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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 201 - 251
    • 245
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[pag 310 (245 F1/2)]

degli unificati e in una unificazione per loro rapporti reciproci funzionali; l'assenza o la problematicità nel pensiero dell'intelligibile sostanza e delle sue dialettiche, se da un lato estende l'assenza o la problematicità a tutte queste conseguenze, dall'altro rescinde l'interrelazione reciproca necessaria delle due denotanti e, mentre fa della prima o un illegittimo o un problematico, lascia alla seconda un'ontità incondizionata e insieme la funzione di denotare la forma della seconda classe: l'illiceità della sostituzione di uno dei copredicati al soggetto in un giudizio categorico che ponga in equivalenza gli stessi intelligibili utilizzati da un giudizio categorico precedente e che pretenda di essere in equivalenza con questo, deve allora essere inferita dalla necessità dell'unificazione dei molti copredicati nel primo giudizio e questa necessità deve essere inferita o da sé o dalla necessità dell'unità del soggetto; basta questa sola denotante ad assicurare legittimità alla forma della seconda classe entro la classe dei giudizi categorici definitori in generale; ci si rifiuti quindi di prendere in considerazione la prima denotante, perché o illegittima e impensabile o perché solo problematica, e si assuma solo la seconda, allora delle due l'una: o a soggetto di questi giudizi si pone, sempre problematicamente s'intende, un intelligibile unitario che ha da sé la sua unità, e in questo caso ci si preclude la liceità di inferire dal giudizio una seconda equivalenza che sia fra uno dei copredicati del primo e un predicato di cui è parte il soggetto del primo, in forza dell'impossibilità di dedurre, dalla necessità dell'inferenza dell'unificazione per mera giustapposizione dei copredicati del primo giudizio dalla necessità dell'unità del suo soggetto, la necessità di inferire una rapportazione secondo un rapporto di unificazione per mera giustapposizione, identico al precedente, fra qualitativi identici per la maggior parte, dalla necessità di un'unità differente dalla prima (in un sistema di equivalenza fra un uno e dei molti unificati per una mera giustapposizione necessaria, nel quale sia la necessità dell'unità del primo a fondare la necessità della seconda, è impossibile che tale equivalenza si faccia principio di un'altra equivalenza la quale utilizzi in uno dei membri gli stessi rapporti di unificazione del primo sistema, introduca questi rapporti entro una pluralità in cui il soggetto del primo sistema sostituisce uno degli unificati da questo, e renda equivalente al sostituito, eretto a soggetto, la nuova molteplicità unificata, perché il soggetto del primo sistema dovrebbe mutuare simultaneamente il proprio modo ontico di unità da sé e dall'unità di altro da sé e dovrebbe porsi a principio di unificazione e al tempo stesso a conseguenza di unificazione; d'altra parte nella stessa impossibilità viene a trovarsi un'intelligibilità per quantitativi che pretendesse operare nello stesso modo, inferendo da un'equivalenza fra un quantitativo  uno e dei molti unificati secondo un certo rapporto, un'altra equivalenza fra uno dei molti e i precedenti molti unificati fra loro e unificati al quantitativo uno della prima secondo un identico rapporto); oppure a soggetto dei giudizi si pone un intelligibile la cui unità è la conseguenza necessaria della necessità dell'unificazione di molti, nel qual caso l'impossibilità di discorrere da tale equivalenza a un'altra equivalenza in cui uno dei molti


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pag 311 (245 F3 /4)

inferisca la necessità della sua unità dalla unificazione dei molti precedenti fra loro e con l'uno la necessità della cui unità era prima dedotta, sta tutta nella necessità del rapporto di unificazione, posto come mera giustapposizione, e nella invariabilità di esso nella prima e nella seconda equivalenza, invariabilità per la quale delle due l'una, o l'unitario che è tale dall'unificazione di altri è un intelligibile che è altro dalla mera unificazione di questi, il che non è per l'esclusione o riduzione a problematica della prima denotante, o coincide con siffatta unificazione, e allora l'inferenza della seconda dalla prima equivalenza comporta o l'identità di un uno con molti o l'identità di due molti eterogenei oppure è addirittura un flatus vocis perché pretende di sostituire a un uno di molti un uno in sé; per siffatta denotante, dunque, la forma problematica di questa seconda classe di giudizi categorici definitori si fa altra dalla forma della prima, come quella che si fa principio di illegittimità per qualsiasi deduzione da un giudizio dato in tale forma di giudizi che utilizzino i suoi stessi intelligibili ma in una equivalenza differente e che siano l'un l'altro equivalenti e tutti equivalenti al primo; per tale forma ogni giudizio è destinato a restare immutato e invariabile nella sua struttura materiale, sicché la differenza fondamentale tra le due classi, oltre a quella che dà al soggetto e al predicato dei giudizi della prima la liceità di mutare di funzione e di conservare la materia senza che il rapporto perda di intelligibilità e che nega tale liceità ai giudizi della seconda, sta anche in questo che i membri della prima classe saranno ciascuno una molteplicità di giudizi equivalenti e l'un l'altro sostituibili, mentre i membri della seconda saranno ciascuno un solo giudizio identico a se stesso e sostituibile solo da se stesso;quando la scienza utilizza, di fatto, quel giudizio universale affermativo categorico definitorio che abbiam detto coincidere con quel concetto di corpo che esso pare non riuscire né ad eliminare né a ridurre a un giudizio di equivalenza fra quantitativi variabili funzionali, assegna ontità di diritto alla seconda classe dei giudizi categorici e la fa uscire da quella problematicità in cui fin qui l'abbiamo lasciata: è vero che, in quel giudizio la necessità dell'unità del soggetto è inferita non da sé ma da altro, cioè dall'unificazione dei molti del predicato e con ciò viene esclusa la necessità di un unitario intelligibile che sia tale di per sé indipendentemente dal predicato e la necessità di ciò che ne consegue, e in particolare della sostanza e dell'essenza, è vero che la legittimità del giudizio sta tutta nella necessità dell'unificazione dei molti nel predicato, ma è altrettanto vero che tale unificazione è di qualitativi e che la necessaria unità, che ne scaturisce, del soggetto è anch'essa un qualitativo se non come unità, almeno come modo ontico necessario dei qualitativi che lo costituiscono; donde segue che in tale unità non sono lecite le operazioni dialettiche che son lecite per le equivalenze fra quantitativi, e che tale unità è un intelligibile che s'affianca, con tutti i caratteri del qualitativo e quindi in eterogeneità da ciò che il quantitativo è e consente, agli intelligibili quantitativi, e che, se è vero che la sua intelligibilità non sta già nella immutabile costanza




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