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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 359 (260 F1/2)] che collegano dialetticamente l'intelligibile((gli intelligibili??)) con tutti gli altri, omogenei per l'intelligibilità e l'autocoscienza, coi quali si dialettizza in rapporti instaurabili entro i dialettizzati una funzione l'uno nei confronti dell'altro, dall'altro sta l'autocoscienza, la quale accoglie la predicazione della contingenza alla condizione che o, essendo posta ad eterogeneo dalla materia essenziale all'intelligibile, riduca la propria materia alla liceità di una ripetizione dell'intelligibile o nelle dialettiche in cui si è dato la prima volta che si è accompagnato all'autocoscienza, o in dialettiche altre da queste, o alla liceità di qualcosa d'altro, oppure, essendo posta a omogeneo alla materia essenziale all' intelligibile, assuma come propria materia la liceità di un'inserzione dell'intelligibile come biffa entro una dialettica indipendentemente dalla necessità della dialettica stessa in sé e quindi di una distinzione fra la dialettica in sé, che sarebbe apodittica, e la dialettica in quanto spostamento d'attenzione, che sarebbe priva di apoditticità; in questo secondo caso, se l'autocoscienza, qui dialettizzata col contingente in generale, è in generale, e deve essere in generale, come quella denotante che nella sua funzione di predicato rileva un modo necessario e universale di una dialettica fra intelligibili e con ciò non riguarda quei modi puri necessari e universali di questa stessa dialettica che, se son questi son di essa in quanto di condizione divina, se son quelli son di essa in quanto di condizione umana, è lecito considerare la sua materia nella condizione divina, ossia in quel modo della dialettica che è di simultaneità assoluta ed ontica tra le biffe che la costituiscono e tra la dialettica e tutte le altre fra tutti gli intelligibili:dovrebbe(ro) quindi in siffatta condizione esser dati spostamenti d'attenzione problematici di simultaneità assoluta diversi, se non contrari, alle dialettiche apodittiche in sé di simultaneità assoluta, e dovrebbe insieme esser data, pel medio dell'autocoscienza stessa, la modalità contingente o problematiche(ca) dei primi e la modalità apodittica delle seconde; ma nella condizione divina sono con ontità ossia con autocoscienza tutte le dialettiche ontiche in sé e insieme è data la simultaneità ontica dell'attenzione posta su ciascuna biffa di una dialettica, dell'attenzione posta sull'altra relazionata alla prima, dell'attenzione posta sul nesso delle due biffe la cui materia è ragione della simultaneità delle due concentrazioni simultanee d'attenzione; e se la terza concentrazione non è che la conseguenza della concentrazione d'attenzione sulla prima biffa simultanea a quella sulla seconda, vi è un rapporto di ragione tale fra le tre per cui l'una è ragione delle altre e viceversa; il che non è circolo vizioso, ma coincidenza assoluta delle tre la quale fa tutt'uno col fatto, in cui appunto consiste la condizione divina, che ogni intelligibile è in questa nello stesso modo in cui è in sé, con la conseguenza che, ammessa una coessenzialità materiale fra l'autocoscienza in quanto gioco d'attenzione, e una dialettica autocosciente, dev'essere data per entrambe un'identica modalità funzionale, l'apoditticità; che, se si pretende differenziare lo spostamento d'attenzione dalla materia della dialettica sulla base di una distinzione fra l'autocoscienza di condizione divina e quella di condizione umana, [pag 360 (260 F2 /3)] la quale a sua volta è ricondotta alle differenze di simultaneità e di quantità, si è tenuti ad escludere dalle due un'intelligibilità unica e a farne due ontici intelligibili eterogenei ed inclassificabili se non sotto una ragione genericissima che escluda da sé lo specifico di entrambe, il che né intende né ha il diritto di fare una dialettica che muova dalla problematica predicazione della contingenza all'autocoscienza; che, se si pretende opporre alla totalità delle dialettiche simultanee, costituente la sfera autocosciente dell'intelligibilità di condizione divina, dalla totalità degli intelligibili simultanei in sé, costituente la sfera dell'intelligibilità inautocosciente, sulla base di una differenza materiale delle due, per la quale alla materia intelligibile della prima tocca un'organizzazione e una struttura che non è della seconda -nel qual caso, come si è detto sopra, la materia di ogni ontico della sfera intelligibile inautocosciente dev'essere una unità assoluta e indivisibile e con ciò irrelata con la materia di qualsiasi altro ontico della stessa sfera - da un lato si svela il presupposto implicito da cui si è mossi per predicare la contingenza all'autocoscienza, dall'altro ci si lascia sfuggire che la differente organizzazione, quella dialettica, dell'intelligibilità autocosciente deve essere apodittica, non ha il diritto di fare di sé qualcosa di altro dall'autocoscienza che c'è o non c'è, bensì non solo deve far tutt'uno con questa che è un altrettanto apodittico, ma trova in questa la propria ragione, e quindi un apodittico, dal momento che essa stessa che ne consegue è di per sé un apodittico; dunque, volete trattare l'autocosciente come un materialmente coessenziale alla dialettica cui si sovraggiunge e come un formalmente o funzionalmente eterogeneo da essa che è apodittica e che non ha nulla che fare con la contingenza del sovraggiunto, e allora dovete rilevare la contraddizione dei due predicati, sicché non vi resta che risalire al primo caso di una contingenza dell'autocoscienza in quanto eterogenea dall'essenza materiale della dialettica e dell'intelligibile; ora, è lecito che l'autocoscienza trovi questa sua eterogeneità o nel fatto che l'intelligibile è ripetibile in questa o in altre dialettiche o nel fatto che l'intelligibile è, attraverso la denotante dell'autocoscienza, in sé e insieme una riproduzione o rappresentazione di se stesso o nel fatto che l'intelligibile si fa, per essa, termine di applicazione di un'attenzione che è principio di una dialettica come spostamento autocosciente di attenzione o nel fatto che l'intelligibile da unico ontico che è in sé si duplica, al sopraggiungere dell'autocoscienza, in un ontico in sé e in un ontico che è altro da esso nonostante i rapporti di parte a tutto o di tutto a parte o di parte a parte che lo legano ad esso o nel fatto che l'intelligibile è e insieme, con l'autocoscienza giustapposta, si arricchisce di una denotante che è ripetizione di esso, ossia che è quel che è e insieme sa di essere e sa di essere quel che è, o in tutti questi modi o alcuni di essi fusi assieme; una ripetizione dell'intelligibile è modalità di un'autocoscienza di condizione umana e quindi non è di un' autocoscienza di condizione divina e quindi in generale; l'ontità di un intelligibile come rappresentazione, a parte il fatto che rimanda all'ontità problematica di un pensiero in sé, è definibile come correlazione simmetrica [pag 361 (260 F4)] ed equivalente o fra l'intelligibile rappresentante e l'intelligibile rappresentato in quanto inautocosciente immanente in una sfera ontica altra da quella degli autocoscienti o in quanto inautocosciente immanente entro la sfera ontica degli stessi autocoscienti, nel qual caso, non essendo i due modi di immanenza distinguibili se non dal punto di vista di una sostanzialità della sfera degli autocoscienti ossia dell'ontità di un pensiero in sé, i due modi di immanenza inautocosciente si equivalgono, o fra l'intelligibile rappresentante e l'intelligibile rappresentato in quanto esso pure autocosciente, con la conseguenza che o si ricade nella nozione dell'autocoscienza come ripetizione o surrettiziamente si tratta il rappresentato, che di diritto e di fatto è un inautocosciente, come un autocosciente, e quindi si attribuisce all'autocosciente uno sdoppiamento che di fatto non è e di diritto non ha la liceità di essere o si pretende che la ripetizione, la cui liceità è posta da un'autocoscienza di condizione umana, sia la voluta riproduzione con autocoscienza di un intelligibile già datosi con autocoscienza ai fini di una contemplazione di ciò che è già stato contemplato e non quel che di fatto e di diritto è, ossia una voluta riproduzione con autocoscienza di un intelligibile già autocosciente, ma ai fini o di porlo a biffa di una dialettica altra dalla precedente o di disarticolare ulteriormente la dialettica precedente; un'eterogeneità poi dell'autocoscienza che consiste nell'attribuzione da parte dell'autocoscienza all'intelligibile del nuovo ruolo di termine di applicazione di un'attenzione che avvii a una dialettica essa pure autocosciente, in questo senso, e con a biffa l'intelligibile, a parte che ripropone a suo presupposto l'ontità poblematica di un pensiero in sé una delle cui note essenziali sarebbe quella dell'attenzione, ignora le condizioni complete sotto cui deve darsi un intelligibile autocosciente per farsi oggetto di un'attenzione avviante a una siffatta dialettica, e non tien conto né di questo che la concentrazione dell'attenzione sull'intelligibile non s'accontenta del fatto che all'intelligibile s'accompagni l'autocoscienza, perché richiede che l'intelligibile si dia o disarticolato o disarticolabile in denotanti da correlarsi dialetticamente o tra loro o con denotanti di altri intelligibili, sicché si pone la questione se sia lecito distinguere due fasi di elaborazione dell'intelligibile, una antecedente in cui l'intelligibile con la sua comprensione materiale e formale, o unitaria e sintetica o già disarticolata ma limitatamente a quelle denotanti che si son fatte biffe di dialettiche altre da quella che attende il via dalla concentrazione d'attenzione, si arricchisce della denotante nuova dell'autocoscienza e con questa si offre alle operazioni dell'attenzione, e una successiva in cui l'attenzione disarticola quanto di sintetico si dà nell'intelligibile e spostandosi dalle denotanti così disarticolate ad altre pone una nuova dialettica, oppure se non si debba riconoscere che l'attenzione ha la liceità di operare in siffatto modo appunto perché la disarticolazione è già un ontico grazie appunto all'autocoscienza che è nota dell'intelligibile e insieme fa tutt'uno con la modalità disarticolata e analitica dell'intelligibile fattosi per questa stessa sua nuova modalità termine di una sua applicazione, con la conseguenza che, se non è dato identificare l'attenzione
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