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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 101 -150
    • 144
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- 144 -


[pag. 144 F1]

in cui il soggetto sia un contenuto dell’estensione del predicato, dev’essere verificata la condizione o principio generale di un’estensione, che la rappresentazione dell’intelligibile nella cui estensione è pensato il soggetto sia ripetuta entro la connotazione di questo; ora, poiché affermare un intelligibile contenuto nell’estensione di un altro significa dichiarare  quello sussunto sotto questo e porre il secondo a principio dell’esistenza universale e necessaria e del modo di esistenza universale e necessario del primo, il concetto di estensione gode di due denotazioni, la prima delle quali è principio e ragione e condizione dell’essere della seconda, una strutturale-formale che definisce il rapporto da contenuto a contenente tra l’intelligibile la cui estensione è posta e l’intelligibile posto entro l’estensione dell’altro, una operativo-dialettica che definisce la dialettica del pensiero dall’intelligibile della cui estensione si parla all’intelligibile  posto entro l’estensione dell’altro, in quanto dialettica da un principio a un conseguente di intelligibilità, da un esistente universale  e necessario ed esistente necessariamente e universalmente secondo un certo modo a un esistente  che deriva dal primo la necessità e l’universalità del proprio esistere  e del proprio modo di esistere come quello che contiene il primo come sua parte; donde deriva che è lecito descrivere il giudizio come la contenenza del soggetto nell’estensione del predicato, alla condizione però che i concetti di estensione di un intelligibile e di contenenza  di un intellegibile nell’estensione di un altro siano pensati non secondo  una rappresentazione metaforico-immaginativa, ma secondo  le loro ontiche denotazioni, di ripetizione dell’intelligibile  cui è attribuita l’estensione entro le comprensioni degli intelligibili contenuti nell’estensione  di un altro intelligibile, di questo intelligibile come nota costitutiva della comprensione, di funzione di principio di intelligibilità dell’intelligibile della cui estensione si parla nei confronti degli intelligibili contenuti  nella sua estensione che di esso son conseguenze, del rapporto da principio a conseguente tra il rapporto strutturale e il rapporto intellettivo; la descrizione del giudizio categorico deve racchiudere sia i rapporti di comprensione  che i rapporti di estensione: predicato e soggetto debbono essere riguardati dal punto di vista strutturale-formale, in forza del quale l’attenzione del pensiero è proiettata sulle comprensioni che li costituiscono, con la conseguenza che deve risultare, o immediatamente o mediatamente,

[pag.144 F2]

l’inerenza della comprensione del predicato nella comprensione del soggetto, e il rapporto del giudizio si pone legittimo in quanto rapporto tra una nota di una comprensione e la comprensione stessa; predicato e soggetto debbono essere riguardati  dal punto di vista operativo-dialettico, in forza del quale l’attenzione è spostata sulle loro estensioni e sul rapporto in cui queste si pongono, con la conseguenza che l’estensione del soggetto è pensata contenuta entro l’estensione del predicato  e il predicato è concepito come principio di intelligibilità del soggetto in virtù della relazione di contenenza tra le due estensioni; il rapporto strutturale-formale tra soggetto e predicato e il loro rapporto operativo-dialettico, dev’essere riguardato dal punto di vista dell’unità di due distinti e quindi del principio di ragione, in forza del quale il primo si pone a principio del secondo e i due si riducono in unità; qualunque descrizione del giudizio che si sforzi di prescindere dal rapporto tra le comprensioni per elevare il rapporto tra le estensioni ad unico esponente o denotazione del concetto di giudizio categorico, o pretenda escludere il rapporto tra le estensioni onde fare del rapporto tra le comprensioni l’unica nota specifica dello stesso concetto, pecca di incompletezza; di qui deriva la descrizione che dev’essere data del concetto di quantità di un intelligibile in generale e del concetto di distribuzione di un intelligibile in genere: escludendo qualunque analisi dei componenti di un giudizio in quanto mere espressioni verbali o parole, la rappresentazione del giudizio categorico in quanto esclusivo rapporto tra l’estensione dei suoi intelligibili rende manifesto che nell’atto stesso in cui un intelligibile entra nella rapportazione di un giudizio non necessariamente l’intera sua estensione è interessata o affetta dalle conoscenze che la rappresentazione del rapporto suscita; se si assume un giudizio categorico come sussunzione del soggetto sotto il predicato e come contenenza del soggetto nell’estensione del predicato, deriva da un lato che, assunto il predicato come una sfera di molteplici intelligibili ciascuno individuato secondo quel modo ontico intelligibile la cui rappresentazione è assunta a principio mediatore della rappresentazione totale di ciascuna, la sfera del predicato è rappresentata come abbracciante la sfera dei molteplici intelligibili ciascuno dei quali è individuato dall’intelligibile del soggetto in quanto rappresentazione assunta a principio mediatore della rappresentazione di ciascuno deriva dall’altro che è((??l’??)) assunto

[pag.144  F3]

il predicato a rappresentazione privilegiata come quella che è principio di intelligibilità di una determinata molteplicità di intelligibili, lo stesso predicato si pone a principio di intelligibilità della rappresentazione -soggetto, assunta a sua volta come principio di intelligibilità per una sua propria determinata molteplicità di intelligibili; sotto entrambi i punti di vista cui la definizione per estensione-sussunzione del giudizio conduce, la sfera dei molteplici intelligibili del predicato dovrebbe coincidere con la sfera dei molteplici intelligibili del soggetto, ma non coincide necessariamente, e la molteplicità degli intelligibili conseguenti di intelligibilità del predicato dovrebbe coincidere, ma non coincide necessariamente con la molteplicità degli intelligibili conseguenti di intelligibilità del soggetto; dunque, da un lato l’estensione del predicato in sé, intelligibile rappresentabile astrattamente dal soggetto cui si vincola nel giudizio pel medio di tutti gli intelligibili costitutivi di siffatta estensione non è connessa da nessun rapporto di equazione universale e necessaria con l’estensione del predicato in quanto predicato al soggetto del giudizio, intelligibile rappresentabile pel medio degli intelligibili costitutivi dell’estensione del soggetto, negazione che vale anche per l’estensione del soggetto, dall’altro la rappresentazione del predicato come principio di intelligibilità in sé, intelligibile che è ragione di intelligibilità di tutti gli intelligibili pei quali riveste di diritto siffatta funzione, non è connessa da un rapporto equazionale necessario e universale con la rappresentazione del predicato come principio di intelligibilità degli intelligibili del soggetto; poiché nel giudizio il soggetto e il predicato valgono per quel che le estensioni di entrambi sono in funzione dell’estensione del rispettivo correlato  e non in funzione di se stesse e per quel che il loro ruolo di principio e di conseguente di intelligibilità è in funzione del ruolo del rispettivo correlato e non in funzione di se stesse, è necessario contraddistinguere la rappresentazione dell’estensione e del ruolo di intelligibilità di un intelligibile in quanto termine di un giudizio categorico; la quantità indica siffatta estensione e siffatto ruolo; poiché la quantità del predicato e del soggetto è in funzione del rapporto di predicazione del giudizio, è lecito parlare di una quantificazione del predicato e del soggetto ad opera del rapporto di predicazione, ossia di una delimitazione dell’estensione in genere

[pag.144 F4]

di entrambi ad opera del rapporto stesso; la quantificazione è univoca e pone la quantità universale del soggetto e del predicato se il rapporto di predicazione rispettivamente o coinvolge tutte le rappresentazioni dell’estensione del soggetto nell’atto in cui impone simultaneamente il pensamento delle rappresentazioni del predicato o coinvolge  tutte le rappresentazioni  del predicato nell’atto in cui impone  simultaneamente il pensamento delle rappresentazioni del soggetto; la quantificazione è particolare e pone una quantità particolare  o parziale del soggetto e del predicato se il rapporto di predicazione  rispettivamente o coinvolge alcune solo delle rappresentazioni del soggetto nella simultaneità di pensamento delle rappresentazioni del predicato o coinvolge alcune solo delle rappresentazioni del predicato nella simultaneità di pensamento delle rappresentazioni del soggetto; le due quantità sono rispettivamente equivalenti o inequivalenti alle due estensioni; è evidente che la mia descrizione respinge la nozione della logica formale classico-aristotelica che tien conto solo dell’azione quantificatrice del giudizio sull’estensione del predicato, astraendo dall’azione quantificatrice del giudizio sull’estensione del soggetto, e, con ciò, attribuendo una attività quantificatrice solo all’intelligibile del soggetto e privandone l’intelligibile del predicato; ciò non si dà a caso, ma per il ben preciso impegno  della logica formale classica ad escludere qualunque intervento decisivo e primario della comprensione dell’intelligibile in genere nella costruzione del giudizio, e per il suo ben delineato canone di anteporre  la sussunzione di un intelligibile sotto suo generico essenziale a qualsivoglia sussunzione di intelligibili sotto un generico meramente formale e quindi di prendere in considerazione come autonomastici solo i giudizi universali il cui predicato e il cui soggetto entrino nell’estensione e sotto l’azione di principio intelligibile della categoria della sostanza o dell’intelligibile in sé, facendo di tutti gli altri giudizi o universali o particolari dei corollari o delle conseguenze irrilevanti dei primi; ma questi due principi operativo-funzionali non rendon conto delle diverse quantificazioni che il predicato patisce nel giudizio, né tanto meno rendon ragione del fatto che lo stesso soggetto con la stessa estensione venga quantificato in differenti modi secondo che venga ricondotto entro l’estensione di differenti predicati; il motivo di ciò sta nell’




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