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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 259
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[pag 356 (259 F 1 /2)]

o si pretende che lo sia di una necessaria universalità dell'intelligibile e di una necessaria particolarità del sensoriale, o il rapporto pensiero-ontico della stessa sensazione, a porre la quale basta l'essenziale intelligibilità che costituisce il primo nel suo generico nesso e in quel che di definiente vi si aggiunge e l'essenziale inintelligibilità autocosciente dell'altra, fa di essi altrettanti termini di un sillogismo ipotetico e con ciò pone il necessario trasferimento dell'ontità, che dev'essere dimostrata come di fatto e quindi fenomenica, dal primo alla seconda ed esclude analoga necessità per tutte quelle denotanti del primo che non siano direttamente ritrovate entro la comprensione della seconda; di qui il diritto di negare che la particolarità sia dialettizzabile con la sensazione, anche se la nozione di particolare riceve una definizione grazie alla sua immanenza in ontici autocoscienti della cui comprensione fa parte in quanto modo della loro materia indipendentemente dall'autocoscienza con cui la materia si dà o dai modi formali che la materia affettano in quanto autocosciente; il concetto di particolare è quindi lecito e legittimo quando ci si rifaccia al modo della materia di certi ontici, a differenza del concetto di contingente la cui legittimità è comunque dubbia, se non da escludersi, ma si pone illecito e illegittimo quando lo si ponga a modo essenziale delle sensazioni in quanto tali; che, se si obietta che la particolarità, al pari del resto della contingenza, deve essere attribuita al sensoriale, una volta che si escluda l'immanenza autocosciente in esso di quel modo che era chiamato sostanza e l'immanenza inautocosciente in esso di intelligibili che siano forme e denotanti intelligibili, fra cui la categoria di sostanza, e che se non si vuole batter la testa contro le aporie di queste immanenze, in particolare contro quelle che insorgono dalle limitazioni che il concetto di rapporto intelligibile in generale e di rapporto causale in particolare ne riceve, si deve pure differenziare non solo il sensibile dall'intelligibile, come già avevan fatto quelli che tali immanenze ammettevano o presupponevano, ma si deve sostituire al molteplice e al diveniente il particolare almeno come ragion sufficiente dell'eterogeneità dei due, sicché la liceità di una definizione di esso e insieme la convertibilità sua con il contingente debbono essere ragioni della liceità di definire il convertibile in modo legittimo e logico, il che deve, è vero, ancor((?)) esser fatto ma è lecito farsi con una certa approfondita analisi, si risponde che è probabile che il concetto di particolare sia nato proprio dall'esclusione delle due immanenze e dalla necessità di farne la ragion sufficiente dell'eterogeneità dall'intelligibile di un sensibile che solo da tali immanenze ritraeva gli attributi del mutevole e del diveniente come fonti della sua eterogeneità dall'altro intelligibile, piuttosto che da una nuova analisi dei modi formali del sensoriale in quanto tale, ma che siffatta necessità lascia intatta l'impossibilità di inferire immediatamente o mediatamente dal sensoriale siffatto modo che gli dovrebbe essere essenziale e con ciò annulla il diritto di predicarglielo, sicché delle due l'una o è lecito che le ragioni dell'eterogeneità  del sensibile dall'intelligibile restino quel che erano, la mutevolezza e il divenire, senza che questi attributi rivelino nessuna dipendenza funzionale da un'intelligibilità di tipo aristotelico,


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[pag 357 (259 F2/3)]

e allora, una volta dimostrato ciò e una volta stabilita l'intelligibilità piena di entrambi, non si vede perché li si debba abbandonare e sostituire, oppure è necessario che siffatti attributi, posti a fondamento dell'eterogeneità del sensibile all'intelligibile, siano per dir così in connessione necessaria con l'intelligibilità aristotelica e con ciò siano sostituiti da altri in connessione necessaria con la nuova intelligibilità, nel qual caso, una volta dimostrate le due necessità, sarà opportuno ricavare gli attributi essenziali del sensoriale non dalla negazione e contraddizione di quelli spettanti o che si pretendono spettanti all'intelligibile, ma da un'analisi stessa del sensoriale in quanto contraddittorio all'intelligibile, e non converrà accettare come essenziale al sensoriale né la particolarità né la contingenza, a meno che non si dimostri errato tutto il mio discorso o a meno che non si riempia i concetti supposti alle due parole della comprensione loro legittimamente spettante; comunque, se il mio discorso non è preda di errore, neppure la particolarità si sottrae al vuoto concettuale che un'analisi sostituisce alla pretesa connotazione del suo concetto, e, con ciò, il fatto che anch'essa sia un concetto-zero, fonda ancor più l'identico modo autocosciente del concetto di contingente, data la convertibilità dei due; infine, se per contingente s'intende l'essenza di ontici autocoscienti che sono e sono necessariamente, ma ritraggono la necessità della loro ontità non dalla loro essenza, ma dalla necessità di un ontico autocosciente totalmente altro da essi, e se che((??)) con la sua ontità pone necessariamente l'ontità dei primi, non è lecito ridurre questo rapporto alla mera causalità fenomenica [[Nota a matita dell'autore: “vedere a questo proposito le antinomie della ragion pura di Kant”]], intesa come conseguenza necessaria dell'ontità autocosciente di un fenomeno dall'ontità autocosciente di un altro a sua volta conseguente necessario dell'ontità autocosciente di un terzo e così via, perché simultaneamente viene introdotta un'identità di essenza fra le biffe della dialettica che rende problematico un principio primo, assegna comunque a questo la funzione di ragion sufficiente necessaria, e, in tutti i casi, esclude dall'universo come autocosciente nella sua totalità quell'ininferibilità dell'ontità dall'essenza che la contingenza pone a presupposto, il che capita a Kant con la sua pretesa di sganciare la categoria di causa dalla categoria di sostanza, dal momento che egli stesso subordina l'ontità autocosciente della prima a quella della seconda, in quanto non solo non gli è lecito porre in rapporto causale ontici che non siano percezioni o concetti di percezioni, ma egli stesso parla della natura come di un aggregato di oggetti o percezioni in rapporto causale, e dal momento che in una percezione sostanziale giocano sempre la loro funzione le sensazioni col loro qualitativo, e capita anche alla scienza, la quale appunto tende sempre a ridurre un rapporto causale a equazione quantitativa e con ciò a identificare l'essenziale qualitativo nella causa e nell'effetto, anche se poi la riduzione dell'intelligibile a un rapporto di quantificati la esime dal portare all'autocoscienza siffatte essenze onde provarne l'identità; siffatta contingenza, se non vuole privarsi di ciò che la costituisce, l'ininferibilità dell'ontità dell'ontico dalla sua essenza, e se insieme vuole conservare la dialettica autocosciente fra questo




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