Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
[pag 525 (311 F1 / 2)] perché delle due l'una, o ammette che l'autocosciente, attributo formale dell'intelligibilità, sia variabile limitatamente a certe sue porzioni ma non a tutte sicché di tali autocoscienti si darebbe una classe il cui modo comune e identico costituirebbe il vero attributo formale della vera intelligibilità di cui il precedente sarebbe un autocosciente illegittimo e di cui sarebbe sempre lecito ammettere almeno il concetto problematico, e si tratterebbe quindi di respingere dal privilegio la forma delle dialettiche a intelligibilità parmenidea, nel qual caso si contraddice perché attribuisce ontità a un qualsivoglia processo di autocoscienti succedentisi all'infinito ma sempre sostituibili tra loro e sostituibili a un unico comune, o pretende di mantenere coerenza assoluta al presupposto, assegnando alla variabilità dell'autocosciente, attributo formale dell'intelligibilità, una portata totale, e con ciò elide dall'ontità e dall'autocoscienza la successione infinita di infiniti sostituibili senza cui non c'è la condizione fondamentale dell'intelligibilità in generale; che se si pretende limitare i punti di partenza dell'inferenza di tutte le porzioni materiali dell'intelligibilità formale alla sfera dell'intelligibilità materiale strutturata su serie finite di autocoscienti uni e semplici e su serie finite di dialettiche di sostituzione e se si fonda siffatta pretesa sul dato che le uniche dialettiche lecite e valide con i privilegi spettanti loro per quei loro aspetti che chiamiamo intelligibilità sono quelle che prendono per biffe dati intuitivi che son sempre principi della finitezza di quelle serie, non si evita siffatta negazione in quanto l'inferenza apodittica delle forme intelligibili e quindi dell'intera sfera dell'intelligibilità formale dalla finita intelligibilità materiale vieta di attribuire a quella l'infinità di cui questa è priva, con la conseguenza che esclusione di un infinito intelligibile formale e inferenza dell'intelligibile formale dalla sola intelligibilità materiale fan tutt'uno e, se da un lato escludono quel che s'intende per intelligibilità formale, l'infinitezza degli autocoscienti e delle dialettiche con quei loro principi che sono l'immanenza dei principi di identità e di contraddizione in dialettiche di condizione umana, dall'altro privano di ontità e di ragione della propria ontità quell'autocosciente che è l'intelligibilità formale il quale è ben un ontico con la sua ontità e la ragione di questa ontità; ora, l'obiezione è valida e chi, come me, muove dal finito della intelligibilità materiale come dal principio di inferenza della formale, è tenuto a sentirne tutto il peso: è da accettarsi che la formula di Parmenide"l'essere è " sorge solo in una sfera di dialettiche autocoscienti in cui immane la forma o la liceità di un infinito succedersi di biffe e di dialettiche sostituibili, perché se è vero che quel giudizio non coglie affatto la qualità dell'essere ossia la materia di questo e se è vero che si limita solo a indicare un certo rapporto con cui tale materia, che per ora è un mero concetto problematico, si pone con se stessa e quindi una certa sua forma, è altrettanto vero che questa forma mai sarebbe un ontico cui si giustappone autocosciente se le condizioni che in essa immangono, ossia i principi di ragione e la conseguente illimitatezza delle serie autocoscienti intelligibili, non godessero della liceità di porsi esse a punto di applicazione di un'autocoscienza hic et nunc;ma è altrettanto vero ancora che c'è da chiedersi se, [pag 526 (311 F2 /3)] dal momento che siffatta formula non è la presa di contatto immediato ossia la dialettica di immediata sostituibilità con la materia qualitativa dell'essere, la quale anzi verrà inferita da essa, contatto immediato e dialettica di immediata sostituibilità ci siano con la forma di tale materia ossia con la materia di un'intelligibilità a successioni infinite per identità e non contraddizione; si deve dire di no, non solo dal punto di vista puro di Parmenide per il quale l'assenza originaria della qualità dell'essere, almeno per un'autocoscienza di condizione umana, e l'illiceità di sostituirla con dialettiche che abbiano a biffe materie altre da quella dell'essere non lasciano altra via d'uscita che il principio di inferenza della formula sia o quell'infinita intelligibilità formale che tuttavia è inferita dalla formula stessa, o un certo modo di elaborare alcune delle serie finite di dialettiche a materia sensoriale, non solo dal punto di vista eleatico in generale in cui ci si vale delle inferenze della formula, ossia dell'identità non contraddittorietà infinità delle serie di intelligibili, per sistemare nell'intelligibilità certe materie qualitative quali le modalità del diverso e la staticità e unicità della qualificazione problematica dell'essere, ma anche da un punto di vista indifferenziato rispetto agli scopi da perseguirsi per il quale un'infinità dell'intelligibilità formale è un dato da dimostrarsi e non tanto un principio, come dimostra tra l'altro il fatto che senza una metafisica e senza, quindi, ontici autocoscienti che non coincidono con quelli delle porzioni della formalità intelligibile in sé, un'infinità dell'intelligibile non è fondata; col che non si esclude affatto che nella sfera delle dialettiche autocoscienti intelligibili in generale non immanga siffatto autocosciente, si esclude solo che esso abbia il diritto di albergarvi di per sé, nel senso che si riconosce che se è vero che una formalità intelligibile in generale, come sussunzione degli autocoscienti dialettificati sotto l'identità e la non-contraddizione, si evince necessariamente solo dalla sfera della intelligibilità materiale con la finitezza dei suoi autocoscienti uni e delle sue dialettiche, la condizione per cui certe nuove dialettiche abbiano il diritto di inferirsi da queste finite, e precisamente tutte quelle che a priori si pretende costruire sulle biffe di una serie finita di dialettiche una volta che questa si sia data, è che siffatta formalità svincoli l'identità e la non-contraddizione dall'intuizione presente e futura e con ciò ammetta l'infinità in generale della intelligibilità formale e la sua estensione all'intelligibilità materiale; come pure si deve ammettere che questa identità è la condizione per cui è data l'intelligibilità sic et simpliciter in quanto sussunzione delle dialettiche sotto una sola forma o classificazione loro in una sola classe col fine di concedere a tutte un'identità di privilegi; che se questa identità vien meno, i principi formali inferiti da una classe di dialettiche coi privilegi loro conseguenti saranno insostituibili dagli altri inferiti coi loro privilegi da altre classi [pag 527 (311 F3 /4)] e si avrà un'eterogeneità di sostituzioni-sostituibilità che rompe quell'unità formale che chiamiamo intelligibilità; ma una cosa è un bisogno, un'altra cosa è un apodittico, col che s'intende dire che il darsi di una condizione non è una conseguenza necessariamente inferita dal darsi di ciò che si aspetta dalle conseguenze del darsi del suo condizionato, perché delle due l'una o questo è un ontico autocosciente con le sue conseguenze attese e, allora nel caso che quella condizione sia l'unica lecita, la sua ontità materiale s'accompagna ad autocoscienza di pieno diritto indipendentemente dall'intuizione che ne abbiamo, o non si dà intuizione né della condizione né del condizionato in quanto ontici, nel qual caso la condizione resta quel che era, un concetto problematico; ora, poiché è evidente che il condizionato, ossia un'intelligibilità materiale a successioni infinite, non è un ontico autocosciente di intuizione immediata, delle due l'una o si attribuisce siffatta intuizione all'intelligibilità formale quasi fosse un dato primo e originario, come in fondo fanno Hume e Kant, e con ciò se ne fa un concetto innato, a materia zero in sé, o si fonda il diritto e la legittimità di siffatta intuizione su una metafisica, oppure la si esclude; e poiché quest'ultimo non è dato per le conseguenze su viste di quella negazione dell'intelligibilità in generale con cui esso coincide, non resta che la strada della metafisica, giacché l'altra o finisce per sfociare nella metafisica o s'accontenta del suo apriorismo; ma in entrambi i casi o che si faccia appello alla metafisica per garantire l'infinità delle successioni in un'intelligibilità formale in sé e per sé che sia adeguata e adeguabile da intelligibili materiali, o che siffatta adeguazione non si voglia ammettere per non estendere troppo il fondamento metafisico e per accontentarsi di una disarticolazione dell'autocosciente di condizione umana in quel che è e non in quel che si vorrebbe che fosse, e quindi non ci si preoccupi affatto di fondare l'intelligibilità formale, resta pur sempre valido il criterio di fare delle serie finite dell'intelligibilità materiale il principio di inferenza delle forme intelligibili le quali evidentemente debbono coincidere con porzioni dell'intelligibilità formale pura; altri discorsi dovranno esser tenuti per fondare l'ontità e intuitività di questa e per dimostrare che, se mai all'autocoscienza umana son date con apoditticità le sue forme o porzioni, ciò non è dal finito delle dialettiche materiali; quel che qui interessa è vedere come e con quale materiazione si inferiscono le forme intelligibili da dialettiche materiali in serie finita le quali, se da un lato influenzeranno tali forme da esse inferite differenziandole da quel che esse sono in un'intelligibilità formale, dall'altro trarranno all'autocoscienza pel medio di questa differenziazione la differenza tra un'intelligibilità ontica di condizione umana, ossia materiale e non solo formale, con una materialità offerta da ontici ad autocoscienza hic et nunc, e di serie finite, e un'intelligibilità formale pura di condizione divina, nella quale son date serie di infinità lecita di dialettiche con forme aventi a propria materia dell'ontico qualitativo che non è forma o modo o porzione di un formale, e dalla quale sono escluse serie infinite di dialettiche meramente formali ossia con a materia delle loro forme del formale, quali sono quelle dell'intelligibilità formale pura di condizione umana; //
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |