Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
[pag 166 (202 F1/2)] o dal genere alla specie e insieme dalla specie al genere, la quale dipendenza non vi sono ragioni di riserbarla a una sola delle coppie e non a tutte simultaneamente; è vero che si deve sempre valutare il genere come un qualitativo che non resta omogeneo e quindi indifferente alle sollecitazioni che gli provengono dall'articolazione di una certa connotante specifica, è vero cioè che si deve ritenere che il genere patisca una variazione di sfumatura a seconda che si faccia perno di articolazione di questo o di quello specifico necessario, con la conseguenza che non è lecito per il pensiero rendere equivalenti il nesso che intercorre fra un genere e una sua specie col nesso che intercorre fra lo stesso genere e un'altra specie non solo perché è cambiato l'ultimo dei termini relazionati ma anche perché il termine generico solo in apparenza è rimasto invariato passando dall'un rapporto all'altro mentre di fatto ha modificato il modo con cui si faceva strumento e bisogno dell'una o dell'altra differenza specifica, ma è altrettanto vero che, a parte che alla conoscenza umana non è data la chiara distinzione delle varie strumentalità e bisogni, lo stesso pensiero di condizione umana nell'atto in cui assume un genere in quanto genere lo deve colmare di tante strumentalità e bisogni quante sono quelle che occorre ritenere soddisfatte dalle varie differenze specifiche, sicché una volta definito in tal modo il genere esso deve entrare in rapporto necessario con l'intero complesso delle specie e non con una sola specie a caso disgiunta e resa indipendente dalle altre: in altre parole, è quasi obbligatorio per la logica aristotelica rappresentarsi il genere A come carico di una certa tonalità A, che non coincide con nessuna delle denotanti generiche o specifiche che lo costituiscono e che consiste in un modo con cui si atteggia la sua deficitaria richiesta di completamento nei confronti dell'intera serie delle sistemazioni potenziali che riescono a soddisfarlo; da tal punto di vista A1 è da un lato una carica di indigenza ontica e dall'altro uno strumento di cui l'ontico nella sua piena determinazione attuale, ossia la specie infima, si vale per promuovere l'attuazione degli specifici necessari che articolandosi sul genere le danno esistenza e pensabilità; ma lo stesso pensiero nell'atto in cui dota il genere di siffatta nuova ricchezza qualitativa non ha il diritto di rappresentarsi il genere denotato solo dalla nota A1 che è per dir così privilegiata nei confronti della differenza specifica B1 che articolandosi su A pone la specie B, è tenuto invece a darsi una teoria di A per cui A risulta denotato da note tutte formalmente cogeneri di A1, A2 A3.... An, le quali son tante quante sono le differenti differenze specifiche che articolandosi su A pongono tutte le specie di B, sicché quando lo stesso pensiero dovrà porre una dialettica fra il genere e le specie la quale assuma a suo principio il genere stesso, non avrà nessun diritto di escludere, a vantaggio di una certa connessione fra il genere e una qualsivoglia delle specie, tutte le restanti connessioni dello stesso tipo; mi pare dunque che sia impossibile per il pensiero di condizione umana erigere ((??esigere??)) un nesso disgiuntivo fra la serie intera di intelligibili che son specie e un altro intelligibile che dovrebbe essere loro genere; l'ipotesi quindi da cui siam partiti non consente di rendere conto del giudizio disgiuntivo, [pag 167 (202 F2/3)] il che comporta che dato il giudizio del tipo A è o B o C, non sia lecito far corrispondere ad A la rappresentazione di un genere; allora, poiché in forza del principio di determinazione parziale che consente al pensiero di rappresentarsi una totalità intelligibile non completamente articolata sulle note della sua connotazione alla condizione che vi siano ragioni sufficienti per rappresentarsi l'unità della totalità e l'immanenza in essa di alcune note denotanti, il pensiero in grado di rappresentarsi una parte di una connotazione o in sé come ontico intelligibile con funzioni di soggetto o in altro come ontico intelligibile con funzioni di predicato, ogni qualvolta è presente la rappresentazione di un generico si ha il diritto di porre la questione se questo generico sia in sé, un genere cioè che è trattato di fatto o ha la liceità di essere trattato di diritto come soggetto, oppure se sia in altro, un generico cioè che è rappresentato nella sua immanenza di diritto e di fatto in una connotazione e che perciò non è trattabile se non come predicato; se in questo secondo caso il generico è di fatto la rappresentazione del tutto cui esso appartiene come denotante immanente, esso coincide con la rappresentazione di una sua specie; del che ci si deve valere per accogliere il generico che è soggetto del giudizio disgiuntivo come coincidente con la rappresentazione di una sua specie, dal momento che non può essere rappresentazione di un genere; ma la specie, che allora nel giudizio disgiuntivo sarà rappresentata in sé come totalità e insieme attraverso la sua denotante generica in quanto totalità indeterminata nella sua completa qualificazione connotativa, non coincide con nessuna delle specie indicate dal predicato, infatti se A indicasse la rappresentazione di una delle sue specie B o C, il giudizio A è B o C sarebbe un assurdo e un impensabile -; deve quindi coincidere con una delle specie sottordinate a una delle specie disgiunte dal predicato; l'indeterminazione da cui la specie soggetto è affetta sta tutta nell'ignoranza delle differenze specifiche che di fatto s'articolano sulla denotante generica a costituire la specie stessa; in questo caso, allora, il giudizio nella logica aristotelica acquista legittimità come quello che è rappresentazione della dialettica di un giudizio categorico il cui soggetto è da un lato sufficientemente noto nelle sue connotanti perché una almeno di queste, di natura generica, abbia il diritto essergli predicata, mentre dall'altro è tanto indeterminato e ignoto da non esservi la liceità di predicargli quegli altri generi che sussunti sotto il genere noto mediano tra questi e il soggetto: il principio di identità costringe allora il pensiero a porre la necessità della predicazione di uno solo dei generi medi, mentre il principio di determinazione totale gli impone di lasciare indeterminato il predicato, ponendolo tuttavia entro la sfera degli intelligibili che necessariamente gli spettano in quanto sussunti sotto il generico noto; a quale tipo di discorso siffatto giudizio disgiuntivo debba riportarsi fra quelli accettati dalla logica aristotelica, non è qui nostro compito stabilire: è certo tuttavia che esso non racchiude la dialettica semplice del giudizio categorico, anche se l'essenza del rapporto che esso instaura ripete puntualmente la struttura del rapporto di immanenza, e che inoltre esso non instaura [pag 168 (202 F3/4)] affatto il rapporto fra un genere e le sue specie, bensì attua il rapporto, tipico del giudizio categorico, fra una specie e i suoi generi, e insieme molto lascia dubitare che lo schema del giudizio disgiuntivo, in una descrizione aristotelica dei moti entro la sfera degli intelligibili, sia il prodotto di una situazione contingente del pensiero di condizione umana e nulla abbia che fare con le dialettiche universali e necessarie di una razionalità pura e perfetta. Ma la logica platonica e quella aristotelica sono meno fedelmente riproduttive delle forme dei fenomeni dialettici di quanto di solito si crede e aggiungono teorie in numero maggiore di quanto è strettamente necessario: così la prima vede l'intelligibile generico conservare intatta la propria unità sintetica e simultaneamente dirompere in due frammenti ciascuno dei quali deve la propria natura e struttura alla perdita di ciò che del generico è stato conservato nell’opposto troncone e alla conservazione di ciò che del generico l'opposto troncone ha perduto, e su questa visione che l'occhio della riflessione non ha mai colto nella sfera delle ontiche dialettiche interiori e che è inferita da postulate valutazioni del razionale fonda la ragion sufficiente delle operazioni che il pensiero compie sugli intelligibili e il criterio di validità della loro forma; l'altra logica invece vede, con una complicazione ancor più grande, ciascun intelligibile affiorare in seno a un plasma rappresentativo indeterminato e costruirsi con una serie progressiva di rappresentazioni determinate ciascuna delle quali, essendo un definito preda di un margine di indefinitezza, riesce ad annullare in parte almeno quanto di indefinito si dà nella precedente e attende dalla successiva il superamento almeno parziale della propria indefinitezza; la sua visione è portata allora ad interpretare il passaggio da un intelligibile a numero x di rappresentazioni connotanti all'intelligibile a numero x + n di rappresentazioni connotanti come un arricchimento di connotanti, sulla base del rapporto atto-potenza che, fatto principio di tutto il divenire e quindi anche del mutarsi di una specie in un genere, complica ancor più l'interpretazione del nesso tra intelligibili e subordina la validità dei discorsi a forme che non son le sole di cui il pensiero è capace e alle quali il pensiero è addirittura inadeguato. Ora, non pare né necessario né giustificato preporre alla logica teorie il cui fondamento sta nell'universalità della metafisica adottato più che in costruzioni problematiche cui il pensiero sia tenuto a procedere se intende rendersi conto di ciò che esso opera. La riflessione coglie nei fenomeni dati entro la sfera dell'intelligibile in primo luogo una certa struttura dell'intelligibile in generale, il quale si pone come unitario e insieme come disarticolabile in una molteplicità di rappresentazioni ciascuna eterogenea dalle altre, in secondo luogo un certo rapporto fra le rappresentazioni eterogenee disarticolate ciascuna delle quali, influendo sulle precedenti col fissare uno fra i molti modi secondo cui queste sono capaci di esistere e lasciandosi influenzare dalle seguenti accettando da queste che fra i molti modi secondo cui ad essa è lecito esistere uno solo debba essere rappresentato dal pensiero, entra in una connessione tale con le altre che appare apodittica e ineluttabile solo se l'attenzione si sposta sui modi che la qualità propria della rappresentazione assume nell'ontico,
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |