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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.122 F1] delle categorie sussunte e non solo quella del presunto genere; il che, d’altro canto, ha la sua giustificazione, per ciò che riguarda una serie completa di specie, nell’abbinamento delle rispettive sussunzioni e nella dialettica dall’una all’altra ritrovanti la propria apoditticità fuori dalle specie stesse in quanto specie, per ciò che riguarda una serie completa di categorie, nella dialettica necessaria dall’una all’altra sussunzione, la cui necessità è dalle categorie stesse in quanto sussunti e non da altro - nel sistema categoriale dei Pitagorici, se si esclude dall’elenco delle sussunzioni sotto la nozione di numero-essere la predicazione di questo a una delle categorie espressa con la negazione di una o delle altre, se cioè si indica la coppia del pieno-vuoto con il contraddittorio per negazione “ ciò che non è né determinato-indeterminato né pari-dispari, e si esclude dalla serie dei giudizi sottoposti ad attenzione, “ il determinato -indeterminato è essere “, “ il pari-dispari è essere “, “ ciò che non è né determinato-indeterminato né pari-dispari è essere “, quest’ultima sussunzione, lo stato di intelligibilità in cui il pensiero viene a trovarsi è preda di una deficienza che non affetta lo stato di intelligibilità proprio di un pensiero che elidesse da sé il giudizio di forma negativa “la non-lunghezza è grandezza fisica “ giustapposto al giudizio contraddittorio e sostituente i giudizi “ il tempo, la forza, la massa sono grandezze fisiche “ -; si liberino ora le categorie dalla dipendenza dal concetto di essere e si considerino tutte nell’ordine con cui si susseguono, sia l’uno o l’altro tra quelli che il pensiero fin qui ci ha offerto: il primo aspetto che il pensiero ritrova in una serie categoriale assolutamente presa è la necessità della sua concezione unitaria, la necessità cioè che tutti i membri della serie siano pensati con un atto sintetico, il che comporta, dal momento che ci troviamo dinanzi a distinti e diversi, che necessario sia il nesso che lega le une alle altre le categorie stesse; è tradizionale ricondurre i nessi apodittici fra intelligibili distinti al principio di ragione sufficiente nella consueta sua articolazione in principio di intelligibilità immanente nei rapporti da genere a specie e in principio di causalità; ma bisogna chiedersi se il principio di ragione con le sue due specie sia sufficiente a fondare l’intelligibilità di tutti i nessi apodittici fra diversi: mi pare, ad esempio, che nel rapporto tra due variabili tale che per ogni definizione dell’una sia data una ed una sola definizione dell’altra, ossia nel rapporto apodittico di funzione, si abbia il diritto di parlare di un’apodissi per principio di ragione, se per questo s’intende la necessità di una costante e uniforme dialettica del pensiero dall’un intelligibile all’ [pag 122 F2] altro, la necessità cioè della costante ed uniforme dialettica dalla definizione della variabile indipendente alla definizione della variabile dipendente, ma non sia legittimo né ridurre tale dialettica alla denotazione della variabile dipendente da parte della variabile indipendente, alla quale quindi non è lecito sussumere l’altra sotto di sé come suo genere, né interpretare tale dialettica come una simultaneità apodittica dell’esistenza di due eterogenei, vale a dire a un rapporto causale, in quanto l’assunzione, da parte della variabile dipendente, di una certa definizione in concomitanza con una definizione della variabile indipendente non necessariamente si dà solo ed univocamente entro quella relazione funzionale, ma si verifica in altre circostanze e in differenti subordinazioni funzionali, sicché la definizione della variabile dipendente dovrebbe agire da causa non univoca, con palese offesa al principio di ragione sufficiente in generale e in particolare al principio di causa; ora, la stessa impossibilità a lasciarsi sussumere sotto un principio di ragione si dà per il nesso tra due categorie: ponendo sotto attenzione l’una, il pensiero si rende conto di avere il diritto di rappresentarsela solo a patto di relazionarla all’altra per una subordinazione fondata su una ragione che è o condizionamento nell’esistere, in quanto l’una categoria non è che uno dei modi secondo cui si dà l’esistere dell’altra, o condizionamento dell’esistere, in quanto l’una categoria è un esistere dai molteplici modi di cui uno è rappresentato e concepito nell’altra, o condizionamento nella coesistenza, in quanto l’una categoria pone una simultaneità del rappresentato con altri il diritto della quale è rappresentato nell’altra, o condizionamento del coesistere, in quanto l’una categoria pone il diritto pel quale è lecita la simultaneità con altri che la seconda categoria rappresenta; se poi l’attenzione vien spostata dalla prima alla seconda categoria, ricompare la medesima necessità di rappresentarsi l’intelligibile in unità con l’altro per una subordinazione che ha il suo principio in una delle quattro ragioni indicate, altra però dalla precedente; si deve quindi parlare di due dialettiche distinte, reciproche ma non biunivoche, vincolanti a due a due le categorie in modo tale che la prima sia principio d intelligibilità dell’altra sulla base di una certa ragione o la seconda sia principio di intelligibilità della prima sulla base di una ragione diversa; se infine si nota che ogni categoria deve essere vincolata alle precedenti per una relazione apodittica costituita da una delle suddette ragioni, risulta che viene a inserirsi lungo tutta [pag. 122 F3] la serie categoriale, una sorta di dialettica scalare che la rende sintetica per un unico atto intellettivo e che può essere per dir così rovesciata in modo che la categoria che nella prima trasposizione dialettica era conseguente ultimo si pone nella nuova dialettica principio primo - nella teoria pitagorica delle categorie, la coppia intelligibile del pieno -vuoto condiziona nell’esistere l’intelligibile del determinato -indeterminato, in quanto è uno degli aspetti che si ritrovano necessariamente nell’esistenza o rappresentazione di questo, così come questo secondo intelligibile condiziona nell’esistere la coppia del dispari-pari della quale è un necessario modo di esistere, sicché la concezione del dispari-pari è preceduta immediatamente dalla concezione del determinato -indeterminato e mediatamente dalla concezione del pieno-vuoto, e il pensiero deve necessariamente spostare dialetticamente la sua attenzione dalla prima alla seconda coppia e dalla seconda alla terza; di contro, poiché per esistere, ossia per essere rappresentato, la coppia del pieno-vuoto dev’essere pensata come inerente alla coppia del determinato - indeterminato e questa a sua volta come inerente nella coppia del dispari-pari, il pensiero è costretto ora a una transizione dialettica, imposta dal punto di vista del condizionamento dell’esistenza di ciascuno da parte dell’esistenza del precedente, che dal pari-dispari si porta al determinato -indeterminato e di qui al pieno-vuoto, con un capovolgimento dell’ordine intelligibile, che comunque in nulla muta la subordinazione necessaria e quindi l’apodittico pensamento unitario di tutte le categorie; identica connessione apodittica vincola la quantità alla qualità, la qualità alla relazione, e la relazione alla sostanza nell’ordine categoriale di Aristotele e la causalità alla sostanza in quello di Kant -; di qui, in primo luogo si deve concludere che il dubbio sulla portata di specie delle categorie è convalidato e trasformato in certezza dal momento che l’ordine delle categorie ignora la connessione paratattica propria di tutte le specie in serie, considerate in assoluto, in secondo luogo si è tenuti a interpretare il nesso di interdipendenza delle categorie: se le categorie sono unitariamente connesse tra di loro per un vincolo di ipotassi complementare e perciò reciproco, il punto di vista geometrico -quantitativo è destinato solo a distorcere l’effettiva situazione, in quanto porta a staccare ogni membro dagli altri interdipendenti e a tradurre la loro unità in una giustapposizione, sicché, come [pag. 122 F4] nell’angolo retto i cui componenti sono complementari ed esistono in modo tale che il pensiero non può pensare l’uno senza rappresentarsi simultaneamente gli altri, l’atto sintetico, che necessariamente vincola in interdipendenza la rappresentazione degli angoli complementari distinti, trova la sua ragione fuori da questi, in quel risultato ultimo della loro giustapposizione che è l’angolo retto il quale genera l’unità dei costituenti con l’unità intrinseca posseduta antecedentemente ai costituenti e indipendentemente da questi, così l’interpretazione quantitativa della complementarità delle categorie non solo finisce per negare la loro ipotassi assoluta in quanto la riconduce alla generazione dell’essere pel tramite della loro unificazione per giustapposizione, ma riesce a privare di intelligibilità il rapporto fra la nozione di essere e le categorie, le quali dovrebbero da un lato porsi a principio dell’essere come sue condizioni e generanti, dall’altro dovrebbero rifarsi all’essere come al principio la cui preesistente unità assicura loro un’unità per unificazione; siffatto criterio quantitativo-geometrico è valido per l’interpretazione dell’unità di una serie di specie quale si dà in un pensiero di condizione umana - infatti, la giustapposizione di ciascuna specie alle altre cogeneri trae ragione di se stessa come unificazione dalla preesistente unità del genere e insieme assicura al genere il completamento della sua intelligibilità, prima ridotta alla rappresentazione unitaria di una connotazione parziale e deficiente a se stessa, poi, in seguito alla totale copertura della sua area intelligibile ad opera di tutte le sue specie, elevata alla rappresentazione unitaria di una connotazione completa e autosufficiente; occorre assumere un differente criterio, un criterio qualitativo che interpreti ciascuna categoria come un campo di ontità intelligibile qualificato secondo un certo colore o tono che si estende coestensivamente a un altro campo di identica ontità intelligibile ma di differente colore e tono e si fonde con esso non perché smarrisca la propria individualità confondendola con l’individuazione dell’altro, ma perché la sua individuale esistenza trae ragione e necessità solo dall’individuale esistenza dell’altro e insieme si pone come fonte di ragione e di necessità per l’individuale esistenza di questo, essendo questo reciproco rapporto di apodissi e di intelligibilità delle due esistenze il segno di una loro intrinseca unità; e poiché tutte le categorie
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