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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.3 F1] disattenzione o superficialità contingenti, non di effettiva indipendenza reciproca dei due momenti; perciò, ogni teoria metafisica si è sempre presa cura di stabilire e determinare i nessi di determinazione che intercorrono tra la proposizione prima in ordine gnoseologico e la proposizione prima in ordine metafisico: l’illuminazione di Agostino, l’intelletto attivo dell’aristotelismo, la reminiscenza platonica, lo spinoziano pensiero come attributo della sostanza, la kantiana appercezione originaria, la reciprocità di reale e razionale proclamata da Hegel, l’intuizione bergsoniana, l’universale matematicismo metafisico di Galileo, sono i prodotti di siffatta cura. E’ certo allora che ciò che è primo nell’ordine gnoseologico è il principio della deduzione di ciò che è primo nell’ordine metafisico, e ciò che è primo nell’ordine metafisico è il principio della deduzione di ciò che è primo nell’ordine gnoseologico: l’aporia prende corpo in un circolo vizioso che nessuna teoria metafisica determinata supera se non rifacendosi alla metafisica pura o indagine metafisica indeterminata delle cose, che altro poi non è se non l’analisi critica della situazione umana; ma anche qui è dubbio che il circolo possa essere effettivamente scalzato ed eliminato attraverso una sua riduzione a passaggio da principio reale a conseguenza reale. Poiché io qui non ho preteso di svolgere una metafisica pura, ma solo un momento di essa, trascuro l’aporia, o piuttosto una sua soluzione che prenda posto in una rassegna di metafisica pura formalmente ordinata: può darsi che alcune delle conseguenze ultime cui arrivo contengano implicito il suo superamento; con ciò il problema primo aporetico di diritto viene ridotto a problema solubile di fatto, il che è valido se ci si attiene per il momento a una portata descrittiva e non conoscitiva della sua indagine. Una volta stabiliti i canoni di validità del processo gnoseologico che ha condotto all’enunciato primo metafisico, il primo problema non è ancora totalmente risolto perché siffatti canoni fondano il diritto della predicazione generica nel primo giudizio metafisico, non il [pag.3 F2] diritto delle modalità della predicazione reale di tale giudizio, stabiliscono cioè il valore in sé della predicazione, non la veridicità del contenuto della predicazione: sia nel caso della conoscenza del principio metafisico reale tramite testimonianza sia nel caso della conoscenza dello stesso ente per via di analisi dell’intuito, il giudizio primo metafisico gode di certezza e di assenso per la rapportazione generica predicato-soggetto, non per la rapportazione reale; più semplicemente la validità della proposizione è fondata formalmente, non materialmente, perché nulla dei modi della fondazione dice della portata gnoseologica che essa ha offerto, nulla dice se la conoscenza dalla fondazione convalidata rende equivalente il conosciuto e il conoscibile. Nel primo problema ci sono due aspetti: quando ci chiediamo del diritto che abbiamo avuto di enunciare il giudizio primo, ci troviam di fronte il giudizio da un lato e le sue ragioni dall’altro, ma queste ci garantiscono la validità della predicazione, ossia la sua congruenza che è aspetto formale e la sua corrispondenza al reale che è aspetto gnoseologico o materiale; ma le ragioni ci parlano della completezza del primo aspetto, della sua totale soddisfazione, non della completezza e soddisfacimento pieni del secondo. La veridicità di un testimone, sia che testimoni di sé sia che testimoni di altri, e la puntuale applicazione di un metodo analitico legittimo garantiscono che il predicato è formalmente e gnoseologicamente congruente col soggetto, non che il predicato esaurisce il soggetto, e con ciò nulla dicono dell’esaustione della conoscenza del principio metafisico. E’ corollario del primo problema che un ‘ulteriore indagine debba esser svolta e che debba essere condotta su una rapportazione del processo di conoscenza che ho condotto al primo giudizio metafisico col primo giudizio metafisico stesso. Se da un lato il primo conosciuto metafisico è predicazione o quindi [pag.3 F3] cognizione del principio e se la predicazione-cognizione è il punto di arrivo del processo di cognizione, dall’altro il processo cognitivo stesso ha un suo principio che è fonte di conoscenza e che stabilisce e condiziona sia il corso del processo sia il modo i limiti la quantità della conoscenza che del principio metafisico si ha nella prima proposizione metafisica. Ai tre principi che finora si son presi in considerazione, la prima enunciazione metafisica, il primo essere, il primo criterio, se ne deve ora aggiungere un quarto cui si è accennato, ma che non è stato indagato in sé, il primo cognitivo, ossia il fatto primo da cui sgorga la prima enunciazione che è conoscenza del primo essere. Il principio cognitivo, testimonianza o analisi induttiva che sia - non mi soffermo sull’intuizione come primo in ordine di conoscenza, un’intuizione di tipo fichtiano o bergsoniano, perché è dubbio che quel che i due pensatori hanno affermato essere un dato di conoscenza immediata sia veramente tale nei confronti del primo essere -, è pur sempre una conoscenza che riguarda la classe delle cose intuite e che è costituita da modi che o sono cose intuite o sono modi attinti a siffatte cose: il testimone, o principio stesso manifestante sé o principio stesso intuito da altro che attinge il principio immediatamente con un moto che nella profezia è per così dire dal principio all’intuente e nella mistica estatica è dal principio al principio per il medio dell’intuito, media il principio con lo strumento di immagini dell’ordine delle cose intuite; l’analisi di cose intuite porta al principio muovendo dalle cose intuite stesse. In entrambi i casi le conoscenze che confluiranno nel predicato del primo giudizio metafisico sono fenomeniche, il che non vuol dir altro se non che appartengono al sensoriale, al conoscibile per sensazione. Il rapporto tra il processo di conoscenza e il suo termine è dunque trasferimento di una nozione di natura sensoriale da un ordine ad un altro, o per meglio dire da una funzione ad un’altra; il [pag. 3 F4] che tradotto nel linguaggio dell’essere suona che momenti di una sfera del reale acquistano la doppia natura di essere in sé e insieme di essere in altro. E’ qui appunto che si apre una duplice possibilità alla soluzione del problema dell’equivalenza tra il conosciuto e il conoscibile in ordine al primo metafisico, una volta però presa posizione nei confronti dell’aporia che già il pensiero umano con Kant ha individuato presente in tale relazione. L’aporia, che sarebbe una sorta di insormontabile condanna gnoseologica a un sofisma di surrezione, suona nel modo seguente: poiché qualunque conoscenza alberga nella nostra mente appartiene come oggetto e come rapporto al fenomenico o sensoriale che dir si voglia, non si ha diritto non solo di predicare qualche concetto di un soggetto che sia enunciazione dell’esistenza di un principio e quindi postazione di un reale altro dal fenomenico stesso, ma neppure, a rigore, di enunciare un soggetto che sia mero enunciato dell’esistenza di un principio, perché la predicazione è ricca dell’assurdo che un o immediatamente o mediatamente fenomenico-sensoriale goda di inerenza e insieme non goda di inerenza in altro dal fenomenico-sensoriale, e perché la pur mera postazione del principio come soggetto è ricca dell’assurdo di proclamare esistente e conoscibile un inconoscibile; che, se ciò nonostante, si persiste ad affermare un giudizio metafisico in generale, si cade nel sofisma di muovere dall’estromissione dal razionalmente conoscibile di una nozione contraddittoria e di pervenire a una sua inserzione ed accettazione nel razionalmente conoscibile previa l’ingiustificata attribuzione di una congruenza superficiale e fittizia a ciò che è intimamente ed essenzialmente incongruo: la surrezione consisterebbe nell’indebita e ingiustificata predicazione di intelligibilità a qualcosa che intelligibile non è, ma sensibile. Ora, quest’aporia e il surrettizio suo superamento sono o effettivi e reali o sono apparenti o tutt’al più condizionati da un certo modo di vedere le cose già metafisico di per sé. Si prendano i due termini in cui Kant vuol sistemare l’aporia, l’intelligibile e il sensibile:
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