Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

IntraText CT - Lettura del testo

  • Prot. 101 -150
    • 146
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

- 146 -


[pag 146 F1]

a parte che non è qui il caso di discutere se i tre enunciati siano la postazione del principio del sillogismo o una mera descrizione di ciò che di costante e di generale vi si ritrova, mi pare che l’orientamento del pensiero aristotelico sia molto più nella direzione dell’estensione e della quantità dei termini del sillogismo che nella direzione dell’eterogeneità qualitativa delle loro comprensioni; non mi pare quindi che abbiano torto i logici medievali e anche moderni i quali ritengono di avere il diritto di attribuire ad Aristotele la formulazione per estensione della legge generale dei sillogismi: “ Quiquid universaliter dicitur de aliquo subiecto, dicitur de omni quod sub tali subiecto continetur;quidquid universaliter negatur de aliquo subiecto, dicitur de nullo quod sub tali subiecto continetur “, formulazione riducibile alla formula: “ Quidquid de omnibus valet, valet etiam de quibusdam et singulis, quidquid de nullo valet, nec de quibusdam ed singulis valet “; o alla formula proposta dal Dopp:” Pars partis est pars totius, omne extraneum toti est extraneum parti “; o all’enunciato di Wolff, in cui alle indefinite espressioni generico - quantitative si sostituiscono gli indici tecnici della funzione degli intelligibili in un ordine sistematico:” Quicquid de genere vel specie omni affirmari potest, illud etiam affirmatur de quovis sub illo genere vel illa specie  contento; quidquid de genere vel specie omni negatur, illud etiam de quovis sub illo genere vel illa specie  contento negari debet “; il ripudio della formula in forza di una sua impotenza a porsi a ragione della apoditticità del sillogismo in generale o perché pone nel termine-soggetto, il cosiddetto termine minore, l’equivalenza tra la sua rappresentazione qualitativa e la sua rappresentazione quantitativa (S= qualche M = S) o perché schematizza la struttura del sillogismo in Barbara che diviene così principio degli altri, non ha nessun valore a meno che per principio fondante la necessità logica  di qualcosa d’altro non si voglia intendere  un rappresentato del tutto eterogeneo dalla sua conseguenza o a meno che  non si riesca di dimostrare  che un sillogismo in Barbara  non è la figura cui tutte le altre si riconducono; il dictum de omni, piuttosto, se con le parole “dici” o “ valere” o “affirmari” intende indicare l’atto dialettico con cui il pensiero trae dall’esistenza e dal modo di esistere necessari di un intelligibile  l’esistenza o il modo di esistere  necessari di un altro, e se con la parola “negari” intende indicare l’impossibilità di tale dialettica, rileva  la costanza e uniformità, condizioni di legittimità, di un modo di operare del pensiero pel quale  è necessario che la conseguenza di una conseguenza di un principio sia conseguenza del principio, e, con ciò, chiama in campo l’estensione degli intelligibili, dal momento che il principio di intelligibilità adottato nel sillogismo, il suo predicato, ossia ciò che o “dicitur” o “valet” o “affirmatur” o “negatur”, è da un lato la rappresentazione di una qualità universale e necessaria dall’altro una classe o serie di intelligibili la cui intelligibilità

[pag.146 F2]

è mutuata dal possesso di questa qualità e di cui le classi o serie indicate dagli altri due intelligibili sono parti; ma il dictum  nell’atto  in cui assume a suo principio sia l’assioma geometrico che una parte di un tutto è sempre più piccola del tutto e ne è contenuta  sia il corollario qualitativo che ne deriva che ciò che di essenziale  o intelligibile o universale  e necessario si ritrova  nel tutto debba essere  anche essenziale della parte e quindi rappresentato come intelligibile o universale  e necessario in essa, esclude la nozione del diritto che ha un tutto a porsi come parte di un altro tutto e pone  le cose in modo  da lasciar credere che la dialettica del pensiero pervenga immediatamente e spontaneamente a inserire una totalità di intelligibili entro la totalità di altri intelligibili nella veste di un aggregato che è parte frazionaria di un aggregato più numeroso; qui sta la deficienza logica del dictum e qui si ritrova la sua inettitudine a porsi come principio del sillogismo in generale, perché, se la validità del sillogismo sta nella inerenza di una classe entro una classe  in quanto la prima inerisce a una terza  classe a sua volta inerente alla seconda, tutto appare evidente all’infuori del diritto che hanno la prima classe a pretendere di costituire assieme ad altre la seconda e questa a pretendere di comporre con altre la terza, all’infuori del diritto che hanno tutte le classi a porsi ciascuna come un qualitativo eterogeneo dalle altre, all’infuori degli strumenti che al pensiero debbono pur essere dati per controllare le pretese e che non possono certo esser forniti da uno o più prosillogismi i quali null’altro fanno che accampare in altro modo le stesse pretese; il dictum fin che ignora l’aspetto qualitativo, o meglio fin che prende in considerazione solo la qualificazione che ha a suo indice il nome o comune o proprio e che è ridotta alla esclusiva denotazione specifica delle comprensioni dei termini fondante la loro eterogenea, non solo lascia aperta la porta ad obiezioni meramente tautologiche o formali, come quella che misconosce al sillogismo di equiparare un aggregato, omogeneo agli aggregati assieme ai quali costituisce una classe o un’estensione, a un qualitativo unitario eterogeneo dagli altri aggregati della sua stessa classe, ma trascura la parte originaria  e primaria delle dialettiche operate dal pensiero per prendere atto solo degli ultimi loro  movimenti, con la conseguenza che lascia cadere quel fondamento di omogeneità il cui rilievo o ritrovamento è la ragion sufficiente della conclassificazione di tre eterogenei; come nel giudizio categorico,

[pag.146  F3]

il rapporto di intelligibilità fra il predicato -principio e il soggetto-conseguenza è il punto d’approdo di un discorso che è partito dall’analisi della comprensione del soggetto e dal rilievo dato a una o a qualche sua denotazione per assegnare alla denotazione rilevata la funzione di porsi a luce di intelligenza del restante della comprensione cui inerisce, e di qui procedere alla predicazione come relazione da principio a conseguente di intelligibilità, così nel sillogismo il diritto di tutte le pretese e il controllo di esse stanno tutti nella certezza dell’immanenza del predicato entro la comprensione del medio  e del medio entro la comprensione del soggetto come loro connotanti; da queste operazioni primarie il pensiero trae poi il diritto di procedere alla sussunzione e alla sussunzione del sussunto, di comporre l’estensione di una totalità intelligibile che è aggregazione di tanti singoli con molteplici aggregati di singoli uno dei quali è l’estensione di un’altra totalità intelligibile a sua volta rappresentata nello stesso modo della prima; in forza di queste operazioni primarie il pensiero si dà il diritto di trattare i tre termini come tre omogenei relativamente all’identica immanenza in ciascuna delle loro comprensioni di un’unica e medesima connotante, e insieme come tre eterogenei relativamente all’articolarsi sulla comune connotante di altre connotanti eterogenee da essa ((esse??)) e da quelle degli altri due termini; grazie alle stesse operazioni  primarie il pensiero è tenuto a strutturare in vario modo le sue dialettiche non solo in funzione del ruolo che la connotante rilevata esplica nelle tre connotazioni, ma anche in funzione della quantità degli intelligibili conclassari la cui connotazione  partecipa della connotante; infine, la necessità del vincolo che unifica tutte le connotanti  lascia libero gioco al pensiero di trattare la connotante rilevata ora come un intelligibile al quale l’astrazione  non arreca alcuna alterazione essenziale né qualitativa né formale ora come un intelligibile che non può patire le alterazioni di un’astrazione e che quindi dev’essere lasciato immanente nella sua connotazione, purché il nesso vincolante venga pensato  nella sua apoditticità formale, il che è facile a farsi per un pensiero che non possiederà mai le definizioni materiali  di tale apoditticità; [[Nota a matita dell'autore:”trattare a questo punto il sofisma: Gli uomini sono vertebrati, i gatti non sono uomini, i gatti non sono vertebrati; dimostrare che dipende dal fondamento del sillogismo sulla comprensione (latius hos)”]]; sembra, dunque, da preferirsi l’enunciazione data da Kant del principio del sillogismo: “ nota notae est nota rei, repugnans notae repugnat rei ipsi “, in cui, dati alle parole di “nota” e di “res” i rispettivi significati di connotante, e non di predicato, e di connotazione autosufficiente e irriducibile e connotante di un ‘altra

[pag..146  F4]

connotazione, si ritrova descritto il rapporto dei termini del sillogismo come rapporto tra le rispettive comprensioni, e precisamente tra la comprensione del termine maggiore e la comprensione del medio in quanto la prima è connotante della comprensione della seconda, tra la comprensione del medio e la comprensione del termine minore in quanto questa è la connotazione comprendente  come nota la prima, e quindi tra le comprensioni dei due estremi; la formula implicitamente rimanda come a suoi principi all’assioma geometrico della parte e del tutto e alla conseguenza derivante dall’immanenza del predicato nel soggetto come parte di un tutto, che il pensiero è tenuto a rappresentarsi la totalità del soggetto attraverso le rappresentazioni delle sue connotanti; delle due obiezioni fondamentali mosse a questo principio qualitativo del dictum kantiano, che il termine maggiore è predicato al termine minore  non in forza del fatto che sia predicato a un predicato del termine minore, ma in forza di questo che al termine minore è predicato un altro predicato, e che il fondare i rapporti fra i termini sulla base meramente qualitativa escludendo il rapporto tra le estensioni elide la considerazione delle quantità e quindi dei limiti con cui un’estensione dev’essere rappresentata entro un’altra onde sia dato delimitare le condizioni di validità del sillogismo, mentre la prima critica il nota notae relativamente a questo che per il principio sarebbe sufficiente la meccanica transizione dalla nota alla connotazione e dalla connotazione alla connotazione di cui è nota per trapassare dalla prima nota all’ultima connotazione, essendo invece anche da tener presente che ogni predicazione

del sillogismo non è da una connotante a una connotazione, bensì da una connotante a una molteplicità di connotati da una certa connotante altra dalla prima, la seconda nega che il ridurre il rapporto di predicazione dei tre giudizi del sillogismo a una relazione tra le qualità intelligibili costitutive di ciascun termine del sillogismo sia sufficiente un’analisi che intenda rilevare tutte le costituenti formali del sillogismo; ora, le due obiezioni, se intendono scalzare il nota notae perché invalido come quello che è assolutamente inetto a promuovere una transizione dialettica dalla analisi qualitativa delle comprensioni all’analisi quantitativa delle loro estensioni, sono infondate, tant’è vero che la prima obiezione potrebbe riuscire a ciò solo identificando il termine”res” con un soggetto in genere di un sillogismo, il che non è dato dalla formula la quale pone quel “res” in senso relativo, nel senso cioè di una connotazione assunta dal pensiero come una cosa intelligibile ossia come un temporaneamente o stabilmente irriducibile a nota di una connotazione, e insieme solo




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License