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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag 23 F1] che affianca alla conoscibilità parziale del metafisico la predicabilità soltanto parziale del fenomeno; analogo è il discorso che si deve fare per la metafisica determinata di Cusano: con una conoscenza di tipo umano, in altre parole con un fenomenico, che ha a suo fondamento la distinzione per opposizione, una differenziazione per contraddittorietà di contrari o di riducibili a contrari, il sistema gerarchico concettuale di tipo matematico lascia fuor di sé l’effettiva genericità che è coessenzialità del genere con le specie tramite l’unificazione entro il sovraordinato delle note opposte che provocano la determinazione di ciascuna specie sicché la discesa alla specie è una sorta di impoverimento di razionalità e di intelligibilità; l’ordine matematizzante dei concetti è allora puramente fenomenico e non riproduce la reale connotazione del principio; donde due possibilità: o la natura accoglie in sé l’unità intelligibile effettiva nel senso di accogliere in sé l’unità generica dei contraddittori assieme alla loro esplicitazione specifica oppure nel senso di porsi come esplicitazione per specie di quell’implicitazione che rimane condizione immutabile del primo nell’essere - pare che sia questa l’immagine che delle cose si dà Cusano -, e allora l’unità dell’opposizione acquista una portata essenziale in forza del rapporto di riproduzione del principio ontico da parte della natura o di dipendenza della natura dal principio ontico secondo il rapporto da ragion sufficiente ad intelligibile conseguente; oppure la natura si limita a dispiegarsi nelle specie senza allineare entro di sé a queste il genere unificatore pur continuando ad essere riproduzione perfetta del principio ontico, e allora l’unità di opposizione del genere è qualcosa di non essenziale al principio la cui assenza entro il naturale in nulla intacca la perfetta simmetria ontica tra l’uno e l’altra; nel primo caso, il fenomenico, che non riesce in alcun modo a darsi un genere in cui la giustapposizione del coessenziale delle specie con le differenze specifiche sia qualcosa d’altro da un mero accostamento, mai sarà in grado di far di sé un’immagine del reale e resterà sempre inadeguato all’ontità metafisica che costituisce l’essenza del reale - non si riesce infatti a vedere come il reale possa sdoppiarsi in due simmetrici equivalenti e come la natura possa sganciarsi da un nesso unitario col principio in un oggetto, in cui l’unità generica e le differenze speciali non si adattano a una ripetizione e nel principio ontico che rifiuta le seconde e nella natura che non lascia intravedere un reale naturale che sia esclusivamente generico; nel secondo caso, il fenomenico si pone come un qualcosa ricco di una pretesa inutile e inesaudibile, quella di darsi l’immagine di un’unità di opposizioni che non è necessaria nella natura perché non coessenziale al principio e che quindi non [pag.23 F2] si verifica nella natura senza impedire per questo alla natura di essere immagine perfetta del principio ontico; in entrambi i casi, il fenomenico resta un impredicabile della natura e del principio o perché ha in sé inerente l’esigenza di una rappresentazione in cui i due intuiti contraddittori non solo si ritrovino in quella separazione per intolleranza reciproca che li caratterizza nella natura e nel metafisico, il che si verifica, ma anche in quella connessione con un genere che sia sintesi e non semplice giustapposizione del coessenziale coi fattori di contraddizione il che è quanto si pensa attuato nell’oggetto e quanto si è certi destinato a rimanere perpetuamente assente nel conosciuto, oppure perché l’esigenza insoddisfatta dell’opposizione e dell’unità si dà in esso fenomenico come il concetto puramente possibile perché puramente formale e mai materiale di un modo che dalle condizioni del noto fenomenico viene inferito come necessario ed essenziale al metafisico mentre in questo è qualcosa di meramente contingente o addirittura di ininferibile dallo stato formale e logico in atto entro il reale in sé; il fenomenico allora è inadeguato al naturale -metafisico o per difetto o per eccesso, e, anche se al pensiero di condizione umana non è dato prendere posizione per una insufficienza per difetto o per un traboccare per eccesso - infatti, se è vero che nella proiezione che il fenomenico fa di se stesso nel reale tutto lascia credere che il reale in sé sia ricco di ciò che manca al pensiero, è pure vero che nulla dimostra che la ricchezza del reale sia ontica e non puramente proiettiva, essendo per questa decisione necessario dimostrare che la contrarietà è stato in sé e non condizione del conoscere fenomenico e non essendo lecita questa argomentazione se non attraverso una comparazione delle connotazioni delle specie contraddittorie con la connotazione del genere che è unità di esse, il che può operarsi su di un’intuizione non fenomenica della natura; e questo è meno assurdo di quanto epidermicamente possa sembrare, non essendo lecito parlare di una reale ed essenziale opposizione del bene e del male, del maschile e del femminile, del soggetto e dell’oggetto, del poligonale e del conoidale, ecc., se non partendo dall’imperio che sul giudizio esercita il principio di contraddizione, e non essendo lecito argomentare della medesima opposizione con la ragion sufficiente di un genere che rinserri in sé, in una sia pure inintelligibile unità, allo stato di coessenziale l’identico generico con l’opposto specifico, sicché sarebbe vero [pag 23 F3] ad esempio che un’azione di valore etico se con attributo di bene espelle da sé come intollerabile l’attributo opposto del male, o che un animale determinato dalla maschilità in nulla tollera la determinazione opposta, o che un ente geometrico piano che sia conoide non si mostra predicabile con nessuna delle determinazioni essenziali ad un poligono in quanto poligono, se si potesse dimostrare che tale modo apodittico si mantiene anche fuori di una situazione a modalità fenomeniche, il che se è estremamente difficile, se non impossibile a pensarsi in una sfera di realtà o ((a??)) essenza geometrica, non altrettanto difficile o impossibile a pensarsi appare per gli altri due casi citati ad esempio, pei quali, in uno stato paradisiaco sulla cui attualità non mi impegno affatto, l’opposizione scompare dinanzi ad un agire che non è buono né cattivo, ma è reale, essendo la sua attribuzione di bene l’estensione illecita di un fenomenico ad un in sé, o dinanzi ad un vivente il cui animale attributo di riproduzione è venuto meno trascinando entro la propria inessenzialità l’inessenzialità degli opposti sessuali; col che certo non scompaiono tutte le aporie, ma si toglie senz’altro quella dell’unità delle opposizioni che si rivela a valore permanentemente fenomenico -, il fenomenico deve essere affermato impredicabile nella sua totalità alla natura e al primo nell’essere; questo ne risulterà di conseguenza solo parzialmente noto, e alla dichiarazione di conoscibilità parziale del metafisico si allineerà in congruenza l’affermazione di predicabilità soltanto parziale del fenomenico; è vero, voglio ancora aggiungere, che Cusano pare ripudiare l’asimmetria per eccesso del fenomenico, ma questo, evidentemente, nulla toglie alla conclusione e non fa altro che rendere lecita la denotazione della sua metafisica determinata ad opera di quel medesimo genere che è proprio della metafisica determinata alla Schelling. Le metafisiche alla Schelling non sono soltanto delle metafisiche determinate a conoscibilità parziale del principio e predicabilità totale del fenomenico per eccesso qualitativo del naturale sul fenomenico, sono anche delle proposizioni descrittive dell’universale realtà a contenuto incongruente per surrezione o per petizione di principio, dei quali errori il pensiero a legislazione discorsiva umana mai avrebbe il diritto di accusarle se non fosse chiamato in causa dall’appello che esse implicitamente rivolgono a siffatta legislazione come a strumento loro fondamentale e quindi come a base di una loro universale validità: il loro punto di partenza è l’assunzione del fenomenico a valore [pag.23 F4] gnoseologico, il diritto che esse vogliono darsi di guardare al quadro complessivo di tutte le rappresentazioni a tonalità fenomenica come a un aggregato i cui contenuti e i cui modi non sono in funzione della nota dell’essere per altro che è l’essenza della loro fenomenicità e non sono da assumersi per giudicare della loro pretesa di simmetriche riflessione del reale in sé sotto il condizionatore ed ipotizzatore angolo di visuale di siffatta funzione; il diritto, che non può essere fondato se non sulla nozione, che gode di primato nell’ordine delle ragioni sufficienti, di una simmetria perfetta tra reale in sé e rappresentazione fenomenica in genere, e che dalla nozione assunta a ragion sufficiente prima mutua la liceità di presentare una qualsiasi nozione fenomenica come predicato da attribuirsi alla connotazione del concetto metafisico primo, non darebbe luogo a nessuna problematica se entro il quadro totale del fenomenico non fosse presente nessuna incongruenza reciproca fra questa o quella delle componenti il quadro stesso; che se, appunto, un’incongruenza di siffatto tipo viene, per uno o altro discorso, negato, il cammino è sgombro di aporie e dalle premesse qualitative assunte si procede direttamente all’affermazione di una conoscibilità totale del primo ontico, dalla quale è legittimo inferire la predicabilità totale del fenomenico e l’universale validità gnoseologica di questo; ma se si rivelano delle incongruenze e non si vuole o non si riesce ad escludere con questo o quel discorso, insorge una grave aporia che trae nascita dal postulato, assunto mplicitamente ad assioma fondamentale di tutto il discorso, comune al razionalismo in genere: per costui, le conoscenze elaborate con perfetta ottemperanza della legislazione normativa delle operazioni cognitive - questa legislazione e la sua ottemperanza è una logica per eccellenza se considerata in sé, è la ragione per eccellenza in quanto funzione cognitiva generica, è intellezione in quanto produzione di conoscenze valide in genere - sono in virtù della loro obbedienza alla logica dell’intellezione perfettamente simmetriche del reale in sé e riproduzioni inalteranti di esso quasi sue immagini speculari indeformate, il che rimanda all’altro postulato, che è il vero e supremo assioma di ogni razionalismo, che il reale è razionale, ((o??)) come quello che ordina i propri elementari modi secondo una legislazione normativa identica alla legislazione entro cui è possibile al soggetto conoscente ordinare i propri elementari modi cognitivi;
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