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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 350 F4 - 375
    • 351
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[pag 655(351 F1 /2)]

di una sua assoluta apriorità, con la conseguenza che, se da un lato si è offerto la più piena delle tranquillità nella sussunzione delle relazioni materiali sotto l'intelligibile, si è poi tolto ogni mezzo per giustificare l'ontità autocosciente di relazioni materiali insussumibili sotto l'intelligibile, oppure che nello sforzo di montare un'intelligibilità che fosse di diritto e di fatto sussumente qualsivoglia rapporto materiale, è venuto a trovarsi dinanzi a degli intelligibili formali puri che da un lato dovevano distorcersi essi o distorcere i principi primi dell'intelligibilità pura per sussumersi sotto di questa e dall'altro dovevano distorcere alcuni degli stessi rapporti materiali per riuscire a sussumerli tutti sotto gli intelligibili; d'altra parte ho notato che, a guardare ben in fondo le cose, il pensiero di condizione umana che pretende montare una gerarchia di intelligibili formali puri a priori che dovrebbero per dir così essere assoluti dai rapporti materiali, di fatto riempie i singoli intelligibili e li annoda tra loro con ontici autocoscienti la cui falsariga è l'insieme dei rapporti materiali senza la cui autocoscienza non riesco a vedere come sarebbe riuscito a montare il tutto; e infine ho notato che, una volta resosi conto sia di quel circolo vizioso del rapporto materiale che pretende mutuare l'intelligibilità dell'intero suo corpo da quella di alcune sue componenti o connotanti con un evidente o diallelo o paralogismo in quanto siffatte componenti sono quel che sono in funzione del tutto cui appartengono, sia del fatto che, anche non tenendo conto del circolo, resta pur sempre la difficoltà di inferire dai rapporti materiali il canone di una loro classificazione in intelligibili e inintelligbili, il pensiero di condizione umana è portato al paradosso di negare autocoscienza a qualsivoglia rapporto intelligibile formale puro al quale però contemporaneamente deve pure attribuire autocoscienza da un lato per predicare inintelligibilità ai rapporti materiali attraverso la negazione di una loro sussumibilità sotto un qualsivoglia rapporto formale intelligibile puro che deve pure essere un autocosciente, dall'altro per montare tutto il discorso che è un continuo appello a intelligibili formali puri che se non altro siano falsarighe per la legittimità della successione degli spostamenti d'attenzione che lo costituiscono e che sono, almeno in buona parte, rapporti tra materiali; ho concluso quindi che negare l'apriorità degli intelligibili puri è impossibile, ma che d'altra parte si tratta di stabilire che cosa debbe intendersi per questa apriorità e per questi intelligibili puri cui dev'essere predicata: valersi della teoria di una immutabile particolarità e contingenza del fenomenico per porre l'apriorità dell'intelligibile in quanto tale nella sua materia e nella sua forma significa condannarsi, come capita a Kant nel suo ragionamento intorno ai giudizi percettivi e ai giudizi d'esperienza, a una contraddizione perché prima o poi bisogna rassegnarsi ad immettere l'intelligibile nel fenomenico se si vuole che l'intelligibile valga anche per l'esperienza; valersi della stessa teoria per negare all'intelligibile non solo l'apriorità ma anche l'esistenza significa contraddirsi se non altro perché dell'intelligibile si deve pure avere un qualche concetto per negarlo e questo concetto sarà se si vuole un generico di genericità indeterminata quanto si voglia, ma sarà pur sempre un ontico autocosciente sotto cui si sussume,


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[pag 656 (351 F3 /4)]

con tutta l'erroneità che si vuole, questo o quello degli ontici autocoscienti particolari, e vuol dire finire per reintrodurre quell'apriorità dell'intelligibile che si è voluto escludere, se non altro per garantire verità e validità formali e materiali al discorso che fonda come un intelligbile, e non si pensi che questo sia un gioco di parole, la particolarità e contingenza immutabili dell'esperienza; d'altro canto, infine fare del fenomenico un intelligbile confuso od ottenebrato o una deformazione dell'intelligibile per assegnare all'intelligibilità un' apriorità senza ledere una certa congruenza tra la sfera degli autocoscienti intelligibili e la sfera degli autocoscienti fenomenici, così come fa il platonismo di un Platone di un Leibniz di uno Spinoza, significa ricadere nella contraddizione kantiana di due ontici che da un lato non è lecito si identifichino e dall'altro hanno il diritto di identificarsi, senza tener conto del fatto che non si vede, in questo caso, come la coscienza riesca a giungere all'autocoscienza di intelligibili materiali e formali senza muovere in alcun modo dall'esperienza la quale quindi deve pure intervenire come suggeritrice o avviatrice dell'intelligibile e deve pure avere una qualche parentela con esso, parentela che ridotta ai concetti o di somiglianza o di ottenebramento risulta un ontico autocosciente alquanto promiscuo valido a giustificare molto meno la natura di questa parentela che il dato di fatto dell'impossibilità del fenomenico ad essere principio di un suo eterogeneo e insieme la necessità dello stesso fenomenico ad esserlo; infine l'immanenza nel fenomenico dell'intelligibile materiale e formale allo stato di potenza destinato a tradursi in atto entro il fenomenico stesso, nel qual caso l'acquisizione dell'intelligibile è un 'astrazione di esso dall'altro, o a tradursi in atto fuori dal fenomenico nella sfera degli intelligibili stessi secondo un processo che nessuna teoria riesce a rendere intelligibile in tutte le sue fasi, senza tener conto della difficoltà in cui cade di non riuscire a rendere conto dell'errore, cade nella contraddizione solita di Kant di adunare nel fenomenico sia la particolarità e contingenza sia l'intelligibilità e insieme di privare lo stesso fenomenico dell'intelligibilità, anche se crede di evitarla con quella denotante della potenzialità la quale in sé non è l'attitudine a questo o a quello degli intelligibili, ma all'intelligibilità in generale e quindi non si vede in che modo riesca a determinarsi di per sé in quell'intelligibile che poi sarà enucleato dal fenomenico, a meno che non si voglia attribuire siffatta capacità alle strutture qualitative del fenomenico stesso, nel qual caso queste o hanno in sé dell'intelligibile e allora la loro intelligibilità è attuale o l'intelligibile lo hanno solo in potenza, e allora non riescono ad essere motore di nulla, tanto meno dell'intervento di un'intelligibilità determinata; io penso che una teoria dell'intelligibile e della sua genesi e quindi della sua natura debba esser montata da principi che nella maggior misura lecita tendano a coincidere con ontici autocoscienti e a discostarsi da una trasvalutazione interpretativa degli stessi ontici provocata da un appello alla stessa teoria surrettiziamente anteposta alla presa di contatto con gli ontici autocoscienti stessi; io penso che si debba partire dal fatto che un intelligibile materiale e formale è tale non solo quando è data la liceità di una predicazione ad esso di quei qualsivogliano attributi




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