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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 201 - 251
    • 205
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[pag 176 (205 F2/3)]

tra l'apodittica distribuzione del soggetto del giudizio universale affermativo e l'indistributività del soggetto di quel giudizio universale affermativo in cui a una classe vengon predicate le classi da essa comprese: se fosse un caso isolato ed eccezionale, la difficoltà sarebbe insuperabile e ci sarebbe valido motivo per ritenere che tutto il nostro sforzo è condotto non già su ontiche rappresentazioni ma su un modo che il linguaggio assume per comodo, ossia per il modo della rassegna delle classi di una classe, ossia ci sarebbe da ritenere che abbiam preso uno strumento mnemotecnico per una forma dialettica; ma ci sono altri casi che ripetono la stessa situazione e precisamente tutti i giudizi indivisi il cui soggetto pur essendo indicativo di tutti gli individui di una classe non ha funzione distributiva; si ha quindi il diritto di affermare che esistono giudizi categorici universali affermativi del tipo "tutti gli A son B" il cui soggetto è posto in modo tale che la predicazione di B sia valida sia per la classe degli A che per ciascuno dei membri della classe A e che esistono giudizi categorici universali affermativi del tipo " tutti gli A son B" il cui soggetto è posto in modo tale che la predicazione di B sia lecita solo per gli A nella loro totalità, non per uno qualsivoglia degli A conclassari; la logica classica ne fa per dir così una questione verbale, che risolve con l'affermare che un sostantivo plurale gode della liceità di essere usato in senso collettivo o in senso distributivo, nel primo uso essendo segno della classe dei cogeneri assunta come collezione indivisibile, nel secondo uso essendo l'indice della classe dei cogeneri assunta indifferentemente come collezione indivisibile e come successione per giustapposizione di intelligibili identici e omogenei fra loro rispetto all'azione che su di essi esercita il predicato; ma evidentemente non basta ridurre la questione a un uso di termini, conviene oltrepassare il loro limite e andarsi a porre nel seno stesso delle due rappresentazioni; la prima e più semplice interpretazione del fenomeno è che il pensiero, quando procede al giudizio categorico a soggetto collettivo, componga in unità differenti modi dialettici, ciascuno dei quali legittimo se preso a sé, e dia vita a una dialettica composita il cui valore sta nella composizione e non nel diritto che si ha di procedere ad essa, ed è perciò del tutto relativo al conoscente e privo di rapporti con il rappresentato; il pensiero sa di avere il diritto di rappresentarsi in totalità con unico atto onnicomprensivo gli intelligibili che sono omogenei rispetto all'immanenza di un unico intelligibile denotante nella connotazione di ciascuno, sa che in forza di questa sintesi entra nel diritto di trattare la molteplicità degli eterogenei come un'omogeneità e quindi un'unità fondata sull'unicità della comune denotante, sa che in forza di questa comune denotazione gli è lecito usare la molteplicità come un’unità da sottoporre a particolari conoscenze le quali estendono la loro influenza sulla collezione e insieme su ciascuno degli intelligibili, sa infine che quando si trova dinanzi a un'unità omogenea e a una certa rappresentazione che scaturisce dall'analisi dell'omogeneo unitario gli è dato il diritto di predicare l'analizzato all'unità; ciascun diritto preso in sé consente certe operazioni dialettiche che comportano


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[pag 177(205 F3/4)]

conseguenze che devono essere verificate nelle rappresentazioni dialettizzate; così il diritto della sintesi di più intelligibili in unità in forza di una comune denotante consente la predicazione di questa al tutto unitario e a ciascun conclassario e pone la conseguenza, che deve essere verificata dalla classe e dai conclassari, che qualsiasi altra predicazione che sia fatta alla serie dei conclassari in quanto unità e in quanto successione di distinti dev'essere legittima sotto il punto di vista della denotante considerata, ossia che qualsiasi altra dialettica che vada da un intelligibile alla molteplicità degli omogenei deve avvenire tra il primo e il secondo in quanto però guardati nel fattore della loro omogeneità; il diritto poi di trattare i molteplici eterogenei come un'unità omogenea consente una predicazione che investe l'unità e insieme pone la conseguenza da verificarsi da parte della classe e dei conclassari che la dialettica fra l'attributo predicato e l'unità omogenea è principio di tante dialettiche fra l'attributo e ciascuno dei molti eterogenei quanti sono gli eterogenei stessi, il che appunto è ciò che consente di trattare il giudizio categorico universale affermativo sia come un giudizio a se stante sia come premessa maggiore di un numero indefinito di sillogismi categorici in Barbara; ancora il terzo diritto dà la liceità di acquistare nuove conoscenze intorno alla denotante rilevata a indice dei conclassari e di ritenerle simultaneamente valide anche per ciascuno dei conclassari stessi e insieme pone la conseguenza da verificarsi da parte della classe e dei suoi membri che ogni predicazione fatta alla classe in quanto unità omogenea sia al tempo stesso predicazione per ciascuno dei membri; infine l'ultimo diritto che fonda in genere il giudizio categorico consente l'analisi di qualsiasi rappresentazione assunta come unitaria e la predicazione ad essa di tutti i dati dell'analisi e pone la conseguenza da verificarsi che tale predicazione sia legittima limitatamente alla disarticolazione dell'unità e alla posizione in cui il predicato viene a trovarsi nella disarticolazione; in definitiva, se una rappresentazione unitaria in generale consente sempre quella dialettica che è spostamento d'attenzione dalla sua rappresentazione totale alla rappresentazione di una sua componente, la rappresentazione unitaria di una classe consente solo la dialettica che è spostamento d'attenzione dalla sua rappresentazione totale alla rappresentazione di quella componente che ritrovandosi identica in tutti i membri della classe dà identità alla dialettica fra la rappresentazione parziale e la rappresentazione della classe in quanto unità e alla dialettica fra la rappresentazione parziale e la rappresentazione della classe in quanto serie di unità; solo a questa condizione paiono rispettati i diritti e insieme le loro conseguenze; quando invece la dialettica fra la rappresentazione della classe e la rappresentazione della componente sia valida solo se la prima rappresentazione è della classe in quanto unità ma non in quanto serie di unità, il pensiero ha illegittimamente fuso i tre primi diritti con le loro conseguenze col quarto e con le sue conseguenze, sostituendo fuor da ogni legittimità la nozione di unità per omogeneità e quindi l'elaborazione di un intelligibile che è uno perché individuo alla nozione di un intelligibile




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