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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 101 -150
    • 113
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che dev’essere attribuita a ciascuna delle note sovraggiunte al fine di fondare la loro intelligibilità su di una ragione sufficiente, sia un ineluttabile stato che insorge antecedentemente o successivamente all’arricchimento determinativo operato sulla connotazione del generico ad opera della nota specificante; la prima questione riguarda la definizione del rapporto intercorrente fra la connotazione generica e la nota specifica, e la sua soluzione deve decidere se il rapporto debba dirsi contingente oppure razionale - nel primo caso, il rapporto non è sussumibile sotto il principio di ragione e non si pone come specie di esso, risultando impossibile l’equazione sillogistica tra il rapporto dato e il rapporto di ragione: R: C ≠ G: S, essendo R, C, G, S i segni rispettivamente della ragione, della conseguenza, del generico e dello specifico; nel secondo caso, la legittima sussunzione del rapporto fra la connotazione generica e la nota specificante pone di diritto sia la funzione di specie del rapporto nei confronti del principio di ragione sia l’equazione proporzionale e sillogistica tra il rapporto di ragione e il rapporto considerato: R: C = G: S -; la seconda questione investe la legittimità della predicazione di intelligibilità alla connotazione, predicazione per la quale si tratta di stabilire se nessuno dei predicati di cui legittimamente gode la nota specificante si ritrovi tra i predicati della connotazione generica oppure se alcuni dei primi compaiano anche tra i secondi, e in questo caso se almeno uno dei predicati comuni appartiene all’ordine dei generi sommi fondanti l’intelligibilità generale di un pensato - la prima soluzione fonda l’eterogeneità assoluta tra la connotazione generica e la denotazione specificante, la seconda può definire un’omogeneità parziale fra le due -. Le due questioni sono sostanzialmente diverse e distinte, perché se la transizione da omogeneo ad omogeneo è una delle condizioni necessarie a che venga interpretata come rapporto di ragione, non tutti i rapporti dialettici tra omogenei rivestono la modalità di un rapporto di ragione e un rapporto di ragione non esclude, almeno per un pensiero di condizione umana, la dialettica da eterogeneo ad eterogeneo, con la conseguenza in primo luogo che la definizione dell’apoditticità o contingenza del passaggio dal generico allo specificante in nulla determina l’omogeneità o eterogeneità

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dei due, in secondo luogo che l’omogeneità o eterogeneità del generico e della nota specificante nulla ci dice della necessità o contingenza del passaggio dall’uno all’altra. Se le teorie di cui Platone e Aristotele si valsero per inquadrare in un’interpretazione totale l’insieme degli intelligibili non attingessero la loro intelligibilità da immagini e nozioni di natura metafisica e quindi diversa dai dati che l’analisi di tale insieme offre, sarebbe comodo servirsene per risolvere la prima questione nel senso di un’apoditticità del divenire del genere nella specie e dell’accettazione dell’equazione R: C = G:S: la naturale dicotomia platonica degli intelligibili, determinazione o rifrazione nella sfera del razionale di un universale principio di epifania o di involuzione cosmica, segna la necessità imperante sull’intelligibile generico di esplicitarsi in una denotazione specificante, così come l’ineluttabile determinarsi della materia sotto l’azione causatrice di un attuale porta le denotazioni specificanti ad attuarsi necessariamente nella specie. Ma la problematicità delle due teorie lascia allo stato di possibilità la giustificazione del necessario divenire della specie dalla connotazione generica, e, mentre soddisfa l’esigenza umana di determinare per deduzione da una nozione totale e completa un dato di fatto indotto e solo parzialmente connotato, lascia celato quel che in fondo più interessa, ossia l’evidenza intuitiva del rapporto di ragione tra la connotazione generica e il sovraggiungersi della denotazione specificante: la soluzione della questione può venire solo dall’analisi diretta di ciascuna componente. Ad un pensiero di condizione umana il rapporto tra la connotazione di un genere e la denotazione specificativa della specie appare come una determinazione, come un atto di circoscrizione annullante l’indefinitezza qualitativa o quantitativa provocante, se ripetuto attraverso altre denotazioni specificative, la suddivisione dell’indistinto generico in sfere eterogenee: sembrerebbe, dunque, che si abbia che fare con l’apporto di un intelligibile qualitativo o quantitativo il quale elide l’indefinito e l’indistinto del generico; tuttavia questa interpretazione è superficiale e fondata esclusivamente sulle connotazioni del generico e dello specifico in quanto in reciproco rapporto: queste deficienze si rivelano nella relatività che affetta la nozione di determinazione,

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la quale è da un lato fondata sulla giustapposizione della specie al genere, dall’altro è destinata a non giungere mai a un limite assoluto; infatti, se si fa eccezione per gli intelligibili che coincidano con una percezione sensoriale, tutti gli altri ricavano la determinatezza o indeterminatezza della loro connotazione dal fatto che sussumano sotto di sé altri intelligibili oppure non trovino  nell’ammasso degli intelligibili noti altri intelligibili da sussumere: sotto questo punto di vista la nota formale della determinatezza non è un denotante necessario di nessun intelligibile in sé; d’altra parte, non essendo data al pensiero di condizione umana la certezza che la suddivisione nota di un generico sia completa, non è lecita la predicazione di determinatezza totale per nessun intelligibile generico e resta quindi sul piano della possibilità un costante residuo di indeterminato, con la conseguenza che il rapporto tra nota specificante e connotazione generica non ritrova nella nozione di determinazione una ragion sufficiente che ne fondi l’intelligibilità; argomento di questo è l’inutilità del concetto di determinazione a stabilire la necessità del determinante, in quanto la relatività della determinazione comporta la relatività dell’indeterminatezza e con ciò l’impossibilità a definire contingente o apodittica la specificazione del generico. Fin che si continua a riguardare la composizione della denotazione specifica con la connotazione generica come una articolata giustapposizione determinante, la dialettica dal generale allo speciale resta un aposteriore effettuale, sulla cui necessità nulla può essere detto di probante e nulla può essere argomentato a priori: da tal punto di vista, l’assenza di specie infime in nulla viene a modificare lo stato della connotazione del genere di immediata sussunzione, la cui indeterminatezza non deve concepirsi come assoluta se il pensiero è capace di pensarlo come genere senza nozione delle specie. Ora, al punto di vista della determinazione, meramente formale e relazione, è lecito sostituire un differente punto di vista, nato da una valutazione della connotazione generica che non attende l’esistenza e la conoscenza della specie  per arguirne il modo di essere formale: la connotazione di un intelligibile è sempre strutturata in modo tale da offrire un certo numero di rappresentazioni; queste analizzate, rivelano un complesso di fattori impliciti,

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la cui enumerazione il pensiero è in grado di rendere completa pur che con attenzione tenga presente tutti i rapporti con cui ciascun fattore si lega con le nozioni possedute relazionabili; due situazioni insorgono a questa fase del processo di analisi: si dà che la serie totale delle nozioni che debbono ritrovarsi entro l’unità dell’intelligibile dato siano effettivamente e, con esplicitazione mediata o immediata, rappresentate entro la sua connotazione; si dà invece che in numero maggiore o minore le nozioni la cui totalità deve esser data entro l’unità dell’intelligibile non siano né per esplicitazione immediata né per esplicitazione mediata offerte alla conoscenza dalla sua connotazione; la prima situazione consente di attribuire al concetto un’intelligibilità totale, la seconda solo un’intelligibilità parziale. Dato un intelligibile di intelligibilità totale nessuna rappresentazione intelligibile comparirà mai come esplicitazione  immediata o mediata a lato di quella già esplicitamente presente nella sua connotazione, tranne nel caso che al pensiero sfuggano alcune delle relazioni in cui i noti espliciti dell’intelligibile entrano con altri intelligibili  non attualmente dati, il qual modo dipende dall’apparenza dell’intelligibilità totale dell’intelligibile e quindi dalla condizione umana del pensiero; dato un intelligibile di intelligibilità parziale dovrà attendersi una giustapposizione esplicitata di tutte le nozioni che neppure implicitamente compaiono  nella sua connotazione e che son poste dalle relazioni in cui le denotazioni esplicite dell’intelligibile entrano con quelle tra le rappresentazioni possedute che sono relazionabili con esse; poiché la giustapposizione si traduce in una dialettica dal genere in altrettante specie, il pensiero ha il diritto di attendersi la rappresentazione di siffatti intelligibili speciali, in nome di uno degli attributi  dell’ontità intelligibile, appunto la completezza di tutti i rapporti, sinonimo di unità totale e non frazionaria, traducibile nel concetto di sostanzialità o sufficienza ontica. L’analisi della connotazione di un qualunque generico rivela il suo stato di intelligibilità incompleta o insufficienza ontica e insieme manifesta  o definitamente o indefinitamente le modalità




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