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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 229 (220 F1/2)] dell'autocoscienza, assumendosi tuttavia il carico di offrire ragioni vere e valide formalmente e materialmente qualora tale attributo tratti come un non essenziale o un non univoco la cui presenza o assenza non priva un fenomeno della sua appartenenza alla classe della psichicità, e non è tenuta a cercare la ragion sufficiente dell'ontità e del modo ontico dell'autocoscienza; ma un tentativo di analizzare completamente gli ontici autocoscienti e di offrire una descrizione, oltre le leggi, dell'intelligibilità totale di ciò che è autocosciente, fallisce se l'analisi è limitata all'autocoscienza come nota particolare di certi ontici e alla comprensione materiale e formale di questi -; mi sono ben presenti una buona parte delle nozioni che necessariamente si danno quando l'attenzione si concentra sul dato dell'autocoscienza: a) che non è lecito ridurre a una classe di omogenei tutti gli ontici che hanno l'autocoscienza fra i loro attributi senza al tempo stesso fondare tale classe su di una unità che non è dalla ragione della classificazione come per le altre classi, e neppure si limita al fatto di essere autocosciente di sé (cioè di avere la liceità di ripetersi in un ontico autocosciente che è equivalente a ciò che ripete ma che in più rileva in sé con altrettanti atti di concentrazione attentiva le sue denotanti di essere un'unità, di aver autocoscienza -checché questo sia veramente -, di essere l'unificazione di ontici aventi ciascuno la stessa autocoscienza e unificantisi l'un l'altro in grazia dell'autocoscienza dello spostamento d'attenzione dall'uno all'altro, di porre la liceità di tutti i modi ontici comunque correlati all'autocoscienza per sé e per i suoi conclassari in forza proprio dell'autocoscienza propria e di questi), perché fare della natura di quest'unità qualcosa di diverso dall'unità di qualsiasi altra classe solo per l'autocoscienza che le è essenziale come vuole John Stuart Mill, significa eliderne come inessenziali tutti gli altri attributi di cui la dotiamo quando la poniamo come ontico autocosciente senza legittimare l'elisione; e infatti l'unità della classe è denotata o ha la pretesa di essere denotata come un ontico che è in sé e da sé o che di fatto sente se stesso come in sé e da sé, anche se di diritto è in altro e da altro, come un ontico dotato dell'attitudine a certe operazioni che per attuarsi avranno bisogno di ontici altri da render propria materia, ma che non si inferiscono da questi se non per la mera materia, come un ontico che rapportando a sé gli ontici della cui classe è ragione e della cui autocoscienza è principio li arricchisce di certe funzioni e di certi attributi, ad esempio quello di riprodurre qualcosa che è diverso e insieme identico ad essi, quello di fare di siffatta riproduzione la condizione sufficiente per mutare lo stato dell'ontico che vien riprodotto secondo modificazioni che non ne alterano per nulla l'ontità, ecc., funzioni ed attributi la ragione della cui verità e validità solo in parte coincide con la materia degli ontici conclassari, così come solo in parte la ragione del loro essere coincide con la loro autocoscienza, dovendosi per il resto andare a cercarla negli attributi di quell'unità, come un ontico infine che è tutto ciò che chiamiamo pensiero o coscienza; b) che l'autocoscienza che è nota di un ontico, se è vero che dà alla materia della sua comprensione la liceità [pag 230 (220 F3/4)] di ripetersi secondo i modi già detti, è altrettanto vero che fa di questa materia una rappresentazione o immagine o conoscenza o nozione o sapere, sotto i quali termini si pone sì la loro funzione di riprodurre simmetricamente qualche ontico altro da essi, autocosciente o inautocosciente, ma si pone anche la necessità loro di entrare in rapporto con un ontico per il quale sono in tale loro funzione, perché il semplice fatto di riprodurre qualcosa d'altro sì che per questo atto si dia all'ontità una simmetria perfetta di due ontici, che si dà anche il caso che non siano neppure differenziabili per la presenza o l'assenza di un'autocoscienza in uno di essi, rende intelligibile quel pensato autocosciente di cui siffatti termini son supposizioni, solo se si accompagna all'altro fatto di assegnare agli ontici riprodotti dall'immagine un'ontità anche per quell'ontico che è il pensiero, sicché la ripetizione o riproduzione ha le sue ragioni in quel rapporto che lega l'ontico chiamato immagine all'ontico chiamato pensiero, rapporto che è funzionale come quello che instaurandosi assegna all'ontico immagine il compito di garantire l'ontità di sé e dei suoi modi ontici all'ontico di cui è immagine sia in sé sia in relazione all'ontico pensiero: qualunque sia la ragione dell'essere, l'origine, le operazioni produttive, la finalità, la natura di siffatto raddoppiamento, è certo che un ontico autocosciente non appena è colto nella sua nota di immagine ossia di conosciuto, non trova nessun altro ontico autocosciente che sia principio o ragione di questa sua natura di atto conoscitivo che sta tutto nella pretesa di essere per così dire il "doppio" di un altro ontico e di fare di questa sua "duplicazione" il principio di un'ontità dell'ontico "doppiato" che non è in sé, ma è per altro, se non la rappresentazione di questo altro, ossia la nozione del pensiero; ora, poiché queste nozioni non hanno il diritto di essere elise pena la parzialità dell'intelligenza dell'autocoscienza, e poiché danno origine alla catena di aporie su cui sopra mi son soffermato, non mi resta che erigere il concetto stesso di pensiero a problema, ossia ad assenza di legittimità della sua esistenza, ad assenza di legittimità delle pretese formali e materiali delle sue denotanti e a ricerca di principi che sian ragione delle due legittimità; in parole povere, è posto il problema dell'esistenza di fatto e ((o??))di diritto di un pensiero come ontico unitario in sé e dei modi che sono attributi di esso in quanto ontico in sé; questa ricerca, di cui senz'altro posso dire che non ha la liceità di partire dall'autocoscienza e dai meri ontici autocoscienti pena l'invischiarsi in circoli viziosi e in aporie, non investe tuttavia il discorso di questo mio lavoro e perciò è dato effettuarla altrove, senza che la questione che qui abbiamo affrontato dell'accidentalità dell'autocoscienza entro la classe di quegli ontici autocoscienti che sono intelligibili per un pensiero umano riceva pregiudizio; abbiamo il diritto di stabilire il rapporto formale che lega la denotante dell'autocoscienza alle altre materiali e formali di un intelligibile non solo non risolvendo il problema dell'esistenza e dei modi di esistenza di un pensiero in genere, ma anche presupponendo che tale esistenza non sia, alla condizione però di trattare il pensiero in generale come una qualsivoglia teoria o dottrina della logica fa
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