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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 298
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[pag 484 (298 F2 /3)]

e che per tale sua materia e forma vien dialettificata con l'altra come quella che è ragione della sua autocoscienza e delle sue modalità, la dialettica che pone autocosciente il rapporto necessario di parte a tutto, e quindi di unificazione, intercorrente fra la porzione e qualsivoglia conclassario e che enuclea ossia dota di autocoscienza la materia della dialettica da ragione a conseguenza fra la prima e la seconda dialettica, e, con ciò, si pone a ragione della verità e validità materiale e formale di tale dialettica fra la prima e la seconda dialettica; il che, a guardar bene, costringe non solo ad elevare il numero delle dialettiche che sono l'essenza o meglio il complesso ontico-autocosciente indicato dal nome insieme, da tre a cinque, in quanto una dialettica ulteriore interviene a unificare la prima e la seconda delle tre suddette, e un'ulteriore seconda dialettica unifica la terza delle tre alla prima di queste due sovraggiunte, ma anche ad elevare il numero degli autocoscienti che son biffe di dialettiche da uno, come pretende la dottrina, a due, perché oltre alle biffe che sono autocoscienti trattati come sostituibili e che sono i membri dell'insieme, i quali son pensabili come un autocosciente uno in genere, e precisamente quello che è membro di diritto di una classe-insieme, c'è da tener conto di quell'autocosciente che è sostituibile di fatto e non solo per trattamento e che coincide con la porzione del membro conclassario che si dà identica o sostituibile con quella di un altro a piacere; se si ammette, senza concederlo, che l'intelligibilità stia tutta lì, almeno nella sua essenza elementare, nei modi di quei cinque tipi di dialettiche e di quei due autocoscienti, l'autocoscienza che ad essa si giustappone sarà quella delle cinque dialettiche e dei due ontici in quanto dotati della funzione che loro spetta a seconda che siano biffe di questa o quella fra le cinque dialettiche; ora, con un'evidenza e una dimostrabilità ancora maggiore di quelle consentite da una teoria aristotelica, l'autocoscienza che connota, assieme all'intelligibilità, il complesso unitario delle cinque classi, è essenziale a ciascuna dialettica e al complesso al pari dell'intelligibilità, ed è coessenziale a questa di cui è il reciproco, e nulla depone a favore di un sua accidentalità o contingenza: infatti, se l'intelligibilità di una dottrina delle classi-insiemi è il dato di fatto di uno spostamento d'attenzione da un autocosciente intuito- sensoriale ad un altro intuito- sensoriale e quei suoi conseguenti che sono i dati di fatto di una sostituibilità reciproca dei due dialettificati, sia pur relativamente al punto di vista di una loro porzione soltanto, e di una sostituibilità di ciascuno di essi con uno qualsivoglia di una molteplicità di autocoscienti intuitivo-sensoriali la quale è postulata come problematicamente infinita, nessuna delle modalità ontiche dell'intelligibile aristotelico compare in essa, né l'universalità necessità costanza uniformità unicità immutabilità delle porzioni dialettificate né i rapporti che connettono le denotanti generiche e specifiche alla specie infima o all'autocosciente che funge da specie infima come quello nelle cui connotazioni quelle denotanti immangono né il nesso di ragione a conseguenza che collega l'intelligibile unitario in sé, problematico quanto si voglia, con i suoi simmetrici dialettificati, ad eccezione dell'unica modalità, comune alle due dottrine, di legittima partecipazione o adesione degli autocoscienti dialettificati


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[pag 485 (298 F3 /4)]

alle forme pure di certi spostamenti d'attenzione che in una dottrina aristotelica sono quelle dei rapporti fra connotazioni e denotanti e denotanti e denotanti, mentre in una dottrina degli insiemi sono quelle fra intuito ed intuito in quanto conclassari di un insieme e quelle che o immangono negli spostamenti da conclassario a conclassario o da questi conseguono; e se la dottrina aristotelica ha la liceità di aggiungere a questa adesione di diritto degli autocoscienti dialettificati alle forme dialettiche pure anche una immutabilità dell'adesione una volta che si sia data all'autocoscienza, nel senso che per tale dottrina l'adesione non solo è a parte obiecti ma è anche necessaria di una necessità che coincide con un modo naturale di ciascun dialettificato per il quale questo non solo s'incastra, per così dire, nella forma ma ha in sé stesso la forma con la sua universalità e necessità, sicché l'immissione dei dialettificati nelle forme pure è da un lato il trasferimento di tutto ciò che è delle forme ai dialettificati e dall'altro il riscontro entro i dialettificati di tutto ciò che è delle forme, mentre per una dottrina degli insiemi negli autocoscienti dialettificati non si dà nulla che provi la costanza e immutabilità di quella loro adesione alla forma pura e ai suoi modi e, con ciò, non compare nulla dei modi della forma all'infuori della materiale sostituibilità che nella forma è fra due variabili a piacere ed è universale e necessaria mentre nei dialettificati e fra loro due in quanto invarianti nell'atto in cui si dialettificano ma((??)) non ha né universalità e necessità, sicché l'immissione dei dialettificati nelle forme pure resta sempre un trasferimento di tutto quel che è delle forme ai dialettificati, la presenza o assenza della liceità non fa poi molta differenza fra le due dialettificazioni, in primo luogo perché in entrambe l'intelligibilità, che nell'una è dei giochi da genere a specie e da generico a specifico e nell'altra è in quelli da conclassario a conclassario, da classe a classe e da conclassario di una classe a conclassario di un'altra, una volta data nell'autocoscienza vi resta coi suoi caratteri indipendentemente che questi siano il frutto di una loro calata dalla forma alle biffe o di una coincidenza tra i modi della forma e quelli delle biffe, in secondo luogo perché il fatto che per l'una dottrina ci si debba attendere una ripetizione indefinita dei giochi dialettici entro l'intuito sensoriale mentre per l'altra nulla provi dell'ontità di siffatta ripetizione, non è fattore sufficiente né di conservazione né di cassazione delle dialettiche dell'una e di quelle dell'altra, entrambe le quali una volta datesi con autocoscienza la mantengono anche se nessun dato intuito verrà mai più ad aggiungersi a quelli già intuiti e già dialettificati, in terzo luogo perché se è vero che operativamente la dottrina aristotelica offre garanzie per un comportamento nel futuro al quale sarebbe consentito di strutturarsi in un certo modo in previsione del sicuro darsi all'autocoscienza di certi intuiti quando se ne siano dati certi altri, mentre questa garanzia non offre la dottrina degli insiemi per la quale nessun legame è dato fra gli intuiti tranne quello di sostituibilità e quanti ne conseguono i quali però son solo nel presente e nel passato, è altrettanto vero che, per ciò che riguarda le dialettiche, le loro forme, l'assunzione delle une e delle altre da parte di certi intuiti, la loro prosecuzione all'infinito




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