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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.148 F1] giudizi “l’uomo è mammifero “ e “il gatto è mammifero “ chiarisce quanto è stato detto fin qui -; ora, se il “nota notae” non può designare soltanto una dialettica a base geometrica, ma deve anche essere indice di un’opposta dialettica a base funzionale, e se, per conseguenza immediata, il predicato pone la propria qualità in funzione delle qualità delle altre connotanti e cessa di essere una nota giustapposta alle altre per porsi come una nota condizionante e condizionata rispetto alle altre, in ogni giudizio categorico il predicato è condizionato e definito dalla restante connotazione del soggetto e, mentre dalla sua immanenza in questa trae il diritto a farsi principio della sua intelligibilità, dalla stessa immanenza trae la condizione di dover necessariamente esser pensato come un limitato a quella particolare predicazione, sicché qualora lo stesso predicato sia ritrovato come nota di una connotazione altra da quella del soggetto la sua qualificazione ne risulterà modificata e la sua funzione di principio di intelligibilità cesserà di essere univoca per acquistare tante modalità quante sono le connotazioni in cui entra come nota: è dunque la stessa condizione degli intelligibili di darsi con connotazioni che solo in parte sono identiche, che comporta che una nota che si dia identica in più connotazioni debba farsi principio di intelligibilità per tutte, il quale è da un lato ricco di univocità fin che il pensiero inferisce dall’indefinita sua inerenza in tutte la generica e indefinita sua attitudine a procurare un’intelligenza parziale a tutte, il che è quanto chiamiamo estensione o classe dell’intelligibile che è nota e predicato, è dall’altro preda di equivocità non appena il pensiero inferisce dai vari modi dalla ((della??))sua inerenza in tutte definite ed eterogenee attitudini a fornire una completa intelligenza a tutte, il che è quanto chiamiamo quantità della nota o del predicato o parte della sua classe; ma poiché a lato della funzione generica il predicato in quanto nota di una connotazione specifica ha funzioni specifiche e poiché con queste funzioni esso è destinato a connotare connotazioni che varieranno solo per sovraggiungenti specificazioni mutanti la sua funzione specifica in generica e permarranno identiche in ciò che di generico hanno, un predicato con funzioni specifiche vede identificarsi la sua funzione di principio di intelligibilità parziale e indefinito con la sua funzione di principio di intelligibilità integro e definito, e ha identiche l’estensione e la classe da un lato, la quantità e la parte della classe dall’altro; ma la dipendenza funzionale, valendo non solo per la nota in rapporto con le altre connotanti, bensì anche per le altre connotanti in rapporto [pag.148 F2] con la nota, provocherà l’insorgere di un nuovo punto di vista per il soggetto, il quale, fattosi da semplice totalità comprensiva di una parte conseguente di intelligibilità in virtù sia della nuova dialettica dalla nota alla connotazione sia della qualificazione peculiare venuta alla nota dai suoi nessi con le altre, avrà la propria connotazione totalmente ripiena di intelligibilità qualora la nota abbia funzioni generiche o funzioni specifiche univoche, avrà la sua connotazione limitatamente ripiena di intelligibilità qualora la nota designi uno specifico a funzioni non univoche, con la conseguenza che nel primo caso se si danno più intelligibili che ripetono nella propria connotazione la connotazione rappresentata nel soggetto, se cioè si dà un’estensione del soggetto, tutti gli intelligibili dovranno avere il predicato a loro principio di intelligibilità e a loro predicato come quello che è nota necessariamente immanente nella loro connotazione, e quindi dovranno verificare l’identità dell’estensione e della quantità del soggetto, mentre nel secondo caso gli intelligibili ripetenti la connotazione del soggetto non avranno necessariamente il predicato come loro nota e quindi come principio della loro intelligibilità, e non verificherano più l’identità dell’estensione e della quantità del soggetto; donde le conseguenze-corollari, 1) che un giudizio con predicato a funzioni di generico fonda l’identità dell’estensione e della quantità del soggetto, ma distingue l’estensione e la quantità del predicato, assegnando al primo una distribuzione totale e al secondo una distribuzione parziale, cosicché se sono ignoti i giudizi aventi a loro soggetto i vari conclassari del soggetto del giudizio dato l’estensione del predicato è data apriori e per principio, ma restano ignoti la sua totale distribuzione e i differenti modi qualitativi con cui la sua rappresentazione vien data, distribuzione e modi che sono conosciuti solo se al pensiero è data la serie totale dei giudizi che hanno a predicato la nota del primo e a soggetto tutti gli intelligibili di cui la nota è generico; 2) che un giudizio con predicato a funzioni di specifico univoco, ossia definente la modalità qualitativa propria del generico della connotazione, pone identiche l’estensione e la quantità del soggetto e del predicato, bastando perciò la rappresentazione dell’unico giudizio a offrire la conoscenza dell’intera classe del soggetto e dell’intera classe del predicato; 3) che un giudizio con predicato a funzioni di specifico non univoco, ossia definente non apoditticamente la modalità propria dello specifico della connotazione, fonda l’identità dell’estensione e della quantità del predicato che in tal modo ha distribuzione totale, ma [pag. 148 F3] distingue l’estensione dalla quantità del soggetto, sicché o sono dati assieme al primo tutti i giudizi aventi a predicato le note specifiche sostitutive della prima e allora il soggetto ha una estensione nota nella forma e nella materia e ha distribuzione totale, o è dato il solo giudizio primo e allora il soggetto ha estensione a priori e di diritto, cioè formalmente, ma non di fatto e materialmente e resta con una distribuzione solo parziale; la locuzione “nota notae” del principio kantiano designa dunque 1) una dialettica di tutto a parte dal soggetto al predicato, 2) una dialettica di principio di intelligibilità a conseguente dal predicato al soggetto, 3) una qualificazione del predicato in sé in quanto intelligibile astratto e una qualificazione del predicato in funzione dei nessi che lo unificano alle altre note della sua connotazione, 4) il darsi di un’estensione del predicato che è la serie di tutti gli intelligibili che ripetono la connotazione rappresentata nel soggetto, in quanto conseguente di intelligibilità del predicato qualificato astrattamente, il darsi come estensione del predicato della serie degli intelligibili ripetenti la connotazione del soggetto in quanto conseguente di intelligibilità del predicato unitariamente o funzionalmente qualificato, il darsi con identità delle due se il predicato ha funzione di specifico univoco o non univoco, identità che si traduce nella conoscenza integra del predicato, il darsi con distinzione delle due se il predicato ha funzione di generico, distinzione che si traduce in una parziale ignoranza del predicato sotto il punto di vista qualitativo e quantitativo, 5) il darsi di una estensione del soggetto come serie degli intelligibili ripetenti la connotazione rappresentata nel soggetto in quanto conseguente di intelligibilità del predicato astrattamente qualificato, il darsi di un’estensione del soggetto come serie degli intelligibili ripetenti la connotazione del soggetto in quanto conseguente di intelligibilità del predicato unitariamente e funzionalmente qualificato, il darsi di una identità delle due quando il predicato sia con funzione di generico o di specifico univoco, il darsi di una distinzione delle due quando il predicato abbia funzione di specifico non univoco, distinzione che provoca la parziale ignoranza del soggetto sotto il punto di vista qualitativo e ((??o??)) quantitativo; gli stessi cinque caratteri che sono altrettante strutture formali, universali e necessarie, peculiari del rapporto tra l’intelligibile primo e l’intelligibile secondo rispettivamente designati dal termine “nota” e dal termine “notae” della locuzione “nota notae “, [pag.148 F4] debbono essere ritrovati nel rapporto tra i due intelligibili rispettivamente designati dal termine “notae” e dal termine “rei” della locuzione “ notae rei” implicita nella formula kantiana (nota notae rei est nota rei ipsius ) e nel rapporto tra i due intelligibili rispettivamente designati dal termine “nota” e dal termine “rei ipsius” della locuzione “ est nota rei ipsius “; per abbreviare l’intera analisi, terrò conto solo dei predicati che hanno funzione di generico e dei sillogismi a conclusione universale, non tenendo conto dei sillogismi in Darii, Ferio, Festino, Baroco, ecc.; il “ notae rei “ sarà allora definito:1) da un rapporto da parte a tutto fra l’intelligibile della “nota” e l’intelligibile della “res” o soggetto; 2) da un rapporto di principio di intelligibilità a conseguenza di intelligibilità fra il primo e il secondo; 3) da un’estensione del predicato astrattamente qualificato e da un’estensione del predicato funzionalmente qualificato, essendo le due estensioni distinte; 4) da un’estensione del soggetto in quanto conseguente di intelligibilità del predicato astrattamente qualificato e da un’estensione del soggetto in quanto conseguente di intelligibilità del predicato funzionalmente qualificato, essendo le due estensioni identiche; essendo il predicato con funzione di generico, il confronto fra il rapporto reciproco delle note in quanto l’una soggetto e l’altra predicato della premessa maggiore e il rapporto fra la nota e la cosa in quanto l’una predicato e l’altra soggetto della premessa minore rende noto che la distribuzione dell’intellegibile comune ad entrambe non è identica essendo totale nel primo giudizio e parziale nel secondo; ma l’osservazione che la distribuzione parziale del secondo è in funzione del nesso da generico a specifico con cui l’intelligibile comune immane nella connotazione del soggetto garantisce che l’intelligibile comune, anche se non totalmente distribuito, conserva anche nella minore la funzione di generico sotto cui è stato considerato nella maggiore entro la quale l’inerenza del predicato in esso come nota generica è stata la ragione della sua distribuzione totale; ma allora le due differenti distribuzioni non infirmano la costante genericità con cui l’intelligibile comune è stato assunto nei due diversi rapporti, e, poiché la prima predicazione fissa non solo un’inerenza ma una qualificazione della genericità, è legittimo attribuire al primo predicato la stessa inerenza nella medesima connotazione del soggetto che è stata affermata del secondo predicato; che se le dialettiche capovolte della premessa maggiore e della premessa minore assegnano la funzione di principio rispettivamente al predicato in nome
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