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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 350 F4 - 375
    • 361
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[pag. 685 (361 F1 /2)]

che altro non è se non la necessità per l'ontico in sé e per il suo correlato identico, l'autocosciente, di essere accettato in quel che è perché è così in assoluto e non è lecito porlo in altro modo;

[[Nota a matita dell'autore:”da questo punto si riprende dopo un lungo periodo di interruzione; forse manca la continuità; nella revisione ricostituire la continuità mancante”]];

un giudizio al cui soggetto sono predicati gli attributi di intelligibilità formale pura secondo un rapporto la cui ragione è la struttura materiale e formale della connotazione del soggetto stesso, nel senso che ciascuna sua denotante si erige a soggetto dei medesimi attributi secondo una medesima ragione e con ciò rimanda ad ulteriori giudizi i cui predicati, che sono gli invariati attributi di intelligibilità formale pura, son tollerati da ciascuna delle denotanti materiali e formali in cui si fraziona ciascuna delle denotanti del primo soggetto, sino a giungere a una serie di giudizi ognuno dei quali trova come soggetti dei medesimi predicati degli ontici autocoscienti elementari sia nella loro materia che nella loro forma, e ognuno dei quali quindi ha nella materia del proprio soggetto un ontico autocosciente che verifica immediatamente la sostituibilità parziale con gli attributi di intelligibilità formale pura, è un giudizio di intelligibilità a forma perfetta, e il suo soggetto è un autocosciente intelligibile materiale e formale; questo autocosciente è tenuto a offrire di sé una duplice ragion sufficiente, da un lato della sua intelligibilità, e sotto questo aspetto la serie discendente dei giudizi di intelligibilità a forma perfetta, di cui il giudizio il cui soggetto è l'autocosciente è la conclusione, adempie a questa funzione, dall'altro della sua autocoscienza in generale ossia del suo essere per un pensiero di condizione umana; ora un pensiero di condizione umana ha a sua disposizione due sole ragioni sufficienti dell'aggiungersi a un ontico dell'autocoscienza come denotante, cioè dell'ontità e del diritto all'ontità che relativamente ad esso assume un ontico: l'immaginazione e la datità; pare che altre ragioni abbiano la liceità di essere affiancate a queste e che la mia riduzione a due delle ragioni dell'autocoscienza in genere di un ontico autocosciente qualsiasi sia arbitraria; se non sbaglio per trascuranza o dimenticanza di qualcuna in particolare di queste ulteriori ragioni, mi pare che queste che dovrebbero aggiungersi alle mie due sia lecito raccoglierle in tre classi, in quella della trasmissione innata, in quella dell'impressione fenomenica, in quella della introduzione anomala e irrelata; se la prima classe comprende tutte le azioni che sul pensiero di condizione umana esercita un ontico in sé che,[[Nota a matita dell'autore: “ Dio o natura”]] trascendendo comunque la particolarità di esso, lo dota di certi ontici autocoscienti acronici, come quelli la cui denotazione ad opera di un atto di autocoscienza non gode della liceità di entrare in nessun rapporto temporale con gli altri atti di autocoscienza denotanti altri ontici, non è certo l'aporia del circolo vizioso che, svuotando la materia ogni conclassario di validità e privando la classe di verità, elide questa dagli intelligibili di diritto e quindi l'esclude dalla classe delle ragioni sufficienti, perché basta che uno solo dei momenti della successione dialettica concludente nell'innatezza dell'ontico autocosciente acronico goda di validità e verità materiali e formali perché il circolo vizioso svanisca e non mi sembra


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[pag 686 (361 F3 /4)]

che fra tutti gli ontici autocoscienti non ve ne sia nessuno cui debba essere negata l'acronicità per assenza di uno di quei momenti; direi piuttosto che la concentrazione d'attenzione su di un ontico autocosciente acronico o innato e la serie dialettica che offre a ragione della sua autocoscienza l'azione di un ontico in sé sul pensiero di condizione umana non come fatti primi o se si vuole ontici autocoscienti primi, perché entrambe muovono da qualche ontico autocosciente materialmente e formalmente valido da cui le operazioni dialettiche partono per concludere a quella ragione, sicché questa trova a sua volta la propria ragione proprio in quell'ontico autocosciente la cui validità e verità materiali e formali dovranno offrire qualche ragione valida di sé, ma la cui autocoscienza è un dato primo e immediato che non ha il diritto di appellarsi alla conclusione della serie dialettica come a sua ragione, pena il circolo vizioso; chi, a proposito di questa classe, parla dell'azione esercitata da quell'ontico in sé trascendente come della ragione dell'autocoscienza dell'autocosciente acronico, confonde la ragione sufficiente della genesi di un ontico denotato da autocoscienza con la ragion sufficiente dell'autocoscienza dell'ontico autocosciente, o, per esser più preciso, scambia l'una con l'altra due operazioni dialettiche del pensiero di condizione umana, quella con cui questo pensiero offre a sé la ragione per la quale esso ha il diritto di trattare l'autocosciente come un autocosciente e quella con cui lo stesso pensiero offre a sé l'ontico autocosciente o l'insieme degli ontici autocoscienti il cui essere e il cui modo d'essere sono gli antecedenti necessari dell'essere e del modo d'essere dell'autocosciente della cui autocoscienza si tratta; quando un pensiero di condizione umana, coattamente indotto dal principio di ragion sufficiente, ricerca la ragione della denotante di autocoscienza di un ontico che in esso è autocosciente, si trova dinanzi l'ontico autocosciente con la sua connotazione tra le cui note c'è, s'intende, anche l'autocoscienza, e nulla più, e in tale stato ha la liceità di far presa con l'attenzione solo sul rapporto che lega l'ontico a sé stesso in quanto pensiero oppure di spostare l'attenzione su altri rapporti tra l'ontico ed altri ontici autocoscienti sempre in vista di offrirsi le ragioni del darsi dell'ontico con autocoscienza; ma le due operazioni non sono la stessa cosa,   perché con la prima non sarà dato rappresentarsi una ragione che sia altra dai modi ontici dell'autocosciente, alcuni dei quali debbono coincidere con la ragione, mentre con la seconda è consentito che le ragioni siano altre e fuori dai modi ontici dell'autocosciente; con la prima sarà allora rilevata una certa modalità dell'autocosciente e la si farà coincidere con la ragion d'essere dell'autocosciente, con la seconda si otterrà qualcosa che, se si vuole, sarà molto più rispondente alle istanze del principio di ragione che chiede di desumere l'essere e il modo d'essere della conseguenza dalla necessaria loro deduzione dall'essere e dal modo d'essere di qualcosa d'altro dalla conseguenza, ma che dipende per la sua validità da quella certa modalità che è stata rilevata dalla prima delle operazioni, in quanto solo quella modalità di almeno uno degli autocoscienti utilizzati dalla seconda operazione garantisce un valore ai risultati di essa; che se si obietta che siamo noi a confondere l'uno con l'altro due modi del pensiero di condizione umana, in quanto il rilievo dato




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