto subisce una semplice variazione quantitativa aumentando il numero delle classi sottoordinate che devono essere pensate dal conoscente, o che A2 predicato sia sussumibile sotto X, nel qual caso la somma del noto subisce una variazione quantitativa e insieme qualitativa, perché aumentano le classi di intelligibili e insieme i generi sotto cui il precedente noto dev’essere pensato -. Questo rapporto tra ignoto e noto è quel che di norma si verifica quando i giudizi noti siano o un categorico o un ipotetico, per tale rapporto, meramente avventizio, l’ignoranza e il suo superamento o non toccano affatto le rappresentazioni già note attraverso il giudizio o le arricchiscono, sicché se il rapporto avventizio non si dà il giudizio di partenza resta immobile nella sua staticità, soddisfacente dal punto di vista cognitivo, e non dà luogo ad altri discorsi o sillogismi che non siano quelli cui il contemplante è costretto se si rappresenta gli intelligibili del giudizio entro la piramide completa degli intelligibili posseduti. Ora, tutto questo non si dà in un giudizio disgiuntivo: se assumiamo questo a principio di un discorso che pretenda elidere un’ignoranza, l’ignoranza elisa non riguarda un ignoto avventizio, bensì il giudizio stesso; il giudizio disgiuntivo, infatti, assume i membri di una classe come totalmente ed attualmente dati alla conoscenza, sicché quantitativamente il discorso cognitivo non provocherà alcuna modificazione allo stato gnoseologico del pensiero contemplante, il quale attraverso l’enunciazione del concetto-soggetto possiede la ragione di una classe e la serie intera dei cogeneri della classe e attraverso l’enunciazione del concetto-predicato possiede le ragioni delle classi sottoordinate alla prima e sovraordinate ai secondi e insieme la serie intera degli intelligibili a queste sottoordinati; al pensiero [pag.103 F 4] contemplante non mancano neppure le conoscenze materiali-qualitative che son ragione della sussunzione dei subordinati sotto gli intelligibili del predicato, perché tali nozioni son date dalle differenze quantitative che distinguono la comprensione degli intelligibili del predicato dalla comprensione dell’intelligibile che è ragione dell’unica conoscenza data dei subordinati. Quel che è ignorato è la differenza che divide la comprensione di ciascun intelligibile sottoordinato dalla comprensione dei suoi cogeneri: ma siffatta ignoranza giace nell’intimo del giudizio stesso e viene elisa solo attraverso il sovraggiungere o di un noto o di un ignoto il quale però diviene noto attraverso un discorso che sia altro da quello avente a suo principio il giudizio disgiuntivo - se il giudizio disgiuntivo è “ M è o A o B”, esso diviene principio di discorso alla condizione che il sovraggiunto X o sia un noto, e come tale possa sussumersi sotto M in quanto ragione, oppure sia un ignoto divenuto noto attraverso il discorso M è T, X è T, X è M e il discorso A è V, X è V, X è A oppure B è Z, X è B, da cui risulta che X è M e o A o B -. Ciò che di avventizio sovraggiunge per dare inizio a un discorso che abbia a suo principio un giudizio disgiuntivo è, quindi, non un ignoto, ma un noto; ciò che il discorso avente a suo principio un giudizio disgiuntivo è, quindi, l’ignoranza immanente nel giudizio stesso, sicché dobbiamo affermare che il discorso muovente dal giudizio stesso lascia qualitativamente e quantitativamente immutata la situazione cognitiva, si vale di uno stato nuovo di conoscenza e non di ignoranza, elide una struttura di ignoranza iniziale e non sovraggiunto: dunque, non ha nulla che fare coi discorsi muoventi da un giudizio categorico e ipotetico, in quanto questi sono una dialettica che da un noto perviene ad un noto eterogeneo attraverso un ignoto omogeneo, mentre la dialettica dell’altro è passaggio da un ignoto a un noto omogeneo pel tramite di un noto omogeneo. E’ naturale quindi che si abbia
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