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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 449 (287 F4 / 288 F1)] si pone allora la questione di quale differenza mai distingua una sfera di dialettiche di condizione umana dalla sfera di dialettiche di condizione divina, dal momento che l'opposizione di un'autocoscienza accidentale o contingente dell'una a un'autocoscienza essenziale e apodittica dell'altra cade, e l'incompiutezza di quella con la perfezione di questa e la diacronia delle dialettiche di condizione umana con la simultaneità di quelle divine costituiscono piuttosto modi parziali che toccano la quantità o la situazione loro piuttosto che la loro essenza;ora, il confronto fra questa porzione della sfera dialettica umana con la corrispondente divina mostra che qui c'è tanto di dialettica quanto c'è di autocoscienza e che insieme c'è tanto di dialettica quanto c'è di intelligibilità se per questa si deve intendere la totalità delle materie delle forme delle funzioni in cui l'uno dell'intelligibile si disarticola e se per quella s'intende la totalità degli spostamenti d'attenzione che riescono ad unificare tutto ciò e in più la qualità semplice dell'uno, mentre nell'umana se c'è tanto di autocoscienza quanto c'è di dialettica, non altrettanto c'è di intelligibilità quanto c'è di dialettica, in quanto, anche ammesso che tutto ciò che di materia di forma di funzioni c'è in un intelligibile disarticolato venga immesso nella dialettica, mancherà sempre la componente della qualità semplice dell'uno; donde segue che la convertibilità dell'intelligibilità con l'autocoscienza e quindi con la dialettica è la proprietà dell'intelligibile di condizione divina e il segno che lo distingue da quello di condizione umana, in cui i tre sono inconvertibili; una dottrina delle classi, in quanto insiemi, è il risultato dell'intenzione di dare una teoria dell'intelligibilità di condizione umana la quale aderisca a tutti i dati di fatto che son modi di questa e, con ciò, li faccia tutti entrare in sé come proprie componenti, evitando le inadeguatezze delle teorie degli intelligibili, le quali, capovolgendo il rapporto, imponendo ad alcuni di quei dati di entrare come componenti, ad altri di rimanere fuori, e accogliendo a proprie componenti ontici autocoscienti che son tutt'al più dei problematici che non coincidono con nessun dato, mentre arbitrariamente spartiscono la sfera delle dialettiche effettive in zone legittime e in zone illegittime, costringono l'ontità della sfera a deformarsi per entrare nella teoria; per questo, la dottrina delle classi esclude l'immanenza autocoscienza di intelligibili in sé entro gli intuiti fenomenici, indifferente alla questione se questi intelligibili siano quel che di essi fa o Aristotele o Kant o Hume, e, se evita il fondamento gnoseologico come ragione o principio del diritto delle dialettiche intelligibili in quanto per tale diritto è sufficiente la loro stessa ontità, fornisce il criterio veramente futile di assegnare a una teoria degli intelligibili o delle dialettiche il compito di rifarsi al suo oggetto per quel che esso è o si dà intuitivamente senza immettervi ontici che non vi sono intuiti e che tutt'al più sono la risultante della soluzione di questioni che nessuna teoria della logica pone fin che si attiene a quel criterio e che tutte le teorie si sobbarcano quando applicano al loro oggetto rapporti, come quello di ragione, al di là dei limiti in cui questo stesso oggetto li verifica; riduce poi i conclassari primi a quel che di fatto sono, a dati sensoriali e a gruppi di dati sensoriali,
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