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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 101 -150
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un rapporto che è da protoplasmatico assimilante ad eterogeneo assimilato, da protoplasmatico assimilante ad omogeneo assimilato, da protoplasmatico assimilante ad omo- ed eterogeneo assimilati, sicché la denotazione dell’assimilazione, nell’atto stesso in cui pone sé, articola su di sé, secondo il medesimo tipo di complementarità, le qualità della glicosintesi, dell’organoassimilazione, della simultaneità di entrambe; per questo punto di vista, la specie dell’autotrofo, allora, si riduce al genere, in quanto però privato di due sue denotazioni -; dunque il criterio qualitativo ha il diritto di riguardare al genere come a un contenente della specie, che sta a questa come un principio di esistenza e di intelligibilità al suo conseguente, e, benché ripristini il rapporto formale di ragione tra genere e specie secondo le denotazioni analitiche sotto cui il platonismo le guarda, si distingue nettamente dal platonismo in quanto conserva l’articolazione delle connotazioni in distinti qualitativamente eterogenei senza cadere nella discrezione aristotelica eguagliante l’eterogeneità a una separazione geometrica: grazie a ciò, il punto di vista qualitativo dà ragione dell’immanenza della specie nel genere secondo  le esigenze analitiche del pensiero di condizione umana, a differenza del platonismo che quando si tratta di fondare la relazione da contenente a contenuto tra genere e specie fallisce in quanto contravviene al criterio razionale pel quale l’unico rapporto tra due semplici ciascuno dei quali omogeneo a se stesso è l’identità assoluta o l’eterogeneità assoluta; comunque, anche il punto di vista qualitativo assegna al giudizio lo schema “ A è B” in cui A, genere, sta a B, specie, come un principio di esistenza e di intelligibilità sta al conseguente in forza del rapporto da contenente a contenuto che vincola il genere alla specie.

Se gli essenziali di un rapporto di intelligibilità fra due intelligibili [[Nota a matita dell'autore:”Esaminare la definizione di Giudizio: A è B = Contenente è contenuto = conseguente di intelligibilità a principio di intelligibilità = principio di esistenza a conseguente di esistenza = é così? Aristotele e Platone e qualitativo - indagare a fondo e correggere. Per la correzione partire di qui “.]] sono l’immanenza dell’uno nell’altro, secondo una proporzione per la quale l’intelligibile che accoglie in sé l’inerente sta all’intelligibile inerente come un contenente a un contenuto, e la disarticolazione dell’unità intuitiva del contenente al fine di identificare una delle sue denotazioni componenti con la rappresentazione globale dell’altro e dell’unità intuitiva del contenuto al fine di ridurre la continuità inarticolata della denotazione privilegiata in una discontinuità articolata ed eterogenea, al pensiero di condizione umana è imposta l’analisi di tutte le sue rappresentazioni intelligibili come punto di partenza per i successivi abbinamenti che son fonte di intelligibilità; si pone qui la questione di quali rappresentazioni debbano

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essere analizzate per prime onde sia posta la più semplice condizione necessaria e sufficiente per un abbinamento di intelligibilità: evidentemente le prime rappresentazioni la cui analisi è condizione di dialettiche di intelligibilità sono quelle che dovranno offrire con la propria disarticolazione i diversi denotanti che, separati dal tutto e riportati al tutto come parti e contenuti, consentono la genesi di un rapporto da contenuto a contenente; la successiva analisi del contenuto serve a rendere completo il rapporto di intelligibilità, ma resta sempre subordinata alla prima come quella che ritrova in essa la ragione del suo essere; ora, il pensiero di condizione umana  non è né univocamente determinato nell’assunzione di rappresentazioni che siano assolutamente prime nell’ordine dell’analisi e che rispetto a questo si diano come esclusivamente contenenti né totalmente indeterminato rispetto al primato da attribuirsi a rappresentazioni sì da poter a suo arbitrio  mutevole porre a primi or questi or quelli tra gli intelligibili; il nostro pensiero ha due serie di rappresentazioni su cui iniziare l’atto dell’analisi, da un lato  le percezioni o individualità composite  sensorialmente intuite in quanto dotate di una componente composita universale e necessaria e quindi intelligibile e costituenti ciascuna un autonomo autosufficiente, dall’altro le stesse percezioni nelle stesse modalità cognitiva e forma intelligibile, in quanto interdipendenti e con ciò insufficienti ad esistere  in un’autonomia isolata, fuori del complesso che le comprende ed entro cui son colte: è vero che un pensiero di tutte le rappresentazioni intelligibili attraverso  cui pretende di rappresentare il nucleo intelligibile  delle rappresentazioni percettive ha il diritto di isolarne una, rompendo tutti i legami di interdipendenza  che la connettono alle altre ed erigendola ad ente a se stante concepibile per sé e non per altro, in forza dell’individualità della percezione corrispondente, ma è altrettanto vero che gli è dato anche il diritto di sovraordinare alle rappresentazioni  dei nuclei intelligibili delle percezioni altre rappresentazioni mediante le quali tende a fissare il nucleo intelligibile delle totalità a contenuto  sensoriale, costituite dalle unità in cui le percezioni  vengono a legarsi per i vincoli di interdipendenza  che le stringono l’una all’altra; stando a quel che ci dice Kant, questi concetti di unità a contenuto di molteplicità percettiva, non sarebbero  né originari né logicamente primari, ma sarebbero la risultante, o simultanea o successiva, di varie operazioni

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che l’insufficienza delle singole percezioni e delle rappresentazioni intelligibili loro corrispondenti alle condizioni della facoltà del sillogismo  imporrebbe alla coscienza conoscente; avremmo  quindi che fare  con una produzione  secondaria di rappresentazioni intelligibili  formalmente legittime, materialmente assurde  per l’assenza  di un ontico contenuto intelligibile simmetrico a quel che di universale e necessario si dà in una corrispondente percezione intuitiva; volendo privare di validità queste rappresentazioni di unificazioni di percezioni, volendo negare l’equipollenza del loro diritto a porsi  come degli intelligibili con il medesimo diritto di cui godono  le rappresentazioni delle percezioni, non c’è bisogno di un meccanismo  tanto complesso com’è quello del polisillogismo che tra l’altro non rende ragione affatto dell’adunata dei concetti delle percezioni nella composizione di un concetto che collettivamente li abbraccia, basterebbe definire questi concetti collettivi  i prodotti dell’analogia che identifica il rapporto tra le sensazioni di una percezione e l’unità individuale della percezione con il rapporto tra le percezioni e una loro unità individuale entro una, diciamo così, percezione di percezioni, e con ciò dà esistenza a un’unità fenomenico-intuitiva di percezioni, cui deve corrispondere una rappresentazione intelligibile; ma come la giustificazione kantiana dà una vacillante ragione  di certi concetti collettivi  cui evidentemente non corrispondono rappresentazioni intuitivo-fenomeniche, ma non riesce a cancellare l’esistenza di rappresentazioni immediate ed intuitive di collettivi di percezioni, allo stesso modo  il processo analogico non riesce ad escludere che l’intuizione delle percezioni sensoriali sia non di ontici giustapposti e irrelati, ma di ontici interdipendenti che da una modificazione essenziale del tutto ricevono necessariamente una modificazione intima a ciascuna: certo all’intuizione sensoriale non sono mai date rappresentazioni di collettivi di percezione, che godano di quei caratteri di individualità, integrità, autosufficienza di cui l’immagine isolata di una percezione è dotata, ma una rappresentazione di percezioni collegate per interdipendenza è sempre data con immediata simultaneità, insieme all’intuizione di ogni percezione; d’altra parte, per parlare di totalità sovraordinate  alle rappresentazioni dei nuclei intelligibili delle percezioni, non c’è neppure bisogno di muovere dal problema della genesi degli intelligibili per risolverlo o nel senso di una loro effettiva esistenza

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nel nostro pensiero con la concomitante introduzione di concetti innati, che null’altro sarebbero se non il collettivo di tutti i concetti rappresentabili, o nel senso di una loro pretesa ad esistere  nel nostro pensiero, tuttavia non riscontrata entro il percepito  fenomenico con tutti i modi che essi aspirano a possedere, con la concomitante negazione di concetti innati ((??)) e quindi di collettività di concetti; chi, come Hume o Kant, nega rappresentazioni che si sovraordinano ad altre come loro unità comprensive, introduce  poi le nozioni o di associazione o di legge causale le quali inseriscono le percezioni in unità superiori che non si vede come possano essere presenti al pensiero se non tramite un atto immediato che sarà pur sempre dato con l’intuizione  sensoriale; l’esperienza che ogni giorno facciamo dell’intuizione fenomenica prova che questa è fatta di percezioni apprese sia nella modalità di gruppi sensoriali individuali sia nella modalità di unità per interdipendenza: e non si vede il motivo per cui, come il pensiero ritiene legittimo l’erigere di contro ad ogni percezione una rappresentazione intelligibile della sua essenzialità, così non gli sia dato il diritto di contrapporre alle unità collettive delle percezioni, immediatamente apprese al pari delle percezioni e insieme con esse, rappresentazioni altrettanto intelligibili della loro essenzialità; qualunque ragione s’adduca del fatto che le percezioni sono interdipendenti, si dà nel nostro conoscere che le percezioni vengano intuite  come facenti parte di unità superiori che le conglobano e che è lecito  rappresentarsi, attraverso concetti, nella loro essenzialità [[Nota a matita dell'autore:” spazio, tempo, coscienza, sistema solare, ecc.”]]; il pensiero, allora, ha a sua disposizione due ordini di intelligibili da sottoporre ad analisi, gli intelligibili delle percezioni e gli intelligibili dei collettivi per interdipendenza delle percezioni; di qui i due differenti processi di analisi e i due  loro diversi risultati: se l’oggetto primo dell’analisi è l’ontico intelligibile simmetrico  di una percezione sensoriale, la rottura dell’unità intelligibile nelle due fazioni dell’essenza e dell’essenziale, della condizione e del condizionato, provoca le tre rappresentazioni del genere, della specie, dello specifico, pone le minime condizioni necessarie  e sufficienti per un giudizio, dello schema A è B di tipo aristotelico, e apre la via all’analisi del genere, con conseguente insorgere di tre altre rappresentazioni, quella del genere in funzione di specie, quella del genere del genere -specie, quella dello specifico entro il genere; il processo di impoverimento progressivo del quanto di cognizione




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