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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 572 (325 F1 /2)] attraverso Cartesio che col rendere innata l'idea di soggetto assegna al cogito, che è pur sempre una dialettica anche se si accetta che non sia un sillogismo, il primato rispetto all'autocoscienza o esplicitazione dei principi logici e rispetto a tutte le dialettiche, attraverso Locke, che, mentre attribuisce alla coscienza un'originaria e innata attitudine al confrontare, deve pure ammettere che siffatta attitudine sia in sé sotto il segno dell'intelligibilità, sia cioè assieme a principi logici, e insieme che solo da una dialettica formale-materiale s'origini da un lato la nozione che è poi dialettica formale pura del principio d'identità e qualsiasi altra dialettica, giunge sino a Hume, il quale, mentre, attribuendo al soggetto empirico l'inautocosciente azione dell'associare, se non intelligibile almeno orientata all'intelligibilità in forza della liceità di ripetersi con costanza e uniformità, ricalca il presupposto che senza la prenozione di un intelligibile non si dà dialettica, in quanto l'autocosciente dialettica operata sul binario dell'associazione è al tempo stesso intelligibile, di quell'intelligibilità che è orientamento all'intelligibilità, ogniqualvolta è momento di una serie in ripetizione, deve pure ammettere che il concetto di intelligibile puro, ossia la dialettica della causalità operata tra due biffe l'una delle quali è un fenomenico variabile e necessariamente antecedente e l'altra un fenomenico pure variabile ma necessariamente susseguente, si faccia autocosciente solo pel medio di una dialettica formalmente identica in cui però il posto dei due variabili è preso da due fenomenici definiti; le due questioni della genesi di una dialettica in generale e della genesi di una dialettica intelligibile pura non si ha il diritto di trattarle come due aspetti o momenti di un unico problema, a meno che non si dimostri che dovunque c'è dialettica autocosciente ivi c'è anche un'oggettività di relazione, ossia un nesso formale-funzionale che vincola i qualitativi di due autocoscienti in assoluto e fuori da ogni spostamento d'attenzione dall'uno all'altro, sicché a questo non resterebbe che ricalcare il nesso come un binario già dato e attraverso ciò elevarlo all'auto-coscienza facendone una forma di quell'autocosciente che è la dialettica, e a meno che non si dimostri che alcune di quelle relazioni oggettive o tutte sono intelligibili ossia denotate dalle note di una forma autocosciente intelligibile; si tratta tuttavia di vedere se, anche quando si sian date queste dimostrazioni, si riesca a far derivare la capacità a spostarsi dell'attenzione dall'oggettivo nesso relazionale: ora, questo non pare dimostrabile perché, anche ammesso che due ontici autocoscienti, irrelati in quanto autocoscienti, siano connessi da una qualsivoglia relazione reciproca indipendente dall'autocoscienza che è lecito ma non necessario le si giustapponga come denotante, non si vede come questa relazione riesca ad agire in quanto inautocosciente sull'attenzione sollecitandola a spostarsi dall'uno all'altro degli autocoscienti e tanto meno come riesca a montare in seno all'attenzione un meccanismo di spostamento che è funzionante anche in assenza di relazioni oggettive tra autocoscienti e riesce a elevare all'autocoscienza forme che non sono degli autocoscienti termini dello spostamento; un inautocosciente non è certo capace di entrare in rapporto con una funzione, l'attenzione con la sua concentrazione, la quale pare correlata solo a un ontico denotato dall'autocoscienza, [pag 573 (325 F3 /4)] e, d'altra parte, non riuscirà mai ad imprimere un nuovo modo ontico capace di sussistere indipendentemente da chi l'ha montato; inoltre, dovrebbe esserci una perfetta simmetria tra il complesso costituito dagli autocoscienti collegati dalla relazione oggettiva inautocosciente e il complesso dialettico in cui le biffe son gli autocoscienti, la forma è la relazione e lo spostamento d'attenzione l'elevatore all'autocoscienza dell'intero complesso con le sue componenti, e la simmetria non c'è, se non altro perché la relazione oggettiva inautocosciente stabilisce un nesso di simultaneità acronica entro gli autocoscienti, nesso che nel complesso dialettico manca in quanto lo spostamento d'attenzione cassa necessariamente la sincronia per sostituirle una diacronia o successione di autocoscienza dell'una biffa all'altra; per questo, se non si muove dall'innatezza della funzione di spostamento dell'attenzione, comunque poi la si giustifichi, non si rende ragione delle dialettiche, donde segue da un lato che una sfera di autocoscienti non ha affatto bisogno di albergare in sé delle dialettiche intelligibili come condizione necessaria per accogliere delle dialettiche in generale, tant'è vero che è dato immediato di riflessione la liceità che ci è data di dialettificare ad arbitrio autocoscienti intuiti fenomenici elevando all'autocoscienza loro forme che debbon poi esser riconosciute prive di verità e validità materiali, dall'altro che l'indipendenza di uno spostamento d'attenzione in generale da forme oggettive intelligibili e da una loro autocoscienza risulta fuori dalla soluzione della questione della genesi delle dialettiche intelligibili pure e non costituisce quindi con tale questione una faccia di un solo problema; se si vuole intendere una dialettica autocosciente in generale, non resta che muovere dall'autocoscienza, dall'attenzione, dai modi di questa, la concentrazione e lo spostamento, come da dati primi elementari i quali per entrare nell'autocoscienza non hanno affatto bisogno di essere diacronicamente preceduti da un complesso di autocoscienti, irrelati e rimasti, per un periodo di tempo breve a piacere, estranei alla funzione di biffe di uno spostamento d'attenzione, dentro il quale immanga inautocosciente un nesso relazionale destinato a rallentare lo spostamento, ma entrano nell'autocoscienza solo pel tramite di una loro messa in opera capace sì di elevare all'autocoscienza un nesso relazionale oggettivo inautocosciente entro gli autocoscienti dialettificati, ma atta anche a darsi in assenza di esso, e comunque incondizionata nella ontità e modalità ontiche dei suoi componenti dal nesso stesso; quando Hume parla dei nessi associativi, si pone la questione se queste associazioni siano qualcosa d'altro dallo spostamento d'attenzione che è il motore della dialettica autocosciente che le eleva all'autocoscienza come forme del fenomenico o faccian tutt'uno con esso o meglio con il suo darsi autocosciente in simultaneità con le forme autocoscienti colleganti i fenomenici e costituenti le modalità diverse del nesso associativo; alcune considerazioni, che il nesso di simiglianza non è se non il rilievo che l'oggettiva similarità di due fenomenici acquista quando lo spostamento d'attenzione li utilizza a sue biffe, che nulla di costante e di uniforme è nei nessi associativi i quali patiscono dell'intelligibilità che è dell'arbitrario spostamento d'attenzione, lascian pensare a un'identità dei due, ma altre considerazioni,
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