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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 201 - 251
    • 225-26
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[pag 248 (225 F4 /226 F1)]

alla condizione di albergare in sé dell'attività e precisamente quella per cui partecipa essenzialmente del suo correlato attivo e quella per la quale non si fa oggetto di modificazioni da parte di questo, se non si mantiene autocosciente e quindi in unità inscindibile con il segno delle modificazioni stesse, il qual modo di guardare all'estremo passivo è principio anche per esso di un processo all'infinito; l'autocoscienza come riflessione del pensiero su di sé, a parte che diviene intelligibile alla condizione che sia presupposta un'ontità del pensiero totale e una particolare modalità di esso a illuminare se stesso in qualche sua zona secondo la visione spazializzata alla Leibniz, a parte cioè che non ha senso se non si distingue un pensiero come ontico inautoconsapevole e un pensiero come ontico autocosciente in rapporto reciproco di tutto a parte, secondo una distinzione che da un lato si fonda sull'accidentalità dell'autocoscienza con la contraddizione di fare di questa un essenziale del pensiero che è al tempo stesso un accidentale e di porla come qualcosa che deve coincidere con il tutto del pensiero del pensiero stesso e insieme come qualcosa che è soggetta a diciamo così graduazioni quantitative, dall'altro deve triplicare le modalità dell'ontità psichica in genere affiancando alla materia del pensiero in quanto inerte, una materia del pensiero che si fa attiva su di sé e un principio di questa attività che non è lecito sia dal pensiero, ma dev'essere da altro che a sua volta non è lecito che sia altro dal pensiero, fa appello ad ontici la cui ontità non si ha il diritto di ammettere se si parte dall'intuizione immediata per autocoscienza di un ontico psichico, ossia dal dato di fatto e di diritto che l'autocoscienza pone da un lato l'ontico psichico dall'altro la liceità che questo sia immediatamente intuito, e che le due posizioni fan tutt'uno fra loro e con la legittima ontità del dato psichico stesso, in quanto deve presupporre una preesistenza dell'ontico psichico all'atto della riflessione che su di esso opera il pensiero e deve fondarsi sulla differenza fra ontico psichico autocosciente e ontico psichico inautocosciente, della cui ontità non si ha il diritto di parlare, almeno partendo dalle ragioni necessarie dell'ontità di uno psichico in generale; che se si vuole che l'atto di riflessione su di sé del pensiero faccia tutt'uno coll'ontità di quel pensiero che si riflette su di sé e di quel pensiero che accoglie la riflessione, sicché verrebbero meno la distinzione fra il tutto riflettente e la parte di questo su cui la riflessione è esercita((ta??)) e insieme la contraddizione di una preesistenza inintelligibile dal((del??)) tutto e di un'autocoscienza essenziale e insieme accidentale al pensiero, delle due l'una o si nega una qualsivoglia diacronia fra pensiero riflettente e pensiero oggetto della riflessione, e in questo caso la distinzione fra i due e la funzione dell'autocoscienza come distinta dal pensiero sfumano diventando l'autocoscienza non un essenza che è altra dall'ontico cui s'accompagna e coincidendo con questo, o ci si ostina a far di questa qualcosa d'altro e di sovraggiunto all'ontico che attraverso essa resta quel che è in sé e in più diventa autocosciente, e allora non si vede come una distinzione diacronica non debba darsi fra l'ontico psichico da per sé e l'ontico psichico autocosciente onde il secondo sia la riflessione su di sé




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