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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 447 (287 F1 /2)] il che non è tollerato dal dato di fatto, o consentire che da due ragioni qualitativamente diverse, le qualità distinte dei punti distinti, scaturisca una ed una sola conseguenza, l'unica traiettoria identica, il che non è concesso dal principio di ragione, ossia dal dato immediato stesso di tutte le dialettiche della seconda classe che vuole che in quel certo rapporto formale che è chiamato di ragione all'unicità dell'effetto corrisponda l'unicità della causa; si applichi la metafora alla dialettica, e si vedrà che quel mobile che è l'attenzione quando si sposta fra due materie, per erigere all'autocoscienza il rapporto dell'una con l'altra che è o da connotazione a connotante o da connotazione alla sua funzione in quanto nota di una connotazione o da connotazione a connotazione in connotazione in quanto cogeneri, è tenuto al suo rapporto come a qualcosa di necessario e rimanda per la necessità di esso alla necessità delle qualità delle due materie, con la conseguenza che se per caso lo stesso spostamento secondo lo stesso rapporto si dà in due momenti diacronici e quindi tra quattro autocoscienti che a due a due costituiscono le materie delle due dialettiche, o ci sono ragioni per identificare l'uno di una coppia dei dialettizzati con un altro dell'altra coppia, ragioni offerte dalla identità in cui un membro almeno di una dialettica deve collegarsi a un membro della dialettica successiva onde le due dialettiche siano in continuità, nel qual caso anche il secondo della prima coppia deve identificarsi con il secondo dell'altra, o ci sono ragioni per eterogeneizzare i primi due, e allora anche gli altri due devono essere eterogeneizzati; una sfera dialettica fonda la sua necessità sull'unicità delle biffe che gli spostamenti d'attenzione toccano; ma questa unicità è dell'intelligibile solo in quanto dialettizzato o dialettica esso stesso; volerne fare un modo immutabile, coessenziale all'essenza qualitativa, dell'intelligibile in sé significa pretendere di identificare l'intelligibilità con la struttura dialettica necessaria; ora, si è detto che l'intelligibilità con dialettica è uno dei modi che l'intelligibile assume, modo che ha ontità solo se si dialettizza con quel modo della semplicità e irrelatezza che è dell'intelligibile uno e in sé; questo, sia pur come concetto problematico, sarà un necessario, tale cioè che la qualità omogenea e indivisibile che lo costituisce trae da sé la coazione ad essere e ad essere quel che è;ma se appunto per siffatta sua struttura esso giace fuori da qualsiasi dialettica che lo faccia biffa necessaria di una forma fondata su una sua disarticolazione, non si vedono le ragioni per cui un siffatto intelligibile dovrebbe anche essere uno ed unico in quanto qualificato da quella sua qualità;è certo che nell'autocoscienza di condizione divina, quale la pone Aristotele, uno ed unico è lo scacchiere degli intelligibili disarticolati, in cui uni ed unici sono i singoli intelligibili correlati dalle istantanee simultanee e acroniche dialettiche, e in cui uni ed unici sono gli intelligibili che si danno in simmetria ed equivalenza con i corrispondenti intelligibili uni ed intuiti come unità a qualificazione semplice e omogenea;ma mentre per gli intelligibili che son biffe della scacchiera l'unicità è un necessario imposto dalla unicità e necessità delle dialettiche che lo utilizzano a biffa, tale necessità non si dà per gli intelligibili intuiti, [pag 448 (287 F3/4)] i quali sono per dir così ripetibili all'infinito senza che nulla della struttura divina patisca qualcosa che la menomi, alla condizione però che ciascuno dei ripetuti permanga nello stesso rapporto con il suo simmetrico dialettizzato; che il Dio aristotelico abbia la liceità o no di fare ciò, qui non conta, perché quel che ci interessa è la ripetibilità degli intelligibili in sé, e d'altra parte il Demiurgo platonico li ripete dentro di sé tante volte quante guarda o ripensa al mondo delle idee; dalla necessità della qualità non deriva affatto, per un intelligibile unitario, la necessità della sua unicità;ha ragione l'eleatismo quando dice che un intelligibile dev'essere un uno ed un uno solo, purchè però lo si pigli come biffa di una dialettica, perché se lo piglia in sé fuori da una qualsiasi dialettica, delle due l'una o si nega che esso sia più di uno perché la condizione di questa pluralità è un non- essere, e allora, a parte il fatto che lo si reimmette in una dialettica, si deve concludere che esso è un uno escludente qualsiasi altro ontico intelligibile omo- od eterogeneo, il che finiscono per fare i platonici che fanno degli intelligibili eterogenei dall'uno dei suoi degenerati o impoveriti di essere, o lo si lascia veramente fuori da una dialettica e allora non ci sono ragioni perché si debba dalla sua necessità procedere all'esclusione di una sua pluralità; un'attenzione che si concentri su di un intelligibile uno in sé, o come concetto problematico, se si dà con autocoscienza umana, o come intuito se si dà con autocoscienza divina, non trova entro l'intelligibile nessuna ragione per spostarsi da esso e procedere a una dialettica necessaria; che se per caso i concetti problematici o gli intuiti dell'intelligibile son due identici, è lecita ma non necessaria la dialettica dall'uno all'altro, dialettica che avrà a propria forma necessaria l'identità e non l'unicità, secondo una forma però la cui necessità non promana dall'essenza qualitativa di ciascun intelligibile ma dal modo con cui l'attenzione l'ha colta, e quindi è da altro e non dall'intelligibile, allo stesso modo che un due dev'essere pensato identico a un altro due che gli sia giustapposto per una necessità che non promana né dall'essenza di quello né dall'essenza di questo, ma dalla conformità in cui lo spostamento d'attenzione si pone con la necessità di quel rapporto di identità in generale che si dà all'autocoscienza dondechessia ci sia venuto, nel senso cioè che la necessità di quello spostamento non ha nulla che fare con la necessità di un rapporto da genere a specie che è a parte obiecti e non subiecti: per questo un quarto attributo è dell'intelligibile uno in sé, la liceità della moltiplicazione, attributo costantemente escluso per aver esteso le condizioni dell'intelligibilità dialettizzata all'intelligibilità semplice; e qui è da cercare la chiave del problema degli universali, non in un ricorso a un nominalismo ch in fondo lascia le cose altrettanto problematiche, se non di più che un realismo; l'indagine di questi caratteri formali di un intelligibile uno in sé, in forza delle sue conseguenze, di una certa eterogeneità fra l'ontico che è intelligibile uno e quello che lo è con e per dialettica, della liceità, che non è mai necessità, del primo di darsi con autocoscienza e della necessità, che non è mai liceità, del secondo di esser denotato da autocoscienza, ha ancor più rafforzato l'essenzialità dell'autocoscienza di un intelligibile dialettizzato;
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