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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 350 F4 - 375
    • 360
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- 682 -


[pag 682 (360 F1 /2)]

e cioè certi modi, ciascuno dei quali è in un rapporto di dipendenza dall'atto di autocoscienza che li denota, gli atti d'autocoscienza che denotano il tutto dell'ontico e ciascun suo modo, la coincidenza assoluta tra sé in quanto ontico in dipendenza funzionale dall'autocoscienza e quel che esso riproduce od ontico non in dipendenza funzionale dalla stessa autocoscienza, la liceità di trattare tale coincidenza solo come un darsi dell'ontico all'ontità in funzione dell'autocoscienza che lo denota, e infine la sua modalità di principio e di fine di una catena di dialettiche che vi ritrovano quel che non v'è e cioè la sua attitudine a riprodurre qualcosa d'altro; e, identificando il senso di esteriorità ossia di relazione ad un ontico in sé con le illegittime conclusioni di siffatta catena, fa dell'autocosciente autocratico un soggettivo ossia un ontico la cui ontità è in dipendenza funzionale dall'atto di autocoscienza, trattato come un condizionamento scaturente dal pensiero di condizione umana, ossia ne fa un fenomeno; ma anche in questo discorso o successione di dialettiche c'è qualcosa che non soddisfa, e precisamente il fatto che viene totalmente ignorata la differenza che distingue la serie delle dialettiche che muovono da un autocosciente autocratico per ritornare ad esso e per concludere qualcosa su di esso dalla serie delle dialettiche che muovono da un autocosciente che non sia autocratico per ritornare su di esso, a trarvi delle conclusioni; se si vuole della prima serie tener conto solo dell'infondatezza del diritto cui pretende concludere, vien meno la legittimità di distinguere la dipendenza funzionale dal pensiero di condizione umana dell'ontità degli autocoscienti autocratici dalla stessa dipendenza dell'ontità di quelli immaginari, con la conseguenza quindi che la relatività del soggettivo, ossia la dipendenza funzionale per la propria ontità dall'atto di autocoscienza che si giustappone alle loro modalità qualitative, investe indifferenziata tutti gli ontici autocoscienti; donde deriva non solo che riesce impossibile fondare la differenza che il pensiero di condizione umana fa tra sogno e immaginario da un lato e natura dall'altro, perché il concatenamento causale, a parte che dovrebbe essere dimostrato nella sua ontità, è prerogativa anche dei primi e non solo della seconda, ma anche che indebitamente si finisce per trattare come assolutamente omogenei tutti gli autocoscienti, limitandosi a denotare come"possibili" quelli che da autocratici che erano in sé e nei loro rapporti son resi dal pensiero di condizione umana dipendenti da rapporti non autocratici, e questo al fine di coonestare in qualche modo l'eterogeneità che investe il gruppo degli autocoscienti autocratici dagli altri, il che è quanto fa Giovanni Stuart Mill; siam così giunti al punto che da un lato la distinzione che il pensiero umano fa tra autocoscienti riproduttivi di ontici in sé ed autocoscienti immaginari ossia in dipendenza funzionale dallo stesso pensiero non regge, dall'altro che se la si elide vien deformato lo stato che è del pensiero di condizione umana; è certo che nel pensiero di condizione umana si danno gruppi di autocoscienti che io ho chiamato cognitivamente autocratici, e che hanno come loro carattere primo e originario quello di darsi immediatamente come privi di un'intima distinzione fra la loro funzione di riproduttori di qualcosa d'altro da sé e la loro natura di ontici per un atto di autocoscienza,


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[pag 683 (360 F3 /4)]

come pure è certo sia che questo loro modo iniziale li rende biffe di dialettiche che il pensiero di condizione umana conduce come tra ontici che sono in sé ignorando, sul piano cognitivo, la loro natura di autocoscienti, sia che il cammino naturale che la sfera delle dialettiche segue per argomentare il loro diritto ad essere trattate per tali e la loro essenza di riproduttori di ontici in sé, costituito com'è da dialettiche che prendono a loro biffe autocoscienti trattati solo come ontici a funzione cognitiva, ossia il naturale cammino esclusivamente gnoseologico, non fornisce affatto quel diritto - ritengo che altre dialettiche non manchino per offrire lo stesso diritto con una certa validità; ma è altrettanto certo che non appena dall'assenza di un diritto di quel genere si inferiscono la totale dipendenza funzionale dell'ontità di quegli autocoscienti dall'atto di autocoscienza che li connota, e la totale riduzione di tutti gli autocoscienti a degli omogenei, viene smarrito il senso dell'autocrazia cognitiva che è denotante di alcuni; la questione è se è concesso al pensiero di condizione umana di denotare l'autocrazia cognitiva degli ontici che la posseggono indipendentemente dall'appello a una riproduttività di altro la cui legittimità è comunque oggetto di dubbio; ora, nella connotazione di un autocosciente di autocrazia cognitiva in generale vi sono denotanti che sono in dipendenza funzionale dal pensiero di condizione umana sia per le loro modalità ontiche che per la loro ontità in generale, e vi sono denotanti che in questa dipendenza entrano solo per quel che riguarda la loro ontità in generale e non per le loro modalità ontiche e per la genesi di queste, nel senso che all'autocoscienza non è lecito farsi denotante né di queste modalità nella loro rispettiva qualificazione né delle stesse nel loro originarsi e sorgere con autocoscienza, di modo che le qualità proprie dei modi ontici sono ontici di cui l'autocoscienza deve limitarsi a consentire la ripetizione e la concentrazione d'attenzione, ma non ha la liceità di arrogarsi il diritto di porsi a loro ragione se non per quel che riguarda gli effetti che un ontico patisce dall'atto di autocoscienza che gli si giustappone, e l'origine degli stessi modi sfugge totalmente alle operazioni di ripetizione e di concentrazione d'attenzione che sono liceità ed effetti di un atto di autocoscienza; che se poi si vuol distinguere quel che in quell'autocosciente è in dipendenza funzionale dal pensiero, si osserva che in esso solo l'atto di autocoscienza che l'accompagna e le operazioni, nel loro aspetto meramente formale, di concentramento d'attenzione e di spostamento d'attenzione sono le sue denotanti che patiscono la dipendenza, ma per tutto il resto, modi ontici qualitativi, rapporti intercorrenti entro essi o tra essi ed altro, forme di questi modi, la dipendenza funzionale dal pensiero non è data con autocoscienza, con la conseguenza che in un autocosciente di autocrazia cognitiva una dialettica è tenuta a distinguere tra la connotazione qualitativo-formale in sé dell'autocosciente e la stessa connotazione in quanto denotata dall'autocoscienza e a fare della prima un ontico che non dipende dall'autocoscienza se non per quel che darsi con autocoscienza significa per un ontico in generale e che in sé, ossia nelle qualità e nei rapporti tra le qualità dall'autocoscienza che li accompagna non trae nulla o almeno non offre nulla che con autocoscienza sia da essa inferibile;




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