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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 225 (219 F1/2)] perché, mentre negano al pensiero, cui è essenziale l'autocoscienza, di trovare in sé e nell'autocoscienza la ragione prima ed unica del proprio essere e dei propri modi e al pensato, cui è condizione l'autocoscienza, di trovare in questa e quindi nel rapporto inscindibile in cui si pongono col pensiero la ragione prima unica del proprio essere e nel pensiero, con la sua operatività e la sua autocoscienza, e assieme nella propria materia la ragione prima ed unica del proprio modo d'essere, e ciò facendo riasseriscono la dipendenza reciproca delle due nozioni, ribadiscono l'impossibilità per lo stesso pensiero di avere intellezione di sé come ontico la cui essenza prima sia l'autocoscienza - b) secondo l'altro intelligibile dovrebbe esser data la nozione di un'autocoscienza che, sebbene indefinibile e indescrivibile in sé per la sua intuitività, è pur sempre un modo di un ontico che ne affetta in certo modo le componenti sì che almeno sotto il punto di vista di questo rapporto concede di essere in certa misura articolata in dialettiche consenzienti alla nozione stessa di entrare nell'intelligibilità, e in quanto attributo essenziale del pensiero e in quanto attributo essenziale di un pensato in quanto tale, sicché dell'autocoscienza debbono essere dati due intelligibili perfettamente equivalenti se non identici, in forza dell'unica denotante differente che li connota secondo che sono o attributo essenziale o condizione di pensabilità, essendo d'altra parte anche anche questa differenza destinata a scomparire e a lasciare in perfetta equazione i due quando dell'attributo essenziale si faccia quel che è funzionalmente, la condizione cioè del pensiero pensante di porsi a pensabile da parte di se stesso, e contemporaneamente e sotto lo stesso punto di vista due intelligibili contraddittori o almeno inequivalenti in quanto la comprensione dell'intelligibile dell'autocoscienza del pensiero è il diritto che questo ha a ripetersi in autocoscienti"simultanei " sia pure di una simultaneità contraddittoria in forza della sua essenza, mentre la comprensione dell'altro è il diritto che esso ha a ripetersi in autocoscienti simultanei della simultaneità per autocoscienza in forza o di una investitura di un modo ontico ad opera di un ontico che è altro da esso o della sua partecipazione all'onticità di questo, con la conseguenza che, esclusa sia la partecipazione che non è lecito sia limitata a uno solo degli altri attributi sia l'investitura come dono, diciamo così, di un proprio attributo che non si vede come sia fatto se il passaggio di proprietà altera l'essenza dell'attributo, resta che l'intelligibile dell'autocoscienza il diritto che un pensato ha di esser tale nella sua forma e nella sua materia e che ritrae dalle sue stesse forma e materia, che lo stesso intelligibile sia il diritto che un pensato ha di argomentare una parte solo della sua materia e della sua forma da sé e la necessità in cui si trova di porre un altro da sé e da quelli che son generi della materia e della forma che argomenta da sé a ragione della restante parte della sua materia e della sua forma, che i due intelligibili non siano identici e ossia non siano un solo intelligibile che è distinguibile in due ontici autocoscienti solo per il rapporto funzionale differente in cui si pone con altri intelligibili, ma siano due differenti per diversità di loro denotanti e insieme non possano non essere [pag 226 (219 F2/3)] un solo e dientico autocosciente, dal momento che per essi si parla di un mero trasferimento da quell'ontico che è il pensiero di cui è attributo essenziale e insieme condizione di pensabilità a quell'ontico che è il pensato o uno dei pensati di cui è attributo, inessenziale per tutta quella materia e quella forma della sua comprensione che non hanno che fare con la mera pensabilità, essenziale, ma per coessenzialità col primo, per quella materia e forma della sua comprensione che han che fare con la sua pensabilità; neppure l'altro modo comune di guardare all'autocoscienza pare riducibile a rappresentazioni formalmente legittime: si pensa, di solito, all'autocoscienza come a un sapere di sapere, e come a un modo che sotto tal punto di vista attinge o il pensiero in generale o un qualsiasi suo pensato, e con tale attributo si vuole intendere che o l'uno o l'altro siano ontici che sono e sanno di essere, che sono secondo certi modi ontici e sanno di essere secondo questi modi; ma si deve pur stabilire che cosa si intende per questo sapere, e allora delle due l'una o ci si rifà al pensiero come ontico in sé cui è essenziale l'autocoscienza e che entra con il pensato in un rapporto in cui consisterebbe il sapere, col che si ricade in tutte le aporie di cui sopra, oppure ci si limita a descrivere i fenomeni che si danno negli ontici che sono e sanno di sapere ecc., e in questo caso il sapere viene intuito dalla riflessione o come un ontico che è ripetuto in un altro ontico ad esso equivalente senza che altra ragione si trovi per la ripetizione al di fuori dell'ontico stesso e della sua attitudine a ripetersi o come un ontico che ha la liceità di siffatta ripetizione; ma si ammetta che la ripetizione sia stata data e che quindi sia l'equivalenza dei due ontici di cui il primo sarà quello che si è dato con autocoscienza e il secondo quello che si è dato per l'autocoscienza del primo, risulta anzitutto che il mero fenomeno della ripetizione non esaurisce l'autocoscienza perché anche il secondo è un autocosciente la cui autocoscienza pone un suo ripetuto che rimanda a un suo ripetuto in un processo che per quanto lo si continui non sostituisce se stesso all'attributo con cui dovrebbe essere posto in equazione, in secondo luogo che l'autocoscienza del primo ontico, resa equivalente alla sua ripetizione , non lo distingue affatto da questo in quanto se il suo ripetuto pretende di essere il sapere del suo essere e del suo modo di essere, dovrà essere anche il sapere di quel suo modo di essere che è il sapere del suo essere e del suo modo di essere, il quale ultimo sapere è posto o come la liceità di ripetere se stesso, e in questo caso da un lato è un problematico, dall'altro è contemporaneamente un ontico, o come la ripetizione ontica di se stesso, e in questo secondo caso la ripetizione è legittima alla condizione che sia stata data una precedente ripetizione dell'ontico, a sua volta preceduta da un'altra secondo un processo che a sua volta, per quanto continuato a ritroso, non riesce mai a sostituire quell'attributo di autocoscienza con cui dovrebbe porsi in equazione; ma si dirà che il sapere di se stesso di un ontico che sia autocosciente è il sapere non del suo essere e dei suoi modi essere sic et simpliciter, ma del suo essere e del suo modo di essere in quanto saputi, e per questo lo si definisce un sapere di sapere; e allora, distinti i due saperi, [pag 227 (219 F3 /4)] e ammesso e non concesso che sia noto che cos'è sapere, se per il secondo non è lecito non intendere quel sapere che è sapere del sapere dell'essere e dei modi di essere dell'ontico autocosciente, è il caso di chiedersi che cosa sia quel primo sapere che è saputo; poiché di esso si dovrà dire che è sapere di modi di essere di un ontico che è autocosciente, esso pure sarà il sapere di un sapere, e l'oggetto del sapere di un sapere non sarà dato se non come anch'esso sapere di un sapere, cosicché in questa illiceità di porre ad oggetto del sapere degli ontici che o non siano sapere o non siano con sapere non si deve vedere l'aporia di Herbart di un ontico che è tale alla condizione che esso si dia in correlazione con un ontico altro da sé e che va privo di siffatta condizione, ma piuttosto l'altra della necessità in cui il pensiero umano si trova di ottenere dall'analisi di un ontico dati parziali che mai coincidano col tutto se vuole avere intelligenza dell'ontico, e dell'impossibilità in cui esso si trova dinanzi all'autocoscienza di scovarvi dati analitici che non coinvolgano o non coincidano col tutto; non intendo affatto scavalcare queste difficoltà con il semplicismo: a) o di ridurre tutto l'ontico a pensiero e quindi di identificare ontità con pensiero, il che consentirebbe di fare del pensiero la classe di tutti i reali e di ridurlo, in sé, alla ragione suprema di tutte le classi la quale sarebbe oppur no lecito articolare in rappresentazioni denotanti delle quali, data la loro natura di attributi primi, sarebbe illecita un'analisi e tra le quali dovrebbe stare per prima l'autocoscienza - questo modo di guardare all'ontico è quanto mai insoddisfacente, perché se ha il diritto di porre a ragione delle variazioni quantitative degli ontici che son pensati fenomenici e sensoriali il pensiero stesso o uno dei suoi modi di essere, quando deve darsi la ragione delle variazioni quantitative degli ontici che son pensati intelligibili, ossia del fatto che si danno dialettiche che confrontate con altre rivelano un numero maggiore degli spostamenti d'attenzione in forza dell'aumento del numero degli estremi rapportati, la negazione della pretesa di tali ontici ad essere quel che sono, ossia degli ontici che vengon separati dai fenomenici per gli attributi di intelligibilità di cui questi son privi, non basta ad elidere dall'ontità ossia dal pensiero la loro esistenza assieme a tutti i loro modi ontici, tra cui è quello di pretendere di avere una serie di modi che non hanno, e neppure elide la distinzione, or ora detta, fra dialettiche meno ricche e dialettiche più ricche, con la conseguenza che, poiché le seconde non hnno il diritto né di essere giudicate dei semplici sovraggiunti alle prime né di essere ricondotte a una facoltà speciale che sarebbe essenziale al pensiero di far pullulare intelligibili così come l'altra fa pullulare fenomeni, e tale diritto non hanno in quanto la loro ontità era data, sia pure per presunzione, necessariamente nell'ontità delle prime, tale modo di guardare l'ontico è costretto ad assumere come ontici degli inconsapevoli, ossia dei non pensati, ad attribuire l'inautocoscienza a tutte le dialettiche che necessariamente immanenti in quelle autocoscienti non sono in simultaneità assoluta e quindi dotate di autocoscienza con le prime, e a compiere l'identità assiomatica di pensiero e di ontico; che, se si pretende di superare la contraddizione,
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