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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 406 (274 F4 / 275 F1)] ma è qualcosa d'altro, o gli afferrati dalle due morse estreme sono delle materie irriducibili a forme e prive di intelligibilità e di ragion sufficiente per sé come materie afferrate dalla sua morsa e per il rapporto come unificante i due affermati, e l'intelligibilità ha a solo suo principio il rapporto, nel qual caso o questa relazione di principio a conseguenza tra la forma e la materia è un ontico autocosciente e quindi un qualsivoglia altro ontico autocosciente che sia la stessa relazione ma con mutamento della forma e del principio gli equivale e gli è sostituibile, come pure è equivalente e sostituibile ad esso un qualsiasi altro autocosciente che sia la stessa relazione fra la stessa forma-principio e un'altra materia, il che, a parte che non è verificato dalla sfera delle dialettiche, ci farebbe vivere in un 'esperienza da Alice nel mondo delle meraviglie e in una classe di scienze, ammesso che fosse lecito chiamarle così, in eterno mutamento, o la stessa relazione è un ontico inautocosciente, come in fondo vogliono Hume e Kant, il quale, data l'eterogeneità della nostra esperienza da un mondo di meraviglie e delle nostre scienze, almeno in parte, da qualcosa di eternamente mutevole, nello stesso istante in cui incastra della materia in una forma senz'altra ragione che questo mero atto deve immobilizzare per dir così la presa delle morse della forma su quella materia, e allora l'ontico autocosciente che corrisponde alla relazione, ritrova nella materia quel tanto di immutabilità, di costanza, di uniformità nel suo ruolo di materia di quella forma, che consente di attribuirle qualcosa dell'intelligibilità e in fondo anche la funzione di ragion sufficiente di materia di quella morsa, oppure, infine, la materia è essa stessa sia un intelligibile sia un ontico che trae dalla sua essenza la ragione di farsi termine della morsa estrema del rapporto e l'intelligibilità diviene una relazione che risale dalla materia verso il rapporto, nel qual caso materia, intelligibilità della materia, essenza della materia debbono darsi nell'autocoscienza come ontici autocoscienti che son principi di una dialettica che da essi muove al rapporto e da essi trae il diritto di trattare il rapporto come una loro conseguenza, sicché, se è vero che nella sfera delle dialettiche non pare che nessuna dialettica sia tanto ricca di contenuto da originare dialettiche che instaurino un rapporto siffatto tra la materia delle sue biffe e il rapporto della sua forma, neppure quella che s'esercita su di una forma, pare però che nessuna dialettica sia tanto povera di contenuto da non originare dialettiche inette ad instaurare la materia delle sue biffe e il rapporto della sua forma un rapporto che, in qualche modo che pure prescinde dall'ontità autocosciente dell'essenza qualitativa delle materie, muova dalla prima come dal principio dell'intelligibilità e dell'ontità del secondo; d) che, date le denotanti di unità, di unificazione, di intelligibilità di una forma e data la necessità per una dialettica che l'utilizzi come rapporto fra due materie di non prescindere dall'intelligibiltà di queste e di muovere da essa e dai modi ontici cui inerisce come dalla ragione dell' ontità e del modo ontico della forma, le due materie debbon esser trattate come intelligibili e insieme come momenti di un'unità qualitativa di un ontico in sé di cui la forma non fa che riprodurre sotto altro aspetto e conservare nell'autocoscienza il modo unitario,
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