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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 266
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[pag 378 (266 F1 /2)]

le prove di Zenone, delle quali qui non si ha né la pretesa né l'opportunità di definirne l'essenza o di darne una interpretazione, muovono da un presupposto, o postulato o assioma, che il rapporto fra l'intelligibile che è per le dialettiche di condizione umana e l'intelligibile che è in sé, sia poi oppur no autocosciente, sia di un'equivalenza che è altra da quella che finora abbiamo attribuito come pretesa della ragione con il giusto diritto non di escludere che essa sia la sola delle equivalenze secondo cui i due intelligibili sono dialettizzati, ma di stabilire che essa è quella delle equivalenze sotto il punto di vista della quale noi accettiamo una certa validità delle dialettiche di condizione umana; ora l'equivalenza di Zenone è un'identità o identificazione dei due intelligibili la quale è, per dir così, viziata, e quindi ridotta ad equivalenza, per la differenza delle due rispettive denotanti, quella di essere per dialettiche di condizione umana che è dell'un intelligibile, quella di essere in sé che è dell'altro intelligibile; dal presupposto calano varie inferenze, che l'autocosciente di condizione umana, il movimento, in quanto ontico circoscritto e geometrizzato in sé, acquisti la legittimità di intelligibile alla condizione che il suo simmetrico, che è il movimento, in quanto autocosciente intuito entro una sfera sensoriale e come momento di questa, entri in dialettiche autocoscienti intelligibili, che la sfera delle dialettiche abbia la liceità di operare sul movimento fenomenico la stessa disarticolazione che è lecita su un intelligibile appunto perché dall' intelligibilità del moto fenomenico, assunto come intelligibile problematico, deve derivare la legittimità del corrispondente intelligibile per dialettiche di condizione umana con la conseguenza che tutto ciò che è valido e lecito per questo secondo deve essere altrettanto valido e lecito per l'altro, che la stessa sfera abbia il diritto di assumere sia le disarticolazioni dell'unitario moto sia le disarticolazioni di tutti i restanti giustapposti fenomenici che si legano con un qualsivoglia rapporto apodittico con il fenomenico centro d'attenzione come altrettanti pretendenti intelligibili che debbono sottoporre le loro pretese al vaglio delle condizioni generali di intelligibilità, infine che sia lecito alle stesse dialettiche trascorrere o per meglio dire saltare con tutta tranquillità dalla disarticolazione del fenomenico o delle sue immagini in quanto fenomeniche alla disarticolazione del fenomenico o delle sue immagini in quanto trattate come intelligibili, il che è quanto appunto fa Zenone quando scinde il movimento nelle sue denotanti di modo di un mobile, di spostamento da una linea di partenza, di stasi in un traguardo, di superamento degli intermedi fra la linea di partenza e il traguardo, di raggiungimento di un altro mobile, ecc.quando scompone le concomitanti fenomeniche, assunte come necessarie, del movimento e divide l'unità spazio-temporale e l'unità superiore che vincola questo uno, spazio-tempo, alla denotante della velocità propria del moto, quando fonda l'antinomia del movimento e quindi la sua inintelligibilità non già sulla scomposizione e disarticolazione di ciò che ha scomposto, ma sulla scomposizione e disarticolazione dello spazio-tempo-velocità assunti come intelligibili in quanto variabili funzionali dell' equazione S = V T e non già sulla contradditorietà del moto come fenomeno ma sulla contradditorietà che separa questo,


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[pag 379 (266 F2 /3)]

questo avviene alle sue condizioni che sono lo spazio fenomenico in cui si dà, il tempo concreto- non si allude qui alla durata di Bergson, ma solo alla durata di questo movimento qui che vedo- che si svolge, per dir così, via via che il movimento si dà, la velocità effettiva che intuitivamente è qualcosa d'altro dalla determinazione qualitativa della sua quantità indeterminata a livello intuitivo, dalle biffe autocoscienti quali si danno nelle dialettiche intelligibili costruite, sulla base di S = V T, in simmetria col movimento fenomenico: nella dicotomia, il movimento è assurdo perché il moto in quanto denotante necessaria di un mobile deve provocare il superamento della traiettoria da parte del mobile e insieme non ha la liceità di provocarlo: ma, il superamento della traiettoria è dato fenomenico che delle due l'una o è assunto come intelligibile, nel qual caso il moto dev'essere in rapportazione necessaria con modalità delle concomitanti fenomeniche, spazio tempo velocità, che siano tali da rendere lecito e costantemente e uniformemente il superamento, o è assunto come un dato intuitivo di intelligibilità problematica e da dimostrarsi, e allora, se a principi della necessità o intelligibilità di esso si assumono queste o quelle modalità delle concomitanti condizionanti, si deciderà se attribuirgli intelligibilità o escluderlo dall'intelligibilità; ma Zenone non opera così: assume il superamento come una denotante intelligibile del moto indipendentemente dalle modalità dell'unità spazio-tempo-velocità che sono o ragioni o condizioni della legittimità di tale intelligibilità, va a cercare queste ragioni in certe modalità o, se si vuole, in una delle due modalità sotto il cui punto di vista viene disarticolata l'unità spazio-tempo-velocità nelle sue denotanti, e, poiché per questa modalità lo spazio-tempo-velocità assume una modalità tale da rendere illegittima e impensabile la denotante del superamento della traiettoria propria del movimento, giustappone la necessità e legittimità del superamento all'impossibilità e impensabilità del superamento come due denotanti connotanti simultaneamente e sotto lo stesso punto di vista un unico ontico autocosciente che si fa contraddittorio e inintelligibile; ora, dal punto di vista del suo presupposto Zenone ha tutto il diritto di agire così, in quanto, posta la sua equivalenza tra l'ontico autocosciente di intelligibilità problematica e l'ontico autocosciente di intelligibilità da verificarsi, e stabilita la perfetta identità dei due tranne che nell'essere il primo un problematico segno di un problematico intelligibile in sé e nell'essere il secondo un problematico intelligibile per dialettiche di condizione umana, l'intelligibilità di quello deve consentire l'indifferente trapasso delle dialettiche da esso al suo simmetrico e viceversa e addirittura la sua unificazione col suo simmetrico quasi fossero una sola cosa, mentre l'inintelligibilità del medesimo non solo deve consentire lo stesso trapasso al simmetrico ma deve anche porsi come ragione dell'inintelligibilità o, se si vuole, inesistenza del suo simmetrico; e non si pensi che nel presupposto di Zenone ci sia il concetto di un apriorismo degli intelligibili perché la sua dialettica accoglie come intelligibile problematico quella denotante del moto come ontico autocosciente intuitivo e fenomenico che è il superamento della traiettoria nella dicotomia o il raggiungimento del mobile meno veloce da parte del più veloce nell'Achille;


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[pag 380 (266 F3 /4)]

 e quando Bergson risolve i due argomenti facendone il frutto della deformazione che la durata reale patisce facendosi termine della geometrizzazione che le dialettiche intelligibili operano negli ontici autocoscienti per farli loro biffe, non si rende conto di accettare lo stesso presupposto con gli stessi concetti che lo costituiscono, perché a lato della rottura dell'unità della traiettoria e del movimento in punti o in estremità di segmenti e in stasi del mobile in queste estremità, punti e stasi che divengono gli intelligibili biffe delle dialettiche egli deve pure porre la traslazione del mobile dal punto di partenza al traguardo che è dato intuitivo assunto come intelligibile al di là di ogni geometrizzazione, ossia deve pure consentire che la ragione avrebbe il diritto di spostare le sue dialettiche dagli intelligibili problematici da dimostrarsi apoditti((ci)) agli intelligibili problematici in quanto fenomenici intuiti o, il che è poi lo stesso, di unificare i due in un unico autocosciente entro cui le dialettiche sono equipollenti; ma l'equivalenza che la sfera delle dialettiche assume tra un complesso di dialettiche unificatrici e l'unità dell'intelligibile in sé come rapporto asintotico fra un autocosciente e un altro, è anche lecito che sia altra da quella para-identità da cui parte Zenone; essa ha il diritto di essere quell'unificazione in via di costante aumento qualitativo e quantitativo che tende ad adeguare l'unità dell'ontico in sé: e in questo caso la pretesa di ritrovare l'intelligibilità del movimento deve prendere corpo in una presa di contatto diretta e costante con l'ontico in sé o con quell'intuito autocosciente che è assunto o come ontico in sé o come segno dell'ontico in sé, in quanto sensoriale con tutti i caratteri formali della sensorialità e con l'immanenza inautocoscienza dell'intelligibile, con la conseguenza che l'unità che essa deve tradurre nella sua unificazione è il dato di un movimento che è nota o attributo o momento o porzione di un mobile che supera una traiettoria, dato le cui denotanti e le cui condizionanti, spazio tempo velocità, con le loro denotanti debbono essere materialmente connotate in modo da godere degli attributi dell'intelligibilità e insieme in modo da dialettizzarsi in un'unificazione il cui contenuto materiale resti il superamento della traiettoria da parte del mobile; qualcosa di simile la ragione è tenuta a fare e fa nei confronti di quella contraddizione per successione che è stata uno dei drammi di Parmenide e di Hegel; in conclusione, l'attacco alla ragione perché geometrizza è infondato se mira a negare alla ragione la traduzione in sé di ogni unità e insieme a privarla della liceità di operare una tale traduzione, giacché non introduce nelle dialettiche con cui intende prendere autocoscienza delle dialettiche in generale della ragione quel che di fatto queste contengono e precisamente il costante sforzo delle dialettiche intelligibili di accogliere come biffe quei dati autocoscienti che siano simmetrici dell'unità e semplicità di un intelligibile in sé, è invece legittimo quando rileva che l'ontico patisce sempre una certa deformazione quando sale al livello delle dialettiche intelligibili, deformazione che però è sempre compensata da strattagemmi che riparano all'inequivalenza assoluta che dalla geometrizzazione proverrebbe al rapporto fra l'intelligibile di condizione umana e l'intelligibile in sé;




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