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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 350 F4 - 375
    • 359
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- 679 -


[pag 679 (359 F1 /2)]

a meno che non si voglia cadere nei circoli viziosi in cui ogni trascendentalismo finisce per cadere, in questo caso siamo sempre tenuti ad attribuire un duplice significato alla problematicità e a distinguere tra la problematicità del non -immaginario, che sarà liceità ad essere o a non essere e ad essere nel modo in cui o in altro modo in funzione di una liceità a porre o no con autocoscienza che è del pensiero di condizione umana e di cui ci siam arrogati il diritto di denotare con autocoscienza l'ontità, ma non le modalità e le ragioni, e la problematicità dell'immaginario, la quale è una contingenza in sé ma una necessità quando sia relazionata ai principi che l'hanno originata e la cui ontità e modalità e funzioni son tutti ontici autocoscienti; con la conseguenza che la problematicità del non-immaginario è la contingenza in assoluto degli ontici autocoscienti, non essendo fornito alle dialettiche nessun loro principio che sia un autocosciente a connotazione tanto sufficientemente denotata da consentire l'inferenza della loro ontità dalla loro ragion d'essere e delle loro modalità da quelle della loro ragione d'essere, mentre la problematicità di un immaginario è la contingenza relativa di autocoscienti di cui sempre è fornita con autocoscienza la connotazione del loro principio tanto sufficientemente articolata da consentire di argomentare la loro ontità con tutti i suoi modi dalla loro ragion d'essere totalmente nota; e questa problematicità relativa di immaginari consente anzitutto di fare della problematicità in generale un loro attributo costante e ineliminabile come quella che è da inferirsi dalla loro ragion d'essere che è sempre un atto autocosciente di costruzione e quindi un assolutamente in funzione dei modi d'essere del pensiero di condizione umana, a differenza dell'altra che, avendo a sua ragion d'essere un ontico, l'attività costruttrice in generale del pensiero di condizione umana che è in definitiva un ignoto e a ben guardare esso stesso un immaginario, ha la liceità di pretendere di farsi attributo costante alla condizione però che tale pretesa e la predicazione su di essa fondata siano esse pure dei problematici, in secondo luogo di articolare questa problematicità in generale in due direzioni col farne un problematico generico assoluto, che condanna l'immaginario cui è predicato all'estraneità da qualunque dialettica pena la falsità e invalidità materiale e formale di questa, nel caso che la ragion sufficiente dell'immaginario sia un impulso affettivo o morboso o poetico, comunque appartenente alla sfera degli assolutamente divenienti tra gli autocoscienti costitutivi del pensiero di condizione umana, o col farne un problematico generico relativo, che concede all'immaginario cui è predicato di entrare in dialettiche che saran pervase della stessa problematicità ma non saranno apriori false e invalide nella materia e nella forma, nel caso che la ragion sufficiente sia costituita dalla necessaria istanza che si leva da una molteplicità di autocoscienti non-immaginari che dall'immaginario s'attende il completamento delle sue deficienze o il superamento delle sue aporie o la fornitura di strumenti offrenti la conoscenza di quel che ha di ignoto o la costruzione di dialettiche elidenti quanto rinserra((??)) di discontinuo;


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[pag. 680 (359 F2 / 3)]

l'altra ragion sufficiente del suo essere per un pensiero un ontico autocosciente la ritrova nella propria identità immediata o mediata con un ontico inautocosciente o privo dell'autocoscienza che è sua denotante per il pensiero che ne indaga le ragioni dell'essere; chiamiamo questa modalità di un ontico autocosciente, che è insieme ragion sufficiente del suo essere con l'atto di autocoscienza di un pensiero che ne fa punto d'applicazione di un 'attenzione concentrata, autocrazia cognitiva e non o datità o oggettività o assolutezza, parole che o sono ambigue o deformano quel che indicano o valgono anche per altro; anche se pare difficile definirla fuori dalle condizioni umane in cui siffatti ontici vengono a trovarsi, vale la pena di cercare quali denotanti siffatta autocrazia comprende che costituiscano quel che di intelligibile c'è in essa con esclusione di valutazioni dovute o alle condizioni pragmatiche che pur son parte delle condizioni umane in genere del nostro pensiero o ai punti di vista che teorie varie offrono; un ontico autocosciente autocratico ha come suo aspetto immediato e primo quello di coincidere con un ontico che condizioni varie inducono a giudicare come un in sé o autocosciente o inautocosciente, il che è quanto ci capita quando sentiamo o un cosiddetto oggetto della natura o un nostro stato di coscienza; qui l'ontico autocosciente fa tutt'uno con l'ontico in sé che dovrebbe rappresentare e, se per esso parliamo di coincidenza e quindi di una unicità del rappresentato col rappresentante, è perché simultaneamente nell'ontico autocosciente son date la nota della sua funzione di riproduttore e quella dell'impossibilità di scindere quel che in esso è dato in quanto riproducente da quel che esso dovrebbe riprodurre; è evidente che il modo primo di un ontico autocosciente autocratico è quello non già di darsi come un riproducente ma come un unico col riprodotto, perché nessuno che accolga con autocoscienza siffatto ontico come sua prima operazione compie quella di distinguere in esso la riproduzione dal riprodotto; occorrono successive operazioni e in particolare successive dialettiche con altri ontici autocoscienti perché questa dstinzione entri in noi, occorre cioè che si dia con autocoscienza lo stesso ontico in quanto rapportato con autocoscienti che son altri da quelli con cui è entrato in rapporto la prima volta; e questo, che di solito è chiamato atto dell'immaginare o del rievocare, non necessariamente consiste in un indebolimento o appannatura o annebbiamento o astenia dell'autocosciente, i quali si verificano quando artificialmente o volontariamente e non spontaneamente l'ontico è per dir così rievocato, ma ha a sua caratteristica fondamentale quella di immettere per dir così l'autocosciente in un insieme che non è più quello della prima volta e le cui modificazioni consistono sia in variazioni dei restanti autocoscienti autocratici che in quella prima volta l'hanno accompagnato sia in mutamenti delle condizioni pragmatiche del pensiero; e, poiché, una volta che l'ontico si è dato in questa successiva rete di rapporti, permane costante la liceità di riprodurre con autocoscienza la prima rete con lo stesso autocosciente e di instaurare fra i due autocoscienti una dialettica di sostituibilità, il pensiero di condizione umana distingue l'ontico autocosciente in cui è in unità la riproduzione e il riprodotto dall'ontico autocosciente




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