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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 256
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[pag 346 (256 F1 /2)]

accompagnandosi da un lato alla nozione della necessità delle dialettiche di condizione umana di procedere attraverso l'esclusione di denotanti di un altro intelligibile dalla comprensione del definiendo solo quando questo sia un ontico autocosciente meramente problematico e di comprensione zero il quale sia pensato come il contraddittorio assoluto e non relativo dell'intelligibile da cui son tratte le denotanti, ma di sostituire all'esclusione la predicazione categorica di tutte le denotanti del definiendo che sia il contraddittorio relativo e non assoluto di un intelligibile in forza di una sua comprensione autocosciente che è da sé e non da altro, dall'altro alla considerazione che o implicitamente o esplicitamente tutte le definizioni del contingente hanno superato l'insufficienza o inesattezza del negativo mediante il ricorso a una ragione sufficiente dai cui modi ontici sono inferiti i modi di ciascun contingente in quanto tale, ci induce ora a indagare queste ragioni sufficienti, che sono o il pensiero di condizione umana in quanto ontico in sé e non dagli e per gli autocoscienti o un ontico che è principio di altri ontici e che è altro dall'intelligibile: in primo luogo, questi ontici sono posti come dei mutevoli, degli esistenti in modo tale che lo spostamento d'attenzione da questo dei loro modi materiali con autocoscienza a quello deve coincidere con una dialettica che li rapporta in costante inequazione, e che siffatto stato di ineguaglianza fra ciascun loro modo materiale autocosciente e qualsivoglia altro è l'essenza stessa o connotazione necessaria con cui essi debbon venir dialettizzate; in secondo luogo, son dei problematici come quelli che si danno all'autocoscienza nella veste di intelligibili dissimmetrici da un ontico autocosciente intuitivo e immediato e come quelli che entrano nell'autocoscienza((te)) sotto la duplice necessità di addurre una ragion sufficiente per ogni ontico autocosciente e di inferire la materia di quella dalle denotanti costanti e immutate di questo; per questo noi decidiamo qui di ascoltare le obiezioni lecite contro la nostra prima definizione, sembrando che ragioni sufficienti siano apoditticamente date del contingente, o di sostituirgli l'altra che fa del contingente l'ontico autocosciente di cui è lecita una ragion sufficiente la cui autocoscienza è necessariamente problematica, la cui ontità è necessariamente distinta dal contingente e non coincidente con la sua essenza, e la cui modalità è necessariamente la mutevolezza, che assegna al conseguente, come eguale modalità o essenza necessaria, se stessa in quanto mutevolezza; in tal modo evitiamo anche di offendere chi ha visto, come Spinoza, nella contingenza l'impossibilità di inferire la ragione dell'autocoscienza e delle modalità autocoscienti dell'ontico autocosciente dall'autocoscienza e dalle modalità stesse, e la implicita liceità e insieme necessità di inferirle dall'autocoscienza e dalle modalità di altro ontico autocosciente, e di duplicare gli errori della definizione che, così com'era sopra, è negativa e sostituisce alla comprensione del definiendo la dialettica in cui esso si pone o ha la liceità di porsi con altro autocosciente; il contingente è un ontico autocosciente la cui essenza è la mutevolezza e che inferisce la necessità della sua essenza da un ontico autocosciente, sua ragione, che è un problematico altro da esso e traente la sua essenza di necessaria mutevolezza o da sé o da altro;


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[pag 347 (256 F2 /3)]

conviene accennare appena all'impossibilità in cui vengon a trovarsi le dialettiche di condizione umana di accettare la liceità di tale problematica ragione fuori da un qualsivoglia dualismo metafisico che spacchi in due l'universo e sciolga recisamente qualsiasi nesso di dipendenza della ragione del contingente dall'intelligibile e dalle sue ragioni: se infatti si identifica la ragione sufficiente dei contingenti con il pensiero di condizione umana in sé, questo è ininferibile, in quel tanto di mutevole che pur deve avere in sé per trasferirlo a quegli ontici autocoscienti che esso rende contingenti con l'immissione in essi della propria mutevolezza a titolo di essenza, da un principio che sia essenzialmente ed esclusivamente inintelligibile come la natura di Spinoza, e non ha  diritto di ontità autocosciente legittima in un empirismo, sia perché ontici autocoscienti legittimi son per questo solo i dati intuitivi e i loro vincoli associativi, sia pur ininferibili da essi, sia perché in un ontico per essenza mutevole è illegittima l'ontità di ontici permanenti e immutabili quali sono i vincoli associativi il cui peculiare nesso relazionale è nella sua essenza costante e invariato; e così conviene appena accennare all'impossibilità delle nostre dialettiche di accogliere come biffe l'ontico autocosciente della mutevolezza in sé, la quale deve essere dialettica fra almeno due ontici autocoscienti i quali debbono essere identificati in qualcosa perché lo spostamento d'attenzione dall'uno all'altro instauri una dialettica, in un qualcosa che non è lecito sia la mera loro autocoscienza, la quale, tra l'altro, per almeno uno dei due, quello che dall'inautocoscienza è entrato nell'autocoscienza o viceversa, almeno in questi due modi della mutevolezza, è del tutto assente, e simultaneamente debbono essere biffe di una dialettica il cui rapporto è la loro diseguaglianza totale, con la conseguenza che un'essenza di assoluta diseguaglianza tra i due dev'essere esclusa se è necessario che qualcosa di identico, o nella materia o nei rapporti, si dia nei due al fine che essi vengano dialettizzati sia pure sotto il segno della disequazione, e che la dialettica di disequazione dev'essere insieme dialettica di identificazione in qualcosa, riducendosi così la mutevolezza non a un essenza dei due dialettizzati ma a un loro modo che è dell'impossibilità di rimanere identici nella loro totalità e nella loro unità e della necessità di diminuire o aumentare queste di ontici autocoscienti prima rispettivamente presenti o assenti, sicché la mutevolezza di un contingente, conseguenza o ragione che sia, è sempre parziale e mai essenziale e totale, e sempre connessa a una totalità o unità essenzialmente immutabili, e, se pare che questa aporia si rifranga sulla mutevolezza della parte, di fatto l'aporia vien meno quando la parte non sia assolutizzata, ma rapportata, almeno per le dialettiche nostre, alla totalità che permane immutata; ma, a parte questo breve cenno alle difficoltà della nozione di mutevole, su cui si ritornerà altrove, si ammetta la definizione del contingente almeno relativamente o a quelle dottrine che, esclusa una dualità dei principi ontici metafisici, ne fanno una ragion sufficiente per ridurre l'essenza dell'intelligibile a una liceità di invariabilità dei modi peculiari di certe dialettiche o spostamenti d'attenzione e al diritto di entrarvi come biffe che è di certi contingenti


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[pag 348 (256 F2 /3)]

in quanto già fattisi biffe di altre dialettiche non intelligibili autocoscienti o in tutto o in parte, oppure a quelle dottrine che, posta la stessa esclusione e accolti i presupposti di una intelligibilità per l'invariabilità dei rapporti peculiari di certe dialettiche autocoscienti e per l'immanenza inautocosciente di queste stesse dialettiche entro l'autocosciente  fenomeniche, assegnano il diritto di entrare nelle dialettiche autocoscienti come biffe immediate e inalterate o come biffe mediate e modificate a quegli ontici autocoscienti fenomenici, che sono contingenti e che acquisiscono il diritto solo pel medio di ulteriori dialettiche volte ad accertare mediatamente l'immanenza inautocosciente in essi o nelle dialettiche fra essi in quanto fenomenici di dialettiche intelligibili e a erigere la loro verifica  a ragione di tale diritto; che se si ammette questo, si deve anche ammettere che o la contingenza è fondata su un dualismo di principi ontici metafisici o la contingenza ha a sua ragione un pensiero di condizione umana come ontico in sé, il che è appunto quanto fanno gli empirismi, ossia le prime dottrine, o le scienze induttive a intelligibili quantitativi, ossia le seconde dottrine, identificando entrambi i contingenti con le sensazioni; ma la condizione che deve verificarsi onde i sensoriali si faccian biffe di quelle dialettiche che gli empirismi fanno essenza delle dialettiche intelligibili o piuttosto ragione dell'inserirsi nel loro rapporto dei sensoriali a legittimo titolo di biffe, o che le scienze fanno presupposto dell'assunzione dei sensoriali in tale funzione, è l'equivalenza dei sensoriali per una loro certa identità, che per i primi non sarà apodittica né di fatto né di diritto, che per le seconde sarà apodittica almeno come liceità; e allora si deve chiedere se un'identità, sia pure di fatto e priva di apodissi, è lecito che sia dialettizzata con un principio essenzialmente mutevole, se un'identità, la cui apodissi è da presupporsi lecita, sia da accettarsi come conseguenza di un principio pure assolutamente mutevole, se, infine, sia da accettarsi come immanente in ontici autocoscienti essenzialmente mutevoli; per questo dicevamo sopra che la contingenza è da escludersi che alberghi come nozione che sia un ontico autocosciente traente da sé la propria comprensione entro la sfera delle nostre dialettiche ed è da escludersi che sia un intelligibile predicabile di autocoscienti come attributo essenziale, dal momento che non solo sono illegittime una dialettica da una ragione con ad essenza la mutevolezza a un conseguente che deve essere mutevole ed insieme immutabile o di fatto o di diritto o di fatto e di diritto, e una dialettica da un ontico che per essenza è mutevole al fatto o al diritto o al diritto e al fatto di una sua immutabilità, ma diviene impossibile dialettizzare l'intelligibilità autocosciente di certe dialettiche che attuano se stesse secondo tale modo se non di diritto certo di fatto, con dialettiche che in alcun modo sono lecite senza una identità che è immutabilità essenziale dei contingenti; che se questa esclusione della contingenza non è congruente con le condizioni in cui si trovano le dialettiche intelligibili ammesse dalla scienza e con le dialettiche che questa instaura fra le prime e le dialettiche fenomeniche, ossia con le dialettiche dell'induzione e dell'esperimento, si tratta di vedere se quanto ho fin qui detto sulla contingenza e sulla sua impensabilità




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