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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 519 (309 F1 /2)] infatti, esso dovrebbe assicurare la contraddittorietà in sé a ciascuno dei suoi molti qualitativi sulla base di una liceità simultanea ad avere una sola funzione e più funzioni e la contraddittorietà in sé a ciascuna delle molte funzioni sulla base di una liceità simultanea a correlarsi a uno solo qualitativo e a più qualitativi, il che non è se l'ontico in sé è un divenire pel medio di più qualitativi dotati ciascuno di una sola funzione ad esso peculiare e grazie a più funzioni ciascuna delle quali correlate al suo qualitativo e ad esso solo; donde segue che se per le dialettiche di condizione umana la nota formale della differenza reciproca di due biffe, per diversità o per contrarietà che sia, ha la sua ragione in un complesso dialettico che istituisce la contraddittorietà dei due, così come la contraddittorietà di due ontici ha la sua ragione in quella loro differenza per diversità o per contrarietà, sicché è lecito parlare di una reciprocità del diverso-contrario e del contraddittorio, non sarà certo lecito predicare all'intelligibilità dell'ontico in sé in quanto divenire siffatta differenza la quale fondata com'è sul contraddittorio erige quella struttura che è richiesta dalla contraddittorietà ma è da escludersi nell'ontico in sé: che se il contrario-contraddittorio del differente è per le dialettiche di condizione umana l'identico o sostituibile, la particolare molteplicità dei qualitativi e delle funzioni di un divenire in quanto escludente l'identità degli uni e delle altre, rimanda alla loro differenza e quindi a quel suo convertibile che è la contraddittorietà reciproca, ma l'illiceità entro la struttura dell'ontico in sé delle condizioni che la pongono rimanda a uno squilibrio tra la modalità dell'ontico in sé cui consegue la differenza delle sue qualità e delle sue funzioni e le modalità che le dialettiche di condizione umana debbono accogliere per conservare alle qualità e alle funzioni dell'ontico quella differenza che esse pure debbono avere in sé e per sé con la conseguenza che sarà sempre lecito attribuire il diverso o il contrario a un ontico che sia divenire in sé, ma alla condizione che si faccia una netta distinzione fra quel che il diverso o il contrario, con le condizioni strutturali che essi comportano, sono nell'ontico in sé e quel che sono, assieme alle condizioni strutturali che son loro ragione, nelle dialettiche di condizione umana: allo stesso modo che in una logica di tipo aristotelico, fondante l'intelligibilità immanente con inautocoscienza nell'esperienza in quanto molteplicità, il diverso e il contrario nell'intelligibile in quanto ontico in sé non sono quel che sono nell'intelligibile di dialettiche di condizione umana, in quanto la contraddittorietà che li fonda entrambi è per un certo modo di ontità dei molti diversi e contrari che non è quello in cui gli stessi molti sono degli ontici per siffatte dialettiche, così per una logica di tipo hegeliano, fondante l'intelligibilità immanente con inautocoscienza in un'esperienza come divenire, né diversità né contrarietà in sé sono quel che sono per dialettiche di condizione umana data l'illiceità loro di assumere i modi di cui li dotano queste dialettiche per pervenire alla loro contraddittorietà da cui inferire entrambi in quel che sono, dei diversi e dei contrari;il che non toglie dall'intelligibile in sé né il diverso né il contrario altrimenti non avrebbe la liceità né della molteplicità né del divenire, esclude solo che il diverso e il contrario in sé siano sostituibili col diverso e il contrario del contraddittorio che è di condizione umana; [pag 520 (309 F3 /4)] in verità, una volta assunta a segno dell'esclusione di certe dialettiche dalla sfera dell'intelligibilità l'illiceità della loro forma in quanto spostamento d'attenzione da un autocosciente a un altro secondo il modo detto della contraddittorietà, non solo in una dottrina alla Aristotele ma anche in una alla Hegel le dialettiche di condizione umana pervengono alla contraddittorietà sulla base della costruzione artificiale di un ontico autocosciente le cui denotanti hanno un'ontità e una funzione reciproca che non è e non ha la liceità di esser predicata di un ontico in sé, e di tale costruzione si ha bisogno per inferirne la contraddittorietà e insieme la diversità o contrarietà delle due biffe, essendo la prima la manifestazione sul piano dialettico-formale di quel che le seconde sono sul piano materiale -qualitativo; con la conseguenza che quel diverso o contrario che, essendo sul piano materiale-qualitativo, permane anche quando sian tolti quei modi formali che sono illeciti per un'ontità in sé, trova in questi modi non la ragione di se stesso ma il mezzo di giustapporsi all'autocoscienza e con ciò di farsi noto ossia di essere per dialettiche di condizione umana, le quali sia nell'una che nell'altra dottrina si valgono dei principi di ragione, e in particolare del principio di contraddizione, da un lato come segno di impossibilità e illegittimità e come ragione dell'esclusione dall'ontico in sé di quel che è frutto di una costruzione dell'autocoscienza di condizione umana e dall'autocoscienza del diritto di tale costruzione a porsi come principio di dialettiche legittime, dall'altro come segno della legittimità dei rapporti in cui si pongono reciprocamente i qualitativi assunti a materiali della costruzione; perciò lo stesso uso del principio di contraddizione è contraddittorio e non solo in una dottrina aristotelica, nella quale è posto a fonte dell'ontica diversità qualitativa delle denotanti e forme immanenti in una connotazione intelligibile e insieme a fonte dell'impossibilità di certi rapporti in cui i diversi qualitativi entrano o hanno la liceità di entrare quando si leghino all'autocoscienza di condizione umana, ma anche nella stessa logica di Hegel, nella quale, quel principio, se veramente fosse, come si pretende che sia, l'indice dell'ontico assoluto, dovrebbe rivelare sempre l'ontità e legittimità delle forme che esso sussume, e non già ratificare il nesso di contrarietà dei qualitativi e cassare ((??)) dall'ontico e dall'autocosciente legittimo l'unità particolare del tutto entro la cui connotazione soltanto gli autocoscienti si rivelano contraddittori e quindi contrari; che se la contraddittorietà del tutto entro cui gli autocoscienti si rivelano contraddittori e contrari è al tempo stesso illiceità del tutto ad essere per un'autocoscienza e in sé, e se quindi la contraddittorietà si rivela come un mero strumento pel quale la contrarietà sale all'autocoscienza, si deve concludere che l'ontico in sé o inautocosciente o d'autocoscienza altra da quella di condizione umana fonda la contrarietà dei qualitativi che lo denotano su una ragione altra dalla contraddittorietà e che sul piano dell'ontico in sé non solo il contraddittorio non è ragione del contrario ma non entra neppure in rapporto con questo come quello che non è ontico; se poi per ontico in sé s'intende un'ontità totale entro cui sono anche le dialettiche e gli ontici con autocoscienza di condizione umana, il contraddittorio cessa di essere, in essa, il principio
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