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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 201 - 251
    • 234
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[pag 275 (234 F1 /2)]

del fenomenico per il quale si dia il diritto di predicare a certi rapporti che vi immangono l'intelligibilità, ma dal rapporto in cui il pensiero di condizione umana pone i vari fenomenici intuiti con se stesso: da questo punto di vista il sillogismo a) o è una semplice pretesa in quanto delle due l'una o è dato per questo aggregato fenomenico intuito l'intera rappresentazione del rapporto in cui esso è posto dal pensiero col pensiero stesso, e in tal caso l'identità, sia pur solo pretesa, di questo rapporto con gli altri della stessa forma e materia in cui il pensiero ha posto altri aggregati fenomenici con se stesso, è la ragione della presunta intelligibilità di tutti i gruppi fenomenici posti in siffatto rapporto e non è lecito sostituirvi identità di porzioni dei tutti identificati prima, col che si ritrova alle posizioni di Platone o di Aristotele, sicché saranno date equazioni di dialettiche i cui termini dialettizzati sono perfettamente sostituibili l'un l'altro rispetto alla loro equazionabilità o equivalenza reciproca posta da qualcosa che è in più ed è altro dalla omologia della funzione che ciascuno ha rispetto all'altro e saranno escluse equazioni di spostamenti dialettici che siano per la sostituibilità dei termini dialettizzati in forza dell'omologia funzionale di ciascuno e non dell'identificabilità loro inferita da altro da questa omologia, o sono date al pensiero simultaneamente l'identità di una serie di rapporti in cui più aggregati fenomenici son posti col pensiero ad opera del pensiero stesso e insieme l'identità di una seconda serie di rapporti in cui il pensiero ha posto con se stesso, ma in riferimento a componenti degli aggregati altre da quelle di cui il precedente rapporto teneva conto, una molteplicità di aggregati fenomenici dai quali sono esclusi uno o più dei precedenti, e in questo caso non c'è diritto del pensiero di includere nella serie identica dei secondi rapporti gli aggregati fenomenici che vi sono assenti in forza della loro appartenenza all'altra serie, in quanto l'identità di qualsivoglia serie di rapporti è posta dalla permanenza di un estremo invariabile che è il pensiero e dall'immanenza in ogni aggregato che è estremo variabile della serie di una o più intuizioni che entrano con l'estremo invariabile nello stesso rapporto in cui con esso entrano l'una o più intuizioni omologhe degli altri aggregati e l'assenza di questa o queste intuizioni è ragione di un'assenza dell'aggregato dalla serie degli aggregati fenomenici che son conclassati per l'identità del loro rapporto col pensiero, b)oppure si pretende che sia qualcosa di più di una semplice pretesa perché si attribuisce ad alcune serie di rapporti, che sono identici per l'identità in cui ciascun membro seriale che è un aggregato fenomenico è posto nei confronti col pensiero, il modo ontico di essere comprensivo di altre serie di aggregati fenomenici identici e di rapporti identici per lo stesso motivo sicché pensando l'una si deve pensare l'altra e pensando ogni rapporto di un suo membro seriale col pensiero si debbono simultaneamente pensare gli altri rapporti con cui esso entra col pensiero, ma allora delle due l'una o l'identità di una serie di rapporti identici ha a sua ragione qualcosa d'altro dall'identità del semplice atto con cui il pensiero riporta a sé certi componenti di ciascun suo aggregato, qualcosa d'altro che non è se non nell'aggregato stesso,


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[pag 276 (234 F3/4)]

e con ciò si contraddice al presupposto, che equaziona l'intelligibilità con il permanere invariato del modo di più rapporti posti dal pensiero, o un aggregato fenomenico che è fatto membro di una siffatta serie è tale per qualcosa che è più ed altro del semplice fatto che il pensiero lo ha assunto arbitrariamente come un'unità ((sulla mera ragione??)) della giustapposizione di certe sue intuizioni variabili a piacere a quelle sue intuizioni che sono invariabili per il rapporto in cui si pongono col pensiero stesso e per l'identità di questo rapporto con altri rapporti che sono identici per l'unicità di fatto e di diritto di quell'estremo che è il pensiero e per la pretesa che il pensiero ha di ricondurre l'estremo dato dalle intuizioni a se stesso nello stesso modo con cui ne ha ricondotte altre, con la conseguenza che l'unità dell'aggregato è dall'aggregato stesso le cui intuizioni componenti non sono arbitrariamente articolabili in qualsivoglia altra unità, e anche in questo caso si contraddice alla presupposizione che vuole che se qualcosa di inarbitrario e di immutabile si dà nell'ontico autocosciente questo sia dal pensiero e per il pensiero ossia nelle diciamo così dialettiche che si sovrimpongono o si sovraggiungono al mero fatto dell'immediatezza del complesso intero di intuizioni date simultaneamente e che sono oppur no tali da porsi come immutabili o da trattarsi come tali da altre dialettiche, e mai dalla e per la totalità delle intuizioni che di immutabile non hanno se non il modo ontico in cui si danno ma solo nel momento in cui si danno con autocoscienza e la simultaneità con cui si danno nella loro totalità ma solo nel momento in cui tale simultaneità conserva l'autocoscienza; non intendiamo qui rilevare se non per brevi accenni che questa dottrina della logica, che è il tentativo di John Stuart Mill di offrire ragioni sufficienti esaustive a tutte le operazioni dialettiche di un'autocoscienza di condizione umana e a tutte le loro pretese quando sia presupposto con estremo rigore un empirismo, in realtà non adegua affatto quella sua puntuale descrizione dei fenomeni autocoscienti, come sono in sé e per sé e non come pretendono di essere, alla quale pretende e che, una volta resasi conto di questa sua inadeguatezza la supera con un buon numero di contraddizioni che sono altrettante aporie - in primo luogo, per identità di una serie di rapporti essa non ha il diritto di intendere la ripetizione del riferimento a sé operato dal pensiero di più nuclei o intuiti che son porzioni di aggregati intuiti unificati e unificabili ad arbitrio, ripetizione che data l'identità dell'operante e del modo con cui esso attua la rapportazione a sé si pone come serie di identici, ma ha il diritto soltanto di affermare ontica per autocoscienza la successione di dialettiche, che son spostamenti d'attenzione, le quali si danno sia fra questo o questi intuiti di questo aggregato fenomeno, sia pure di unità esclusa da una ragion sufficiente e quindi per dir così arbitraria o di fatto e non di diritto, e altro o altri intuiti dello stesso aggregato sia fra intuiti di altri aggregati e che una volta datesi come ontiche per autocoscienza, entrano a loro volta come termini di una dialettica autocosciente che, essendo spostamento d'attenzione dall'una all'altra e quindi abbinandole in coppie correlate, stabilisce un'equazione, per questa o quella ragione che si voglia o si avanzi,


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[pag 277 (234 F4)]

fra gli estremi di ciascuna coppia e quindi fra tutte le dialettiche per dir così di primo grado, in quanto parlare di ripetizione di certe correlazioni o successioni di intuiti che son porzioni di aggregati fenomenici diversi o, se si vuol esser ancor più precisi, che si danno in simultaneità intuitive differenti, null'altro significa che siffatta successione, acronica o diacronica che sia di dialettiche autocoscienti limitanti il loro gioco attentivo a degli intuiti in quanto tali; ora, il fatto che si è partiti come da presupposto che lo stato originario autocosciente sia una simultaneità di intuiti autocoscienti sensoriali e fenomenici unicamente correlati dalla loro giustapposizione che poi non è che simultaneità delle rispettive autocoscienze e insieme una successione diacronica di siffatte simultaneità entro le quali si dà di fatto che la giustapposizione fra due o più intuiti sia tale che uno o alcuni di essi rimangono coi modi ontici della prima giustapposizione mentre altri cambiano di modo ontico e insieme ancora una serie diacronica di siffatte successioni lungo la quale in varie delle coppie costituite da una delle giustapposizioni antecedenti e da quella immediatamente successiva si ripetono la conservazione dei modi ontici di quegli intuiti che già si era data nella prima coppia di giustapposizioni in successione e il mutamento dei modi ontici di quegli intuiti che eran cambiati nella successione della seconda giustapposizione della prima coppia alla prima, non riuscirebbe né a dotare queste permanenze e questi mutamenti nelle successive giustapposizioni di un'autocoscienza che è confronto fra le giustapposizioni succedentisi e quindi rapporto dialettico fra esso in quanto spostamento d'attenzione dall'antecedente alla successiva e dalla successiva all'antecedente e così via per tutta la serie delle successioni, né a restringere per dir così la dialettica autocosciente dalla totalità delle intuizioni che si danno nelle giustapposizioni succedentisi al binomio del o degli intuiti permanenti con quello o quegli intuiti mutanti né a dialettizzare autocoscientemente le dialettiche autocoscienti soggette a questa restrizione in modo da rendere autocosciente la loro ripetizione, ossia la loro identità, se non si facesse intervenire contro il presupposto stesso un nuovo ontico autocosciente, eterogeneo da quelli unicamente ammessi prima nello stato autocosciente originario, il pensiero alla cui essenza, perché qui di essenza si deve parlare, di concentrazione attentiva su ontici autocoscienti altri da essa o, qualora sia essa stessa ciò su cui si concentra, trattati come altri da essa, e di spostamento di essa da ontici autocoscienti altri o trattati come altri da essa ad ontici autocoscienti altri o trattati come altri da essa è dovuto il confronto delle giustapposizioni successive, la restrizione del confronto a porzioni di queste, il confronto e identificazione dei confronti con restrizione, con la conseguenza che alle giustapposizioni di intuizioni, che in sé non hanno altri modi ontici che siano da esse e per esse se non la successione e una permanenza e mutamento di intuiti componenti di cui non è ragione sufficiente alcuna, non è attribuibile di diritto nessuna dialettica autocosciente né alcuna dialettica autocosciente di dialettiche autocoscienti, e tutte queste dialettiche insieme ai modi ontici che son loro materia non sono affatto fra giustapposizione di intuiti


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[pag 278 (234 F1 /2)]

autocoscienti e giustapposizione successiva di intuiti autocoscienti né fra una porzione della prima e una porzione della seconda, ma sono solo fra le due coppie o di giustapposizioni o di porzioni e il pensiero che, instaurando lo spostamento d'attenzione fra sé e uno dei membri della coppia e sé ((e??)) l'altro membro, e ponendo in simultaneità i due spostamenti fa di questa instaurazione il principio dello spostamento d'attenzione fra i membri della coppia e ripetendo siffatti fenomenici ontici si fa principi((o)) di molti spostamenti d'attenzione fra coppie di confronti ristretti, ciascun membro delle quali, una volta ricollegato direttamente per spostamento d'attenzione immediato al pensiero e indirettamente all'altro membro correlato indirettamente per uno spostamento d'attenzione del pensiero che è mediato dal primo, fonda la liceità di una identificazione con quest'altro membro e quindi di quell'ontico autocosciente che chiamiamo ripetizione di rapporti dialettici; evidentemente tutto ciò si fonda sulla contraddizione o surrezione di sostituire a una presupposizione più povera una presupposizione più ricca, contraddizione che sarebbe interessante stabilire se frutto di una surrettizia e non necessaria introduzione di quel fattore aggiunto che è il pensiero la cui presupposizione è ragione sufficiente ma non necessaria per legittimare le dialettiche suddette, o se piuttosto non sia una condizione apodittica posta dall'insufficienza dell'inferenza di tali dialettiche dal presupposto più povero, nel qual caso l'aporia non sarebbe nella surrezione o contraddizione, ma nel presupposto che si pretende sia l'unico legittimamente originario e assiomatico; ma i fenomeni che sono ontici autocoscienti non limitano la loro qualità alla successione delle giustapposizioni di intuiti autocoscienti, alle dialettiche autocoscienti fra porzioni di coppie di queste giustapposizioni in immediata successione, alle dialettiche autocoscienti fra queste dialettiche autocoscienti, ma comprendono, a) sia giudizi universali affermativi in generale che sono dialettiche equivalenti alle dialettiche autocoscienti fra le porzioni, la cui equivalenza sta nell'identità del rapporto che esse seguono come falsariga e insieme generano come ontico autocosciente, e nell'eterogeneità degli attributi che son predicati al rapporto stesso e ai rapportati da questo secondo che rapporto e rapportati siano in funzione della dialettica che è a livello dell'intuito autocosciente, nel qual caso gli attributi son quelli dell'inintelligibilità in generale, checchè si voglia poi intendere per questa, o secondo che rapporto e rapportati siano in funzione della dialettica con cui il giudizio universale affermativo coincide, nel qual caso gli attributi son quelli dell'intelligibilità, checchè poi si pretenda intendere per questa, b) sia giudizi universali affermativi ipotetici i quali si limitano a predicare con attributi di intelligibilità i loro rapporti e i loro rapportati senza distinguersi nella materia e nella forma dai rapporti e dai rapportati a dialettica a livello intuitivo se non per l'inintelligibilità di questi in sé, i quali cioè ripetono puntualmente quel che la dialettica autocosciente segue come falsariga e insieme genera all'autocoscienza come rapporto fra intuiti autocoscienti e in più assumono quel che la dialettica là ha fatto come un intelligibile, c) sia giudizi universali affermativi categorici i quali riprendono

 




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