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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 208 (215 F1/2)] che son generi e specie o denotanti generiche e denotanti specifiche, dall'altro materialmente varie, anche se non discontinue quali gli intelligibili della logica aristotelica, e insieme affette da una funzionalità che negli spostamenti d'attenzione ripete quella degli intelligibili aristotelici, l'ordinamento delle figurazioni autocosciente che una dottrina delle classi chiama pensiero è operativamente identico a quello degli intelligibili che è chiamato pensiero da una dottrina aristotelica; se teniam conto delle differenze che le due dottrine logiche immettono nel loro oggetto, anche queste sono più riducibili di quel che si crede: nella dottrina aristotelica ad ogni (((??)) dall'altro con il difetto di necessità di tale autocoscienza nel senso che la rappresentazione degli intelligibili e delle loro dialettiche in quanto temporali, mentre è colta nella funzione formale di principio delle sue conseguenze, è al tempo stesso ((?))((N.B. la parte tra??...?? è aggiunta dall’autore sul margine del foglio e mal collegata)) rappresentazione autocosciente che è estremo dal quale muove o nel quale esaurisce uno spostamento d'attenzione ha l'attributo dell'intelligibilità pena la falsità e invalidità formali e materiali dello spostamento e delle rappresentazioni che ne sono la conseguenza; l'intelligibilità di una rappresentazione è definita da un punto di vista materiale quando è rappresentata come la riproduzione nel pensiero ossia come la ripetizione, con autocoscienza e con partecipazione a dialettiche che sono autocoscienti ma di condizione umana nel senso che sono affette dal tempo e che non necessariamente esauriscono la totalità degli spostamenti d'attenzione di cui la rappresentazione è estremo, di qualità assolute di un ontico la cui ontità è assoluta e discreta da autocoscienza che caratterizzi esso e le dialettiche di cui è estremo o terminale o medio, o è autocosciente ma in quanto è estremo o terminale o medio di dialettiche autocoscienti che non patiscono nessuno dei modi il cui complesso chiamiamo tempo come quelle che in sé e quindi negli ontici da cui e a cui discorrono hanno lo stato dell'autocoscienza privo della liceità di porsi a principio logico della loro ontità, che son tutte costantemente simultanee in quanto nessuno degli spostamenti di attenzione che le costituiscono è con autocoscienza senza che con la stessa autocoscienza siano tutti i restanti spostamenti d'attenzione di cui esso è parte, e le quali infine si pongono come la totalità degli spostamenti d'attenzione che hanno a loro ragione l'intelligibile stesso - in un pensiero di condizione umana la temporalità degli intelligibili e delle loro dialettiche, qualora vogliano nullificarsi le nozioni di potenza e di atto che s'appellano a rappresentazioni metafisiche la cui ragione d'essere è fuori dalle rappresentazioni che di diritto ritroviamo in un ontico intelligibile in quanto tale, e le nozioni di essere e di non essere e di transizione da questo a quello la cui equivalenza con la temporalità mi ha tutto l'aspetto di una tautologia, è da identificarsi da un lato con quell'autocoscienza degli intelligibili stessi e delle loro dialettiche che è da assumersi come condizione prima ossia come modo formale principio di qualunque altra dialettica che si valga a suoi estremi di quegli intelligibili e di quelle dialettiche, sicché quando da questa dialettica si risalga negli stati di pensiero alla ricerca di una sua ragione si ritrova in questa funzione l'autocoscienza di tali intelligibili e di tali dialettiche [pag 209 (215 F2/3)] e insieme è negata la liceità di risalire alle autocoscienze di altri intelligibili e di altre dialettiche che non hanno il diritto di erigersi a ragioni se non pel medio dell'autocoscienza di quegli intelligibili e di quelle loro dialettiche della cui temporalità si parla; di fatto, posta una totalità di intelligibili autocoscienti che sia tale in sé e non per un pensiero di condizione umana, l'illiceità di irrelatezza di una dialettica con tutte le altre che sono di diritto riduce ciò che noi chiamiamo intellezione a una serie di spostamenti di attenzione da intelligibile ad intelligibile che deve essere finita e coincidente con un numero se finiti e numerati sono gli intelligibili della totalità, ma insieme deve essere continua ed omogenea nel senso che ogni atto che chiamiamo spostamento d'attenzione a direzione riflessibile costituisce in sé una rappresentazione autocosciente e ritrova sempre la sua ragione nella rappresentazione autocosciente di quello spostamento d'attenzione fra due intelligibili, che sono o altri dalla coppia precedenti o pur identificandosi con almeno uno della coppia precedente sono in altra dialettica, il quale nella sua materia è relazione reciproca fra i due suoi intelligibili e nella sua forma è la stessa relazione in quanto però autocosciente; sotto questo punto di vista la serie continua ed omogenea delle dialettiche di una totalità in sé di intelligibili fa tutt'uno con la serie di spostamenti d'attenzione da un momento rappresentativo ad un altro ciascuno dei quali è uno spostamento d'attenzione il cui diritto è nel rapporto fra le rappresentazioni fra le quali l'attenzione ha la liceità di muoversi per poi riflettersi, e il cui fatto è il moto d'attenzione con la sua riflessione ossia lo spostamento stesso in quanto autocosciente in sé, nella sua forma, e nella sua materia; basta privare quella nozione di serie continua ed omogenea della nota che implicitamente siamo costretti a immettervi, per avere il senso del pensamento del dio aristotelico in cui la serie ignora la successione e fa degli spostamenti d'attenzione dei rappresentati autocoscienti il cui rapporto è la mera connessione da ragione a conseguente; ma nel pensiero di condizione umana che cominci a percorrere o ripercorrere la serie il diritto di spostare la sua attenzione da uno spostamento d'attenzione a un altro coincide non soltanto con l'ontico rapporto tra due intelligibili che è materia di uno spostamento d'attenzione che è ragione della continuità ed omogeneità della serie e insieme della continuità con cui l'attenzione balza e rimbalza di biffa in biffa, ma soprattutto con la rappresentazione di siffatto rapporto ossia con il modo che esso ha assunto di autocosciente, sicché se questo modo è dato è assicurata la continuità della serie e del movimento d'attenzione lungo di essa, se il modo di essa è assente serie e movimento si fanno discontinui e lo spostamento d'attenzione s'arresta per proseguire alla sola condizione di un salto qualitativo che fa della prosecuzione una rappresentazione che non ha il diritto di esser ragion di quanto l'ha preceduto; il fatto che un pensiero di condizione umana è costretto ad assumere a ragion sufficiente della verità e validità formali e materiali delle correnti d'attenzione che lo costituiscono l'autocoscienza di una rappresentazione, ossia quei modi operativi di essa di cui sopra abbiam detto, e non il rapporto materiale
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