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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.109 F1] [(A è B) = (X < A < B). (Y < B < A)]-; basta tener presente che i due discorsi simultanei trovano la loro ragione fuori dal rapporto che li costituisce, precisamente nel vincolo che salda il concetto-predicato all’unità del concetto-soggetto e ricostituisce tra i due la totalità rotta dall’astrazione del primo, basta siffatto rilievo per rendersi conto che quanto la definizione in oggetto rileva non solo non è l’essenziale del rapporto predicativo che essa pretende definire ed è semplicemente una conseguenza di ciò che di veramente essenziale vi si ritrova, ma non è neppure una conseguenza di inferenza immediata e necessaria: perché, infatti, il rapporto unitario di parte a tutto inserito tra le due rappresentazioni del giudizio si ponga a principio di una relazione tra le due che faccia dell’una una ragione di esistenza dell’altra, occorre che il pensiero sposti il suo punto di vista dalla considerazione dell’unità come principio di predicazione alla valutazione dell’unità come principio di esistenza, il che è lecito fare alla condizione che l’attribuzione all’ontico unitario di autosufficienza nell’esistenza venga in certo modo fondata; in altre parole, se a fondare un giudizio categorico come indice di un rapporto di parte a tutto è sufficiente l’intuizione dell’intelligibile eretto a soggetto come di una unità sottesa a un’articolazione organica di molti eterogenei, sicché sotto il punto di vista della sintesi ad unità sottesa un intelligibile è di fatto ragione di se stesso per la consapevolezza che il pensiero acquista di ciò attraverso la riflessione sulle fasi successive, unità immediata, pluralità di eterogenei cui l’unità si riduce per analisi, riduzione dell’unità semplice ed omogenea ad unità sottesa ad una sintesi organica, attraverso le quali simultaneamente insorgono i rapporti connettivi fra le parti componenti e il tutto organico, ciascuno dei quali trova espressione in un giudizio categorico, per fondare un giudizio categorico come segno di un rapporto di ragione tra un intelligibile autosussistente e un intelligibile che ne mutua per sé l’esistenza occorre la dimostrazione di autosufficienza nell’esistere per il concetto-soggetto, è necessaria cioè l’argomentazione di incondizionalità esistenziale del concetto-soggetto; anche a non tener conto dell’osservazione kantiana dell’impossibilità di una tale argomentazione, in quanto alla conoscenza di condizione umana nessun intelligibile è dato che sia esclusivamente soggetto, anche cioè concedendo che la dimostrazione di un diritto tratto da sé all’esistere di un intelligibile sia data o per evidenza immediatamente ((?? imme??))
[[[Attenzione: posso avere confuso il segno di < con la lettera C o viceversa]]] [pag. 109 F 2] o mediatamente per trasferimento dall’intelligibile di evidenza immediata a tutti i suoi inerenti, siffatto rapporto non sarà mai tanto immediato e autosufficiente quanto lo è l’altro, per il quale basta l’intuizione originaria della natura sintetica dell’intelligibile - il confronto fra il giudizio A è B, riguardato sotto il punto di vista del nesso organico che connette B all’unità sottesa ad A, e il medesimo giudizio A è B, riguardato sotto il punto di vista del nesso di ragione che connette A come avente in sé la ragione della propria esistenza a B come mutuante da A la medesima ragione, fa conoscere palesemente come il primo giudizio acquisti immediata funzione di principio a se stesso, bastando l’intuizione della sinteticità organica di A e della partecipazione ad essa di B, intuizione che fa tutt’uno col rapporto unitario di B ad A, per gettare la base di intelligibilità di “ A è B”, e come invece il secondo giudizio abbia bisogno di una particolare intepretazione di A come ontico esistenziale, interpretazione, che, posta qui ipoteticamente come intelligibile, può essere offerta o immediatamente da A stesso, riguardato però da un punto di vista altro da quello della sua struttura organica, o mediatamente da altro o altri intelligibili di cui A è parte costitutiva; s’intende che il rapporto unitario-organico è principio e ragione del diritto a porsi del rapporto esistenziale, ma non coincide con questo; se chiamiamo X la rappresentazione dell’evidenza immediata di un intelligibile come ragione della propria esistenza, e Y la rappresentazione dell’inferenza del diritto ad esistere di un intelligibile dedotto dalla partecipazione sua all’organismo di un intelligibile che trae dall’evidenza immediata di se stesso il diritto all’esistenza, il giudizio categorico, A è B, riguardato sotto il secondo punto di vista, che è poi quella della definizione di tipo aristotelico qui presa in esame, ha la sua ragione fuori di sé, o in X o in Y, sicché il discorso di un pensiero che porti a “ A è B “ nel senso voluto dalla definizione è o { [= (A) < (A è esistente)] < [A è B] } oppure { y [= A +...n è ) < (A è esistente )] < [A è B] }, mentre il discorso conducente ad “ A è B “ nell’essenza stabilita dalla nostra definizione è [(A è B) < (A è B)]-; analoga conclusione è punto di arrivo della differenza [[[attenzione: non riesco a capire se si tratti di segno < o di C; posso averli confusi; nel qual caso la trascrizione è la seguente { X [= (A) C (A è esistente)] C [A è B] } oppure { y [= A +...n è) C (A è esistente)] C [A è B }, mentre il discorso conducente ad “ A è B” nell’essenza stabilita dalla nostra definizione è [(A è B) C (A è B)] _]]] [pag.109 F3] che possiamo rilevare tra il giudizio categorico, come rapporto di ragione fondante l’intelligibilità del concetto-soggetto sull’intelligibilità del concetto-predicato, e il giudizio categorico, come rapporto connettivo tra il concetto-predicato astratto ed isolato e l’unità permanentemente sottesa alla totalità eterogenea ma organica del concetto-soggetto; in quest’ultimo caso il rapporto stesso è ragione di se medesimo, essendo sufficiente la contemplazione del nesso che unisce i due intelligibili per avere il diritto di affermare che esso è quello che è, mentre nel primo caso dev’essere data l’intelligibilità del concetto-predicato perché sia dato un principio di inferenza per l’intelligibilità del concetto-soggetto; e poiché l’intelligibilità del concetto -predicato è data da un’analisi della sua unità, che può essere fornita soltanto da uno o più giudizi che sono altri dal giudizio categorico considerato, questo ritrova la ragione della propria essenza di rapporto di intelligibilità fuori di sé in un’ altra rappresentazione, anche se in siffatta complessa dialettica mai viene smarrito il rapporto unitario che continua a fare da ragione per qualsivoglia discorso interessante i due intelligibili - se chiamiamo X il rapporto unitario che connette un intelligibile unitario B agli eterogenei che lo compongono, B1 B2...Bn, e che trova espressione in altrettanti giudizi categorici quanti sono gli eterogenei, B è B1, B è B2... B è Bn, è indubitabile che la ragione di qualunque discorso intorno a B e intorno ad A, sintesi organica abbracciante B, coincida coi giudizi categorici A è B, B è B1, B è B2..B è Bn; ma è altrettanto vero che A è B, in quanto giudizio categorico ad essenza unitaria, ha a sua ragione esclusivamente se stesso, essendo [(A è B) < ((?? C??)) (A è B)], mentre il medesimo giudizio, in quanto funzione della rappresentazione dell’intelligibilità di A pel medio dell’intelligibilità di B, ha a sua ragione X oltre che se stesso, essendo { [(A è B). X] < ((??C??)) (A è B)] } -; si obbietterà che, sotto quest’ultimo aspetto, è impossibile distinguere il giudizio A è B in quanto unitario dallo stesso giudizio in quanto funzione di intelligibilità, giacchè la ricognizione di B come parte intrinseca alla sintesi organica di A coincide con la definizione, almeno parziale di B come intelligibile, si obbietterà cioè che la rappresentazione [pag. 109 F 4] indicata dal diagramma A è B è simultanea alle rappresentazioni diagrammate da B è B1, B è B2, sia pure non completate da tutti i diagrammi che vanno da B è B1 a B è Bn; il che sarebbe necessariamente accettabile, in primo luogo se lo sforzo attentivo con cui si isola B pur conservandolo in connessione con A, forse concomitante ed equipollente allo sforzo attentivo con cui si dirompe l’unità semplice di B in B1 B2...Bn, in secondo luogo se i diagrammi B1 B2 B3 venissero successivamente al diagramma A è B, non per una successione toccante soltanto la formulazione verbale, ma anche per una successione riguardante l’effettiva posteriorità cronologica delle operazioni formali del pensiero; in altri termini, riconosciamo all’obiezione un peso notevole a favore della definizione di tipo aristotelico, sulla cui validità e verità abbiamo levato critiche non contro il suo contenuto, bensì contro la pretesa di essere definizione, tuttavia vogliamo sottolineare che se per intellegibilità di un intelligibile intendiamo l’educazione logicamente e formalmente ordinata delle rappresentazioni universali e necessarie, eterogenee, organizzate nella sintesi sostitutiva dell’unità semplice dell’intelligibile, siffatta intelligibilità non è immediatamente offerta nella sua analitica struttura, almeno parziale, all’atto stesso in cui l’intelligibile è astratto dalla composizione dell’intelligibile che è il suo tutto, perché in siffatto atto quel che è immediatamente dato è l’eterogeneità e semplicità, di intuizione immediata, dell’intelligibile astratto dagli altri astraibili, ossia il momento primo del processo dialettico che condurrà all’intelligibilità dell’astratto che sarà poi principio dell’intelligibilità dell’intelligibile su cui l’astrazione si è operata; intendiamo dire che nel momento originario in cui si afferma che A è B, dell’intelligibilità di B è dato solo il principio, e precisamente la sua unità semplice e insieme il suo modo eterogeneo dalla serie A1 A 2 A 3....An, di cui B è membro, sicché la predicazione di B ad A è movimento iniziale per una intelligibilità di B e quindi di A; la definizione di tipo aristotelico coglie quindi un aspetto ontico ed essenziale del giudizio categorico,
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