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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 201 - 251
    • 207
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[pag 182 (207 F1/2)]

dei vari conclassari cui appartiene in quanto la determinazione dell'esistenza e del numero delle denotanti relative è in funzione dell'immanenza in essa della nota, e, qualora sia analizzata nei rapporti di immanenza entro la connotazione di uno solo dei conclassari, obbliga il pensiero a rappresentarsi la sua denotazione da parte di una sola delle denotanti relative, mentre, se viene analizzata nei rapporti di immanenza entro la connotazione di tutti i conclassari, obbliga il pensiero a rappresentarsela denotata simultaneamente da tutte le denotanti relative: nel primo caso la classe è pensata secondo la discontinuità eterogenea provocata dalla connessione fra una delle denotanti relative della sua ragione e le denotanti determinanti della sua connotazione, con la conseguenza che se questa tipica concezione è estesa a tutti i conclassari la nozione della classe si fa disarticolata e la sua iniziale unità è rotta nella molteplicità degli eterogenei conclassari, nel secondo caso invece la classe è pensata come un continuo in cui simultaneamente le differenti denotanti relative della sua ragione entrano in rapporto con le differenti loro determinazioni eterogenee, con la conseguenza che la connotazione della ragione risulta un organismo capace di molteplici relazioni concomitanti e insieme ciascuna eterogeneea dalle cogeneri sia pure nella comune uniformità funzionale; poiché le due rappresentazioni coincidono con due differenti dialettiche indicate da rispettivi giudizi, alla prima, la cui dialettica è dalla totalità unitaria di ogni connotazione conclassaria alla sua nota generica in quanto necessariamente correlata agli specifici su di essa articolati, corrisponde o il giudizio disgiuntivo o un giudizio con una specie conclassaria a soggetto e la nota generica a predicato o una serie di giudizi giustapposti ciascuno dei quali ha a soggetto una delle specie conclassarie e a predicato la nota generica - il giudizio in cui le specie cogeneri sono allineate per copulazione in un complesso con la funzione di soggetto e ricevono la predicazione della nota generica sostituisce questa serie di giudizi -, della seconda la cui dialettica è dall'insieme delle connotazioni conclassarie in quanto denotate da vari specifici necessari alla nota generica identica in quanto simultaneamente correlata a ciascuno degli specifici, è segno o il giudizio collettivo-indiviso con la classe a soggetto e la molteplicità coordinata dei conclassari a predicato o la serie di giudizi giustapposti con una delle specie a soggetto di ciascuno e la nota generica a predicato o, in sostituzione di questa serie, il giudizio il cui soggetto è le specie conclassarie coordinate e il predicato la nota generica; quest'ultima dialettica fonda quindi la rappresentazione che è onticamente presente al pensiero in corrispondenza di un giudizio collettivo il cui predicato sia costituito dai membri conclassari giustapposti e non disgiunti, e ad essa è da riportarsi costantemente ogni rappresentazione espressa da un giudizio collettivo: infatti, anche nel caso di un giudizio indiviso, del tipo " gli A (o tutti gli A) sono numerosi (o pochi)", il cui predicato è da valutarsi una presa di posizione soggettiva nei confronti della classe, la rappresentazione comprende sempre l'analisi della nota generica che è ragione della classificazione del soggetto, condotta secondo l'attenzione


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prestata ai vari rapporti in cui la sua connotazione si vincola agli specifici necessari propri della classe, sicché il giudizio del tipo "gli A son numerosi" equivale all'altro "le denotanti relative che devono essere pensate esistenti nella connotazione di A in forza della sua connessione coi singoli specifici della sua classe sono numerose”;

in tal caso, il pensiero si rappresenta da un punto di vista di valutazione soggettiva i rapporti in cui la nota generica viene a trovarsi con le varie connotazioni in cui immane; e, ugualmente, quando è dato un giudizio del tipo "tutti gli A son B", in cui  il soggetto rimanda alla rappresentazione unitaria di una serie di intelligibili conclassari e il cui predicato indica la rappresentazione di una nota che è onticamente immanente  nella nota generica ragione della classe e che non è predicabile di ciascuno dei conclassari perché non si ha il diritto di ritenerlo o immanente o comunque interessante ciascuna delle connotazioni conclassarie - ad esempio, " gli A sono soggetti ad estinzione ", " gli A sono in via di evoluzione ", "gli A sono prolifici", ecc.-, la rappresentazione consiste in una dialettica dalla totalità delle connotazioni conclassarie in quanto denotate dalla comune ragione e dai vari specifici alla connotazione della ragione in quanto denotata da una nota relativa che è rapporto attivo con le denotanti assolute ed è in rapporto passivo con specifici determinanti che addirittura possono anche essere pensati assenti dalla serie onticamente rappresentata; la logica tradizionale, quando attribuisce ad alcuni giudizi categorici affermativi la proprietà dell'indivisione o della collettività e nega ad essi la funzione di principio di certe inferenze immediate o di premessa maggiore di sillogismi categorici, ha il diritto di porre la ragione di ciò nella mancata distribuzione del soggetto, e di interpretare questa come una funzione di sussunzione o di estensione parziale perché l'irradiazione dell'intelligibilità è solo dal generico alla totalità della classe e non anche a ciascuno dei membri della classe, alla condizione tuttavia che a tale diritto preponga ((proponga??)) come ragione prima e assoluta quella certa analisi che è condotta sulla nota generica in quanto necessariamente e simultaneamente connessa con tutte le determinanti specifiche, ontiche e problematiche, note ed ignote, assieme a ciascuna delle quali costituisce la connotazione di ciascun conclassario; se il giudizio che di questa dialettica è segno sia da catalogarsi nei giudizi categorici universali affermativi è questione da discutersi, ma la sua soluzione non avrà mai il diritto di privare di legittimità il giudizio categorico affermativo indiviso per il semplice fatto che esso non verifica certi modi che son propri dello stesso giudizio in quanto distribuito; due differenti dialettiche stanno al di sotto dei due giudizi, e la loro differente genesi, l'una da un punto di vista sotto cui la ragione della classe è riguardata, l'altra da un differente punto di vista da cui la stessa ragione  è osservata, non comporta altro che esse e i loro prodotti non debbono essere confuse  né poste sotto uno stesso criterio; che se poi si pretende, come fa la logica aristotelica, di attribuire legittimità solo all'una di esse, in nome di certi principi che sono stati postulati come i più validi a offrirle intelligenza, si finisce


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[pag 184 (207 F4)]

con l'escludere arbitrariamente dal pensiero alcune operazioni che però continuano di fatto a verificarsi; la legittimità del giudizio collettivo, o in genere o con con predicato costituito dalla serie dei conclassari giustapposti e copulati, sta nell'atto con cui il pensiero lo costruisce e nel diritto che il pensiero deduce per la costruzione della sua dialettica dalla necessità di rappresentarsi in simultaneità la molteplice connessione fra l'unica nota generica di una classe e le varie differenze specifiche che su di essa s'articolano; che poi siffatto giudizio offre certe inferenze e non altre, è naturale e giustificabile dal momento che la sua dialettica, così com'è strutturata, non ha nulla che fare né con quella del giudizio categorico universale affermativo a giudizio distribuito né con quella del giudizio distributivo e perciò è assurdo pretendere di inferirne dialettiche da essa procedenti che verifichino la forma delle dialettiche procedenti da questi due ultimi giudizi; d'altra parte, le tre classi di dialettiche, quella del giudizio -soggetto distribuito quella del giudizio disgiuntivo quella del giudizio collettivo con i conclassari copulati a predicato, rispettano tutte la forma del giudizio categorico in generale come immanenza del predicato nel soggetto; resterebbe, ora, da determinare la dialettica del giudizio disgiuntivo dal nostro punto di vista: evidentemente il giudizio disgiuntivo non è un categorico universale affermativo  se è vero che il suo soggetto non è distribuito, il che avrebbe dovuto tener presente Aristotele quando, criticando la dicotomia platonica, dimostra l'impossibilità di assumere il giudizio disgiuntivo a premessa maggiore di un sillogismo categorico per gli assurdi che ne derivano (vedi Antologia platonica della Nuova Italia); e in realtà il giudizio disgiuntivo è un collettivo e un indiviso come quello il cui soggetto è l'indice della rappresentazione di una classe nell'intera serie degli intelligibili che la compongono pensati come denotati da una nota generica la cui analisi è condotta sulle sue denotanti relative e non sulle assolute: nel giudizio disgiuntivo l'attenzione tende a rilevare i modi con cui la nota generica comune si allaccia alle varie differenze specifiche che rompono l'unità dei cogeneri nella pluralità di classi eterogenee; ma nell'atto in cui sottolinea questi modi che debbon essere pensati come denotanti relative la stessa attenzione non si sofferma  su quel loro aspetto che è la simultaneità con cui si offrono manifesti, almeno nelle conseguenze della loro attività, nell'ambito dell'intera classe, ma si sposta sul loro altro aspetto che è la loro omogeneità di funzione connessa all'alterna vece di cui son preda quando ciascuno si connetta allo specifico correlativo: sotto il primo aspetto è data la coesistenza o concomitanza della loro onticità ossia della loro presenza nell'intera serie della classe, sotto il secondo aspetto è data la onticità di ciascuna solo nella sfera di una delle classi di divisione della classe-soggetto; nella prima rappresentazione la dialettica è fra tutte le denotanti relative e tutti gli specifici correlativi, nella seconda la dialettica è fra ciascuna delle denotanti relative e ciascuno degli specifici correlativi; la seconda difficoltà cui va incontro il giudizio affermativo collettivo il cui soggetto è una classe e




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