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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 186 (208 F1/2)] e non solo negli intelligibili con funzione di soggetto bensì anche in quelli con funzione di predicato, come dimostra il convertito per accidens dal giudizio categorico universale affermativo il cui soggetto è la trasformazione di un intelligibile da denotante rappresentato in sé fuor di qualsivoglia immanenza a denotante rappresentata nell'immanenza nelle connotazioni di alcuni intelligibili; ma questa modificazione formale il cui intervento lascia dubitare della legittimità della conversione anzitutto è più apparente che reale, poi rimanda a una dialettica ontica che se da un lato è un po' più complessa di quel che la modificazione farebbe pensare, dall'altro ha le sue ragioni nello stato in cui il giudizio che è principio della conversione ha posto il pensiero: l'assolutezza in cui è posta la denotante quando prende le funzioni di predicato nel giudizio convertito e con cui verrebbe a contraddire la relatività di immanente in molte connotazioni quando conserva le funzioni di soggetto nel giudizio principio della conversione, è di diritto e di fatto inesistente perché anche nel giudizio convertito la denotante è posta dalla dialettica in una condizione di immanenza entro connotazioni di intelligibili in quanto il giudizio convertito è la manifestazione della dialettica di un'attenzione che dalla rappresentazione delle connotazioni-soggetti nella loro unità si porta alla rappresentazione dell'intelligibile-predicato come immanente in quelle per poi ritornare da questa seconda rappresentazione alla prima; parlare di assolutezza per la denotante -predicato significa sostituire all'analisi della dialettica di cui essa fa parte l'analisi del segno linguistico della dialettica ossia della serie di parole che lo indicano, ciascuna delle quali è un assoluto e un discreto ma in sé, nella sua funzione verbale, non per lo stato intelligibile di cui è segno, per la sua funzione suppositiva; quel che invece si ha di mutato nella dialettica in seguito alla conversione è il gioco degli spostamenti entro le connotazioni: nel giudizio collettivo che è principio di conversione la rappresentazione, che è termine primo dell'attenzione ossia soggetto è una dialettica dalla totalità di una serie di connotazioni a una delle denotanti che è comune a tutte, e questa dialettica entra in una seconda dialettica che è dalla denotante comune agli specifici necessari che s'articolano su di essa e che in forza della loro eterogeneità spezzano l'unità della classe in una pluralità di classi che debbono esser pensate immanenti in essa; nel giudizio convertito dal collettivo l'attenzione parte da una rappresentazione che è dialettica fra la totalità di una serie di connotazioni e i differenti specifici necessari che le denotano con la comune funzione di articolarsi su di un'unica denotante per poi spostarsi da questa dialettica all'altra che muove dalla prima rappresentazione alla rappresentazione di questa denotante entro tutte le connotazioni; dal che risulta che la funzione relativa della nota generica che è ragione della classe sostanzialmente non muta al mutare della sua partecipazione a un rappresentazione che prima è soggetto, poi predicato; d'altra parte, la dialettica che è soggetto del giudizio principio della conversione ha portato il pensiero ad allineare in via formale se non materialmente, tutti gli intelligibili nella cui connotazione la nota generica ha le stesse funzioni [pag 187 (208 F3/4)] che ha in qualcuno o anche in uno solo e con ciò ha messo il pensiero nella condizione di rappresentarsi in simultaneità una serie più o meno grande di intelligibili prima dispersi ed atomisticamente disgiunti l'uno dall'altro, soggetti perciò ad entrare in una rappresentazione presente e consapevole solo nel momento in cui un qualsivoglia rapporto di immanenza li attirava in un gioco dialettico; che se questa unità o compresenza è il nuovo modo che tutti quegli intelligibili hanno assunto nella rappresentazione è naturale che divengano lecite nuove dialettiche provocate dallo spostarsi dell'attenzione dalla nota generica comune alle altre denotanti che o immangono nella connotazione di questa o immangono fuori di essa nella connotazione cui questa stessa appartiene, dialettiche di cui alcune sono il sillogismo categorico, il giudizio collettivo, quel convertito da questo che è il giudizio che ha a soggetto la serie delle classi in cui l'intera classe si divide e a predicato la classe comune a cui le classi appartengono; sotto questo punto di vista, la conversione in un giudizio affermativo ossia in una dialettica che dalla rappresentazione della serie delle classi in cui una classe si divide si sposta alla rappresentazione dell'unica classe con cui tutta la serie coincide è legittima solo se operata dal giudizio collettivo in cui la predicazione è fondata sulla stessa indifferenza di articolazione degli eterogenei specifici sulla nota generica comune su cui si fonda la predicazione del convertito, non se operata dal giudizio disgiuntivo la cui predicazione parte da una differenza di tale articolazione che poi è negata e sostituita dall'indifferenza nel suo convertito; un'analisi delle varie conversioni mostra che questo passaggio di giochi dialettici si ripete come forma costante della conversione in generale. Una larga parte della dottrina della conoscenza di Kant ha il suo appoggio sulla distinzione tra la verità formale e la verità materiale, essendo la prima la perfetta identità che lega i rapporti costanti e uniformi che vincolano le rappresentazioni determinate di un certo discorso e che consentono all'attenzione di scorrere dall'una all'altra sia per prendere atto della continuità nella separazione sia per proseguire in qualche nuova direzione che necessariamente scaturisce dall'articolata connessione, ai rapporti costanti e uniformi che debbono trovarsi in qualunque discorso perché questo sia valido, essendo la seconda la perfetta identità che unifica i rapporti costanti e uniformi con cui il pensiero ha composto in una sintetica struttura discorsiva varie rappresentazioni, coi rapporti costanti e uniformi che si ritrovano tra gli ontici di cui le rappresentazioni pretendono di essere riproduzioni; mi pare che i due concetti di verità siano un po' confusi perché in essi non si distinguono i due a cui ciascuno dovrebbe essere ricondotto, quello di verità e quello di validità; a lato di una verità formale e di una verità materiale così come Kant le intende ci sono una validità formale e una validità materiale; la prima è l'ontica esistenza di una rappresentazione in seno a un pensiero di condizione umana, la seconda è la perfetta corrispondenza che intercorre fra una rappresentazione onticamente data in un pensiero di condizione umana e l'ontico che la rappresentazione pretende riprodurre; se da un lato la legittimità di una rappresentazione in quanto rappresentazione
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