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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 301 F2 - 350 F3
    • 318
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[pag 548 (318 F1 /2)]

di totalità infinito-numerabile che esso riceve tutt'al più da un aposteriori; che se poi la stessa formulazione è riguardata dal punto di vista delle comprensioni e con ciò cerca di evitare quell'identità con la prima formulazione cui ((??che??))la sua sistemazione sul piano delle estensioni gli assegna, l'illiceità non vien meno, dal momento che l'immanenza di un ontico autocosciente entro le connotazioni di una totalità di autocoscienti, a loro volta denotanti le connotazioni di una totalità di autocoscienti altri da quello e da questi, ha la liceità di pretendere di esser denotante di tutte le connotazioni di questi ultimi alla condizione però che sia dato come principio-ragione di questa pretesa almeno una dialettica dialettificata secondo una forma di sostituibilità-identità con l'unità di porzioni come autocosciente uno ed unico erigibile a sua volta a biffa di almeno una dialettica a sua volta dialettificata secondo la stessa forma con l'ulteriore unità di porzioni dialettificabile ancora secondo la stessa forma con una serie di ontici autocoscienti la cui totalità è aposteriori e non apriori; e così siamo portati alla quarta formulazione, la kantiana, del dictum de omni, che già abbiamo con altro discorso legittimata nella sua verità e validità: anche per le pretese di questa formula a descrivere la serie degli spostamenti d'attenzione la cui struttura formale chiamiamo dictum de omni, c'è un'invalidità che tuttavia non è quella di chi pretende confutarla partendo dal punto di vista dell'estensione; il dictum alla Kant situatosi rigidamente dal punto di vista della comprensione ne riduce la struttura formale da un lato al gioco di tre spostamenti d'attenzione, l'uno dei quali, quello che instaura un rapporto di predicazione, ossia di immanenza ossia di identità-sostituibilità, di un ontico autocosciente in quanto assoluto con un ontico autocosciente in quanto porzione-denotante di una totalità autocosciente disarticolata assunta di fatto o per diritto e per fatto come un'unità-unificazione che non è porzione di null'altro (,) dall'altro alla funzione di ragione di questo spostamento acquistata dal secondo dei tre in quanto spostamento d'attenzione con a forma la sostituibilità da un autocosciente assunto come assoluto allo stesso autocosciente in quanto porzione-denotante un autocosciente che è una totalità disarticolata-unificata e dal terzo dei tre in quanto spostamento d'attenzione della stessa forma da questo autocosciente, che è totalità-unificazione, come assoluto allo stesso autocosciente in quanto porzione-denotante della totalità autocosciente disarticolata -unificata di cui il primo spostamento si è valso come connotazione a cui la sua biffa è un immanente; ora, la pretesa che nella dialettica dal secondo al terzo spostamento vi sia l'aporia di un autocosciente che è distribuito in quello e non in questo, e quindi il paralogismo da un lato di arricchire, nel secondo spostamento, di autocoscienza hic et nunc un ontico che è una serie totale di autocoscienti in cui la biffa comune ((dei)) due spostamenti si unifica in nessi con una totalità di denotanti eterogenee che ne arricchiscono la qualificazione di una molteplicità di eterogenei modi e funzioni, dall'altro di arricchire, nel terzo spostamento, di autocoscienza hic et nunc lo stesso ontico ridotto però a una porzione solo di quella serie totale e quindi ricco di quelle qualificazioni che gli provengono solo dalle modalità e funzioni spettantigli entro questa funzione,


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[pag 549 (318 F2/3)]

è tutta fondata sul principio che là dove c’è predicazione ci sia sempre e solo una dialettica di sussunzione di una serie totale di autocoscienti sotto un autocosciente solo di un’altra serie di autocoscienti e che per questa sussunzione vi sia la perfetta univocità fra la parzialità con cui l’autocosciente sussumente si pone rispetto al tutto della sua serie e la parzialità con cui la totale serie sussunta sotto il sussumente si pone rispetto allo stesso tutto di cui il sussumente è parte; questa pretesa confutazione è una vera e propria ignorantia elenchi; la formula alla Kant del dictum prende a principio la forma di un ontico ontico in generale come unità assoluta disarticolabile in porzioni che a loro volta han la stessa forma e prescinde dalla liceità di ridurre a totalità unificate in serie sia i complessi di unità che i complessi di porzioni e dalle condizioni in funzione delle quali la liceità si fa atto, e, una volta posta siffatta forma, sottrae all’autocoscienza e quindi alla concentrazione d’attenzione e agli spostamenti che ne conseguono i nessi relazionali e le correlate funzioni insorgenti all’autocoscienza pel medio delle dialettiche di unificazione asintotiche rispetto all’unità originaria disarticolata, con la conseguenza che alle dialettiche vien concessa la liceità di trattare le molte e successive disarticolazioni per quel che sono, ossia per delle discrezioni di assoluti, ciascuno dei quali è una nota ossia una porzione immanente entro una disarticolazione discreta la quale a sua volta ha la liceità di essere nota o immanente di un’altra disarticolazione discreta a membri più numerosi delle precedenti, col che non si elude, ammesso che sulla base di una teoria empiristico-fenomenica ciò sia lecito, una successiva operazione di dialettiche che, nell’atto in cui procedono all’unificazione asintotica dell’unità ridonino alle singole porzioni disarticolate quella ricchezza di modalità qualificatrice e di attività funzionali lasciata inautocosciente dalla precedente operazione, la quale tuttavia si pone come ragion sufficiente della liceità della seconda;


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[pag 550 (318 F3/4)]

la forma del dictum alla Kant tende a precisare puntualmente l’ordine diacronico e logico in cui i complessi dialettici debbono distinguersi e succedersi onde risulti la verità e validità formali degli autocoscienti che da essi conseguono, e in siffatto ordine distingue un complesso dialettico primario con cui l’unità totale e semplice di un ontico autocosciente vien disarticolato nei suoi materiali elementari e la cui struttura formale prende corpo nella formula del dictum, da un complesso dialettico secondario con cui la disarticolazione del tutto uno e semplice nei suoi elementi l’un l’altro rapportati in quanto assoluti discreti patisce un’unificazione che dota ciascun elemento delle denotanti che in esso debbon esser pur presenti onde la rapportazione si faccia quel qualcosa di più che una mera giustapposizione che è l’unità semplice del tutto; ma, anche se con questo approfondimento della sua analisi il dictum s’accosta ai dati di fatto delle ontiche congregazioni di dialettiche d’autocoscienza di condizione, anche se con quel suo rifarsi alla cosa - nota notae est nota rei ipsius - c’è l’autocoscienza della dialettica prima una delle cui biffe non è lecito sia un autocosciente in generale ma deve essere quell’autocosciente che è illecito sia identificato con un autocosciente che sia porzione di un altro e che, con ciò, deve costantemente coincidere con un’unificazione di intuiti o con qualcosa che è entro una di queste unificazioni, la formula alla Kant non adegua nella sua descrizione l’ontico cui si giustappone, in funzione di connotante, un’autocoscienza hic et nunc come a un aggregato unificato di dialettiche che in quanto dialettica di dialettiche erige se stesso al’autocoscienza, e di questa discordanza son segni 1) che la formula limita la sua portata al sillogismo quasi fosse l’unica dialettica la cui struttura formale il dictum è tenuto a tradurre in formula, 2) che gli ontici autocoscienti, di cui si tien conto come quelli le cui forme sono gli autocoscienti che entrano come biffe delle dialettiche della formula, sono note ossia biffe di dialettiche e non dialettiche, ossia che a principi dalla cui forma si deve muovere per articolare le dialettiche formali della formula, sono le biffe delle dialettiche e non le dialettiche stesse, 3) che la “res” della cui forma ci si vale come principio e fondamento delle dialettiche formali della formula è un ontico autocosciente primo e non medio, con la conseguenza che al(la) formula alla Kant sfugge una larga parte dei giochi dialettici, e precisamente la costruzione delle dialettiche entro i limiti di ciascuna delle unificazioni di intuiti di un complesso di intuiti simultanei o di una successione di questi complessi, la dialettica di sostituibilità -identità assumente a due a due in funzione di proprie biffe la serie di quelle dialettiche operate nelle unificazioni di intuiti, la dialettica di sostituibilità-identità assumente in funzione di biffe sia a due a due le porzioni di intuiti su cui s’operano le dialettiche sostituibili-identiche sia a due a due le unificazioni o aggregazioni di tali porzioni, la erezione ad ontico autocosciente assoluto e in sé di una di queste unificazioni di porzioni e la conseguente dialettica di sotituzione-identità che connette siffatta unificazione di porzioni in quanto autocosciente assoluto, trattato come unità, con la serie delle dialettiche operabili su di esso, e infine tutte le dialettiche che legittimamente conseguono da quest’ultima o rimanendo sul suo stesso piano, ossia ricollegandosi pel medio di nessi di sostituzione-identità alla dialettica in cui il gruppo originario di dialettiche operate entro l’intuito son fatte sostituibili all’unificazione-unità delle porzioni dialettificabili, o componendo quest’ultimo piano con quello del complesso o dei complessi di intuiti, ossia prendendo a proprie biffe dialettiche o biffe di dialettiche operate su porzioni che sono intuiti e dialettiche o biffe di dialettiche operate in quanto sostituibili o all’unità -unificazione delle porzioni-intuiti o a dialettiche sostituibili a questa, o situandosi sul piano dell’intuito, ossia prendendo a proprie biffe o dialettiche su intuiti o intuiti e facendo propria ragione-principio una o più dialettiche di quelle dell’altro piano;




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