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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 169 (203 F1/2)] , ma che risulta meramente data e quindi ignorabile appena l'attenzione si porta sulla qualità senza incentrarsi sui modi che essa deve assumere nell'ontico, in terzo luogo una varietà qualitativa e quantitativa fra gli intelligibili i quali si distinguono reciprocamente perché o offrono nella propria connotazione un numero maggiore di rappresentazioni disarticolabili e con ciò danno un numero più grande di modi secondo cui ciascuna rappresentazione connotante esiste oppure comprendono un numero minore di siffatte rappresentazioni e con ciò lasciano ogni rappresentazione connotante vuota dei modi secondo cui esiste, infine un rapporto che deve connettere intelligibile a intelligibile, rapporto per il quale, data una serie di intelligibili ciascuno dei quali abbia una connotazione che si differenzia da quella degli altri per una minore quantità delle rappresentazioni componenti e quindi sia da considerarsi per dir così un residuo delle altre private di una porzione di connotanti, ogni intelligibile meno complesso e meno composito deve essere rappresentato come una parte di ogni altro intelligibile più complesso e più composito e come immanente in esso, scaturendo da questo quadro dialettico da un lato il diritto di pensabilità per entrambi dall'altro un aumento di conoscenza sia per il contenente che dalla più accurata e attenta disarticolazione del contenuto ricava un approfondimento della distillazione delle proprie connotanti sia per il contenuto che dall'immersione nella connotazione del contenente ritrae la fissazione dei modi di esistenza della sua qualità altrimenti problematici; a quest'ultimo rapporto, che fissa per gli intelligibili il ruolo di genere e di specie che ciascuno di essi ha nei confronti degli altri e che è alle sorgenti di tutti i movimenti che d'ora in poi il pensiero di condizione umana ha consapevolezza di aver diritto di compiere entro gli intelligibili, non sovrastano né le difficoltà della logica platonica che non riesce a render conto della predicazione in generale in quanto riferimento di due ontici che saran sempre eterogenei né giustifica il senso di maggior ricchezza che il pensiero prova di fronte alle specie, né quella della logica aristotelica che non riesce a render chiara la priorità genetica della specie sul genere né dà ragione di certe predicazioni, quella ad esempio di una differenza specifica a una specie o dei generi di una differenza specifica alla loro specie che solo una complicazione pesantissima del giorno fra plasma intelligibile potenziale e ontità intelligibile in atto giustifica, quantunque poi allo stesso rapporto sfuggano le risposte a varie domande intorno alla genesi della conoscenza degli intelligibili, intorno al principio delle denotanti generiche e delle specifiche, intorno alla costruzione degli intelligibili in sé, intorno alle ragioni per cui la fissazione dei modi di una qualità sia questa e non quella, ecc. Tuttavia da questa presa di contatto del pensiero con se stesso qualcosa di più chiaro scaturisce: le dialettiche costruite entro un certo numero di intelligibili e confortate dal costante controllo dei rapporti che esse instaurano sulla connotazione degli intelligibili rapportati finiscono per dar vita a un ordine secondo cui gli intelligibili del gruppo sono sistemati scalarmente in gradi successivi; [pag 170 (203 F2/3)] a un certo momento ci troviamo dinanzi a un genere sotto cui si dispiegano le sue specie ciascuna delle quali è sottesa dalle proprie specie; e qui si apre la porta a qualche movimento dialettico nuovo rispetto a quelli promossi dal mero nesso di immanenza; se da un lato l'attenzione, posata sulle specie sottese in sottoposizione indiretta al genere, ritiene di avere il diritto di coglierle tutte assieme con un atto sintetico grazie al quale tutte sono rappresentate pel medio del genere in essa immanente, dall'altro la stessa attenzione, spostandosi dalle specie indirette alle dirette e cogliendo la necessaria immanenza di queste in quelle, si vede costretta a distinguere i vari modi di immanenza e a separare ciascuno di essi dagli altri, cogliendo di questa discrezione anche la ragione nel fatto che la contraddizione reciproca dei modi problematici secondo cui la qualità del genere esiste si trasporta alla fissazione di ciascuno di essi: di qui il giudizio disgiuntivo; ma l'attenzione che coglie la subordinazione indiretta di varie specie a uno stesso genere e che dall'immanenza di questa univoca rappresentazione nelle specie indirette ritrae il diritto di coglierle tutte in unità sotto il punto di vista dell'univoca denotazione, se si sposta dal rapporto fra il genere e le sue specie indirette al rapporto fra queste e le specie direttamente subordinate al genere e non depone la pretesa di conoscere unitariamente le specie indirette pel medio della loro denotazione ad opera del genere, ha anche il diritto di rappresentarsi la simultanea immanenza delle varie specie direttamente subordinate entro la connotazione delle specie indirettamente subordinate e con ciò di affermare la simultaneità dell'immanenza entro le connotazioni di una serie di intelligibili sia di un unico intelligibile sia di quegli intelligibili che si son costituiti articolando differenti differenze specifiche su questo, e di ciò è in grado di ritrovare l'interpretazione nella presa di coscienza che al pensiero è data la contemporaneità di molteplici ed eterogenee fissazioni di modi secondo cui la qualità dell'intelligibile generico è necessitato ad esistere; questa seconda rappresentazione che è insieme una dialettica è la conoscenza della classe o schieramento di intelligibili cogeneri in quanto simultaneamente denotati da differenti note specifiche e in quanto simultaneamente classificabili o schierabili in più altre classi tutte però simultaneamente appartenenti alla stessa classe dei cogeneri, e perciò è indicata da un giudizio categorico il cui predicato ripete il predicato del disgiuntivo sostituendo tuttavia al nesso disgiuntivo di questo il nesso copulativo di quello - se D ed E sono specie di B che è specie di A e F e G sono specie di C che è specie di A, la rappresentazione di D E F G, in quanto tutti denotati da A, nei rapporti con B e con C è tale che impedisce di cogliere la simultanea immanenza di B e di C in D E F G e impone di accettare solo l 'immanenza di B in D E o di C in F G se B e C sono rappresentati come i due opposti modi di esistenza secondo cui la qualità di A è capace di esistere, e in questo caso la sua manifestazione, è il giudizio disgiuntivo "tutti gli A sono o B o C ", mentre la stessa rappresentazione di D E F G, in quanto tutti denotati da A, nei loro rapporti con B e con C costringe a riconoscere la simultanea immanenza di B e di C nel gruppo D E F G [pag 171 (203 F3/4)] e la simultaneità con cui nell'ontità del pensiero i modi di cui A deve rivestirsi per esistere son dati, alla condizione che di tali modi sia tenuta presente non l'opposizione reciproca ma la comune attitudine a consentire alla qualità da essi arricchita ad esistere, e in questo caso la sua manifestazione è il giudizio categorico "tutti gli A sono B e C"; il primo giudizio è il segno della rottura dell'unica classe in tante classi eterogenee e irrelazionabili conseguente al rilievo dell'intolleranza reciproca delle denotanti specifiche, il secondo giudizio è il segno non solo dell'immanenza delle classi eterogenee entro l'unica grande classe del cogenere, ma anche della completezza gnoseologica che da tale rappresentazione scaturisce -; il linguaggio quotidiano che costantemente sostituisce alla disgiunzione delle classi di una classe la rassegna delle classi in una classe e che alla frase "gli animali sono o vertebrati o invertebrati " " le piante sono o monocotiledoni o dicotiledoni " preferisce sempre l'altra "gli animali sono vertebrati e invertebrati " " le piante sono monocotiledoni e dicotiledoni", attestano l'esistenza di questa dialettica nel pensiero; nelle mie ricerche ho sempre accuratamente evitato di muovere nell'interpretazione del reale da ciò che ne fa l'uomo nella sua vita immediata per una connaturale insofferenza di ogni forma di antropomorfismo, ma qui ritengo legittimo questo appello all'esercizio irriflesso delle capacità umane perché non si tratta già di definire che cosa l'uomo col suo pensiero abbia il diritto di fare, ma che cosa fa: l'analisi fin qui condotta ha distinto la dialettica razionale legittima e valida nelle sue forme pure dalla dialettica razionale di fatto e non ha mai preteso che la seconda sia principio della prima, ma ora abbiamo volutamente deposto qualunque punto di vista valutativo e normativo per fermarci solo al fenomenico, al riflesso intuitivo e i dati fenomenici del linguaggio servono appunto a convalidare i dati fenomenici del pensiero; per la logica aristotelica le classi di una classe non sono predicate alla classe se non disgiuntamente, se non cioè in modo che la predicazione dell'una escluda la predicazione delle altre e l'esclusione della predicazione di tutte all'infuori di una comporti la predicazione di questa, perché la rappresentazione dei cogeneri della classe pel medio della forma della classe ossia del genere dev'essere accompagnata alla denotazione formale della forma e quindi alla problematicità dei suoi modi di esistenza e alla loro contradditorietà o insofferenza reciproca; per una fenomenica della logica del pensiero di condizione umana la rappresentazione delle classi di una classe è anche la presa di coscienza della simultanea immanenza delle classi nella classe, indipendentemente dal fatto che al pensiero di condizione umana siano dati il diritto di operare siffatta dialettica e la liceità di attribuirle una pienezza cognitiva pari a quella delle altre dialettiche; quando la logica aristotelica predica le classi di una classe alla classe pretende che al pensiero umano non sia lecito in alcun modo fondere la rappresentazione della ragione per cui di vari intelligibili è fatta una classe con la rappresentazione degli intelligibili cogeneri assiepantisi entro la sfera della classe, e con ciò sottrae al pensiero umano la capacità di utilizzare la denotante comune a tutti i membri conclassari
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