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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.26 F1] quindi M3 → (M1 → N1);
tesi prima: a) [(N=M)]=[(N2 → M2)+ (M1 →N1)]
perché [N4 →N3 → (N2 → M2)],
M3 → (M1 → N1), e [(N2 →
M2)+(M1→N1)] →(N=M)]; tesi
seconda: b) [(M=N)] ≠ [N=M], perché M=N, in cui (N=N4) = [N=N4
→ N3 (N2 → M2)], ma (M=N)
≠ [M3 → (M1 →N1)]; tesi
terza: c) [(N=M) → (M=N)], perché (N=M) → N3, (N=M)
→ N4, (N=M) → M3 e N3 →[M=N
(=N3)], N4 → [M=N (=N4)], (M=N) ≠
[M3 → (M1→N1)]; tesi quarta: d)
{[(M=N) →(N=M)]}≠ Riprendiamo ora in considerazione i due concetti di reale e di razionale. Si può ammettere in linea di pura possibilità che essi abbiano connotazione uniforme e omogenea limitatamente però alla qualità, ma non alla quantità nei riguardi della quale nulla offre ragion sufficienti per garantire alla connotazione del concetto di razionalità un’ampiezza perfettamente identica a quella dell’altro concetto - a guardare ben in fondo alle cose, nessun dato di conoscenza immediata si dà che garantisca in generale a una razionalità di inerire necessariamente alla connotazione del reale in quanto primo ontico; poiché d’altra parte l’affrontare questa questione darebbe vita a una digressione che ci porterebbe troppo lontano e addirittura alla meta ultima prima ancora che abbiamo fatto i vari gradini intermedi, ci limitiamo a un argomento meramente indiretto, che, escluse le forme di conoscenza immediata straordinaria, le conoscenze intuite sensorialmente sarebbero destinate a rimanere bagliori transeunti ed accecanti di sapere se non venissero assunte in uno o altro modo da una funzione che le elabora secondo una certa legislazione e che fa di essi strumenti di intelligibilità e di predicabilità non solo per il fenomenico in genere e con ciò per la natura che il fenomenico pretende riflettere, ma anche per il principio metafisico stesso -. Infatti, il razionale [pag.26 F2] ridotto alla sua purezza è organismo di norme che sono relazioni universali e necessarie e già dentro di noi, nella nostra conoscenza fenomenica, esso è zero senza una materia che in esso s’inquadri; nell’atto in cui noi pensiamo il razionale come denotante necessariamente il primo metafisico, in forza di un discorso che attribuisce al razionale il primato nell’ordine cognitivo e, subordinandogli in tal modo tutto il conosciuto, ne fa la condizione prima del conoscere che in nessun modo possiamo dedurre dal conoscere in quanto materiato secondo certi modi sicché per esso non resta che fare quel che si fa per tutto ciò che, pur non essendo argomentabile nell’esistere da sé pure non è argomentabile nell’esistere da altro che sia coessenziale ad esso in quanto fenomenico, ad esempio per ciò che si fa per le sensazioni, per l’autocoscienza, per le funzioni soggettive in genere, argomentarne l’esistenza dall’esistenza del primo metafisico, in quello stesso istante noi attribuiamo al reale ontico primo un attributo puramente formale che per quanto analizzato e ridotto a complessi ulteriormente riducibili in composti ancora analizzabili e così via, mai porta fuori da entità che sono rapporti, sicché al reale si deve pure attribuire una qualche altra connotazione che serva di materia alla forma relazionale della razionalità. Per questo, al concetto di primo metafisico non si può non riservare una connotazione a comprensione eccedente quella del mero razionale. Dunque, ci troviamo di fronte due equivalenti, il concetto di reale e il concetto di razionale, che per la loro parziale eterogeneità cadono sotto il secondo imperativo della legge dell’equivalenza qualitativa; non pare che un ulteriore indagine riesca a dimostrare una loro essenziale assoluta omogeneità; comunque questo aspetto della questione qui non ci riguarda, perché, come di qui a poco vedremo, i due concetti dell’ordine metafisico pur venendo a cadere sotto l’imperio di una delle tante leggi della normatività razionale, si trovano in una condizione gnoseologica particolare che non consente di attendere un ulteriore indagine per vedere quale delle due determinazioni possibili della legge sia qui il caso di scegliere; in altri termini, per quella particolare situazione gnoseologica, che fa dei due concetti due equivalenti eccezionali, al pensiero non resta che assumerli immediatamente come parzialmente [pag.26 F3] eterogenei, con la conseguenza di dover obbedire in tutto alla seconda determinazione, rimandando a più avanti, quando la conoscenza offerta da quest’ultima applicazione abbia cominciato ad offrirsi, se per caso i due equivalenti non divengano due assolutamente omogenei. L’applicazione di siffatta determinazione impone che si introducano i due concetti in un giudizio nel quale il concetto a comprensione più estesa, con le sue funzioni di soggetto, garantisca, com’è logico, con la propria l’esistenza del concetto a comprensione meno estesa che null’altro è se non una parte del suo tutto e riceva da questo limitato alle funzioni di predicato attraverso l’analisi delle sue note e quindi l’intelligibilità o conoscenza per universali e necessari della connotazione di ciascuna di esse, la propria intelligibilità; impone inoltre che siffatto giudizio goda di primato assoluto su tutti gli altri - si tenga presente che qui siamo già usciti da quell’indagine puramente quantitativa che presupponeva a primi i problemi puramente quantitativi della conoscibilità del soggetto e della predicabilità del fenomenico nel giudizio metafisico primo, e siamo già entrati in area qualificativa -, essendo quindi principio di conoscenza metafisica e di intellezione fenomenica; di qui deriva che di fronte a siffatto giudizio -”il reale è razionale” - il pensiero debba sottomettersi a un movimento diciamo così unidirezionale che dal soggetto porta al predicato, secondo una univocità di verso che non riguarda soltanto il diritto di esistenza, ma anche le ragioni della connotazione qualitativa. E qui insorge l’aporia. La legge dell’equivalenza qualitativa, come tutti i rapporti razionali, ha una portata puramente formale ed indica le condizioni di certe operazioni che la mente opera ed i limiti entro cui l’operazione deve essere condotta per sfociare in risultati validi; ma al pari delle altre della ragione, anche questa legge prescinde dai modi particolari che qualificano la materia di cui essa normalizza le elaborazioni, così come prescinde dai modi qualificatori dei risultati e, quel che qui interessa, dalle condizioni in cui la materia da elaborarsi si dà; essa legge, infatti, nell’atto stesso in cui si pone come determinazione apodittica di elaborazioni cognitive, stabilisce non solo modalità operative, ma anche condizioni [pag.26 F4] imprescindibili al procedere del’operazione e nei suoi inizi e nell’intero corso del suo processo; nella fattispecie, essa impone, è vero, che gli equivalenti siano inseriti in un rapporto di predicazione in cui il concetto a comprensione più estesa funga da soggetto e l’altro da predicato, impone che tale giudizio sia primo e sia fonte di validità per il giudizio da questo ottenuto per conversione; e ancora impone che il pensiero muova dal soggetto al predicato, sia per garantire a questo il diritto di esistenza inferendolo dalla sua inerenza alla connotazione del soggetto che si dà esistente di per sé o per un altro che non è il predicato, sia per ritrovare effettivamente presenti nella conotazione del soggetto quelle connotazioni universali e necessarie che inerendo a tutte le note del predicato costituiscono l’intera comprensione intelligibile di questo, tollerando che il pensiero si valga di connotazioni trovate altrove alla condizione però che siano effettivamente esistenti nella connotazione del soggetto considerato; ma è anche vero che essa fissa delle condizioni che devono essere date entro il materiale da elaborarsi come enti che offrono liceità di esecuzione alle medesime imposizioni formali, e nella fattispecie essa legge di equivalenza impone che il concetto del soggetto abbia oltre alle note dell’esistenza in sé del suo oggetto, oltre alla nota della sua denotazione da parte del predicato, oltre alle note, che possono essere anche al tutto indeterminato, della necessità di una eccedenza della propria sulla comprensione del predicato, anche, se non altro, tutte le note del predicato stesso, e quindi corrisponda alla rappresentazione immediata dell’oggetto illuminata per dir così almeno in quella zona in cui si possano riscontrare gli universali e necessari del predicato, potendo per il resto giacere nella più totale delle oscurità; senza tale condizione materiale le imposizioni formali restano branche destinate a stringere il vuoto cognitivo. E’ logico, quindi, che o la materia con la propria situazione corrisponde alle condizioni e vede almeno alcune delle proprie modalità qualitative coincidere con le condizioni materiali richieste dalla legge, e la legge sarà un esecutabile, o nella materia mancano in tutte o in parte le condizioni, essendo le situazioni particolari della materia totalmente o parzialmente altre dalle
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