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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 201 - 251
    • 211
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[pag195 (211 F1/2)]

la stessa dialettica non è mai certa dei suoi risultati se s'applica a un generico che sia presente fuor di relazione con un suo specifico; resta infine da vedere se le nostre denotanti relative siano un'ipotesi, messa in campo per dar corpo rappresentativo alla ragion sufficiente della corrente di necessità che dal generico muove allo specifico e lo attrae e lo esige come la condizione senza cui il generico non ha ontità, o se è effettiva l'impossibilità in cui il pensiero di condizione umana si trova di astrarre dalla comprensione di un generico denotanti che sian relative.

 Vorrei soffermarmi a questo punto per prender contatto con lo schema del discorso che vengo svolgendo: al termine suo ci sta il concetto di interpretazioni del mondo che, assumendo a predicato immagini dell'ontico fenomeno erette a intelligibili e contraddittoriamente correlate se non altro per diversità reciproca e affermandole immanenti nel principio ontico in sé, han pur dovuto porre la liceità di un giudizio universale categorico il cui soggetto sia un genere sussumente e il cui predicato sia una serie collettiva e non disgiuntiva degli intelligibili sussunti al genere; se voglio chiaramente vedere dentro queste interpretazioni, non ho il diritto di prendere sic et simpliciter il loro enunciato e controllare la validità dell'uso che essi han fatto delle rappresentazioni utilizzate nella loro bruta ((??finta??)) materialità, ma mi sento tenuto a stabilire anzitutto la validità formale delle strutture discorsive entro cui hanno incasellato il materiale rappresentativo, ossia la verità formale di un giudizio in cui genere e specie sono rispettivamente soggetto e predicato e che è universale e categorico e non universale e disgiuntivo; ma ancor prima di risolvere il problema di questa validità formale, debbo considerare l'elaborazione dialettica cui il pensiero che è pervenuto a tali interpretazioni ha sottoposto gli intelligibili in generale per ottenere come risultato la rappresentazione formale di un siffatto giudizio categorico e le rappresentazioni materiali che o per diritto o per presunzioni sono state assunte a ragioni sufficienti del diritto che un pensiero di condizione umana ha di accettare per legittimo questo giudizio; son partito dal giudizio categorico universale in genere e ho analizzato il rapporto in cui in esso entrano i concetti del soggetto e i concetti del predicato non sotto il punto di vista delle funzioni cognitive che vi esplicano, ma dal punto di vista dei modi con cui la comprensione di un intelligibile soggetto in genere si correla alla comprensione dell'intelligibile che gli è predicato e viceversa, giustamente considerando tali modi le ragioni sufficienti della legittimità delle funzioni gnoseologiche che il soggetto e il predicato pretendono di attuare l'uno nei confronti dell'altro in un giudizio universale categorico; il rapporto che noi chiamiamo sussunzione e che consisterebbe nell'atto con cui si prende per legittimo che l'intelligibilità o serie unitaria e sintetica delle nozioni universali e necessarie, con cui il predicato è stato identificato o si presume sia lecito identificare a seconda che l'analisi del predicato sia compiuta o sia da compiersi, non sia limitata alla rappresentazione del predicato ma sia anche assunta per il concetto del soggetto il quale partecipa così della stessa cittadinanza razionale e della stessa natura intelligibile del predicato, è la forma del giudizio


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[pag196 (211 F3/4)]

ossia il rapporto funzionale tra i concetti che lo costituiscono, considerato solo a parte praedicati, ossia da quel punto di vista che è primario per l'analisi della struttura formale di un siffatto giudizio in genere, ma nulla dice del diritto di una partecipazione del concetto soggetto all'intelligibilità del predicato la qual partecipazione se limitata al concetto di sussunzione resta non tanto una pretesa, quanto una tautologia; il diritto della sussunzione va ricercato dunque nella rappresentazione secondo cui il pensiero di condizione umana si dà le due comprensioni del concetto soggetto e del concetto predicato nei loro rapporti materiali, perché è evidente che devono essere le rappresentazioni in serie sintetica del concetto del soggetto, assunte nella loro materia, ossia nelle immagini universali e necessarie che la concentrazione attentiva vi ritrova e contrassegna con parole, e non nella loro forma, ossia nei loro rapporti reciproci, nelle loro funzioni, nella ottemperanza in cui sia isolatamente sia collettivamente in sintesi sia collettivamente nei rapporti in cui giacciono se prese in assoluto si pongono nei confronti delle leggi che diciamo di ragione, a stabilire se l'identificazione che nella sussunzione vien fatta fra loro e le rappresentazioni materiali del predicato o effettualmente o problematicamente((?? problematica note??)) sia un ontico rappresentativo; il diritto della sussunzione del predicato sul soggetto è l'identità materiale del primo col secondo, e in assenza di siffatto rapporto la sussunzione e quindi il giudizio è una rappresentazione certo, la quale tuttavia non gode del diritto di cittadinanza razionale per manco di ragion sufficiente; dinanzi alla questione che qui si pone della forma dell'identificazione, è da escludersi l'identificazione totale perché delle tre l'una, o la comprensione del concetto del soggetto è intelligibile per esser stata posta in equivalenza con la serie totale delle denotanti e con le nozioni di tutte le relazioni che legano le connotanti e insieme con la sua unità sintetica e in questo caso il giudizio categorico  in quanto rapporto di sussunzione non solo è inutile ma è impossibile perché affetto dalla contraddizione di instaurare nei confronti del soggetto una funzione di intelligibilità di un intelligibile che per presupposto deve avere una comprensione la cui unità sintetica è onticamente o problematicamente in equivalenza con una giustapposizione di denotanti unificate per rapportazione, o la comprensione del concetto del soggetto è inintelligibile per difetto di rappresentazione o di parte delle sue denotanti o di parte dei rapporti da cui queste vengon unificate e in questo caso il giudizio è una tautologia, o infine la comprensione del soggetto è parzialmente intelligibile perché essendo data la nozione della totalità delle sue denotanti e della totalità dei rapporti che le unificano, e in questo caso il giudizio categorico non attua un'identificazione totale perché il concetto del predicato esclude da sé l'unità della comprensione del soggetto e la sostituisce con quell'unificazione che risulta dalle rapportazioni o rappresentazioni in simultaneità e in connessione reciproca di funzionalità delle varie denotanti, il che è quanto si dà nella più perfetta delle definizioni; dunque, l'identificazione non può essere che parziale, sia che si ponga come rassegna disarticolata nel predicato dell'unità del soggetto sia che si limiti




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