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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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esigenze della legge, e allora il pensiero nonostante tutta la sua buona volontà tutta la sua attenzione tutto il suo vigile spirito di disciplina non potrà ottemperare alla legge stessa. Ora, fin dalle nostre prime pagine abbiamo sempre curato di dimostrare che l’intuizione o conoscenza immediata non è data, direi quasi per definizione, del primo nell’essere almeno in una situazione cognitiva umana a tipo normale e, con ciò non può essere posta come conosciuto primo e principio gnoseologico per una metafisica pura, non potendo nel nostro ragionamento né accettare un’intuizione a modalità straordinarie come principio di una metafisica pura e neppure confutarla, perché una sua confutazione è lecita solo per quelle metafisiche impure che dopo essersi appellate a funzioni cognitive straordinarie pretendono trasportare tutto il bagaglio di nozioni fornite dalla o dalle nuove funzioni entro la sfera della legislazione razionale- alludo a metafisiche determinate caratteristiche dello spiritualismo francese a indirizzo antipositivistico - e ottengono il risultato o di involversi in circoli viziosi o di cadere in una petizione di principio, ma diviene subordinata a una determinazione qualitativa di metafisica pura e quindi estranea a queste ricerche puramente formali quando si rivolga contro metafisiche di contenuto buddistico ad esempio per le quali la funzione cognitiva straordinaria concede un’”estasi” irreversibile. Ma se l’intuizione dell’ente primo non è data neppure è data una liceità di conoscenza mediata per elaborazione razionale delle modalità della sua esistenza, mancando in tal modo la possibilità di connotare il relativo concetto di altre note a fianco di quella dell’esistenza del suo oggetto e quindi, a maggior ragione, non essendo presente quella particolare illuminazione dell’ente primo nella sua modalità razionale che consenta l’intuizione speciale di quella sua parte la cui analisi si tradurrà nella connotazione del predicato in quel giudizio metafisico primo che suona “il reale è razionale”; è vero che il concetto di razionale in generale riceve la sua connotazione da un notevole numero di fonti che sono altrettante intuizioni fenomeniche, ma è pure vero che la connotazione in tal modo ottenuta non riguarderà mai la connotazione totale del concetto metafisico primo e solo ricondotta alla sua più estrema genericità, ammesso che a questa si possa pervenire, potrà valere come possibile fonte di conoscenza per il concetto di reale, senza per questo mai offrire certezza assoluta perché l’ignoranza della connotazione particolare di questo se impedisce la definizione determinata del suo predicato, non impedisce in minor misura la denotazione di questa da parte di un qualsivoglia generico. Per questo motivo un

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razionalismo, che è pur sempre una certa metafisica determinata, come quello che è mosso dal giudizio “ il reale è razionale” in quanto enunciato metafisico primo, nell’alternativa o di rinunciare ad ogni altro passo innanzi al di là del primo conosciuto stesso o di dover ciononostante procedere oltre sia perché l’affermazione prima in sé e per sé non ha nessuna portata cognitiva determinata sia perché essa pure attende una qualche giustificazione che non può venire se non da un allargamento della connotazione del concetto metafisico primo, ritiene legittima la liceità di inferire immediatamente dal giudizio metafisico primo un giudizio secondo che non è se non la sua conversione, pel medio della quale si offre all’analisi un complesso fenomenico ancora complicato e intricato nella sua composizione, ma pur sempre dato e attuale nella sua intuibilità immediata, col conseguente usufrutto di una situazione gnoseologica ben diversa dalla precedente in cui si offriva un analizzando dalla connotazione incerta ed oscura - com’è evidente, abbiamo tralasciato qui quel discorso ad inferenza eterogenea che pur deve precedere l’enunciazione metafisica prima della razionalità del primo ontico, perché qui il razionalismo ci interessa non nella sua validità generica e nella sua legittimità cognitiva, ma soltanto in quelle sue conseguenze che portano direttamente nel cuore di metafisiche a cognizione parziale del metafisico e a predicabilità totale del fenomenico. Con questo suo primo movimento dialettico dalla razionalità del metafisico all’ontità del razionale, un razionalismo si è dato il diritto di assumere il razionale in sé, in quanto immediatamente intuito per sé, di procedere alla sua analisi, di salire alla sua definizione come connotazione dell’essenziale del razionale e della determinazione o delle determinazioni che tale essenziale accoglie entro un razionale, e di dar vita con ciò a una catena di passaggi dialettici in cui il concetto di razionalità vien sempre meglio determinato fin ad essere conosciuto in tutta la sua connotazione; la legittimità gnoseologica della catena dialettica deriva dal giudizio secondo, quello della soggettività del razionale, che ha fornito il diritto di astrarre dal fenomenico tutte le zone che potessero esser qualificate come razionali e di trattarle come altrettanti autonomi nell’esistenza, mentre la medesima catena trae il fondamento delle sue pretese metafisiche ancora dal medesimo giudizio in quanto però predica al razionale l’ontità. Ma l’intero processo si sposta dall’assunzione del razionale a qualificativo del reale per scendere sino alla definizione

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del razionale, per ritornare ancora da questa determinazione alla connotazione completa del reale ontico stesso - siano A il concetto di metafisico primo in genere con la mera determinazione dell’esistenza del suo oggetto e con l’indicazione della presenza in esso di una nota di razionalità ridotta però alla minima connotazione dell’esistenza intelligibile per universalità e necessità, B il concetto di questa nota di razionale così indeterminatamente connotata, A1 il concetto della nota dell’esistenza dell’oggetto di A, B1 B2 B3... i concetti della determinazione del concetto di esistenza intelligibile in genere e quindi le ragioni sufficienti e insieme le denotazioni di questo concetto, Bn la determinazione esaustiva e per la qualità e per la qualità del concetto di razionale come di esistente intelligibili e, di conseguenza, la categoria offrente la ragion sufficiente prima e la denotazione prima di una qualsivoglia classe del razionale, An il concetto di ente metafisico primo in quanto, se non completamente determinato, almeno esaurientemente connotato rispetto a quella minima connotazione insufficiente che ineriva ad A, il movimento dialettico procede lungo le seguenti tappe: (A è A1) = (A è B)→ (B è A1) → (B è B1, B2, B3...Bn) → (Bn è A1)→ (A è Bn) →(A è An) -; e in siffatto processo si verifica a) che il razionale che si ha diritto di assumere ad autosussistente come termine di un’analisi a finalità metafisica è soltanto il razionale come immanente nel primo metafisico, b) che il concetto di razionale medio tra la predicazione indeterminata del concetto metafisico primo e la predicazione determinata del medesimo deve essere la nota denotante e il concetto metafisico primo e i concetti di classi di razionalità in quanto però dimostrati di derivazione da esso e conseguenti da esso come da ragion sufficiente, c) che qualsivoglia classe di razionale non può essere assunta come principio di induzione della categoria del razionale se non per un’analisi a validità puramente fenomenica e destinata a veder garantita la sua pretesa di validità metafisica, alla condizione che sia dimostrato sussistere tra il concetto metafisico primo e la categoria del razionale un nesso di ragion sufficiente esistenziale, d) che nella fattispecie siffatto nesso non è dato per gli stessi motivi per cui non è lecito procedere all’indagine immediata del razionale in quanto inerente al metafisico,

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vale a dire proprio perché il metafisico non è intuitivamente dato in sé nella sua generica connotazione,

e) che l’assenza di tale rapporto consequenziale lascia l’intero raziocinio in una condizione o di invalidità logica, appunto perché contravviene al canone secondo della legge di equivalenza, pel quale è illegittimo e quindi cognitivamente infruttuoso sostituire nel rango di principio discorsivo all’enunciato primo di una certa equivalenza l’enunciato secondo, che è appunto ciò che fanno i razionalismi - per questi il giudizio primo (A è B) esce dalla sua indeterminatezza per divenire il giudizio metafisico qualificato (An è Bn) alla condizione che il rapporto primo di equivalenza sia (B è A), in virtù del quale la determinazione (Bn è A) consente la conclusione [(Bn è An) → (An è Bn)]. La illegittimità del processo è provata da questo che un razionalismo evita il paralogismo di cui si macchia il suo discorso alla condizione di dare a questo un certo fondamento che è però preda di circolo vizioso: infatti, se non si vuole che non sia lecita la predicazione della categoria del razionale in quanto denotante le classi dei razionali fenomenici al concetto di primo ontico in quanto metafisico, essendo la categoria della razionalità di questo un metafisico e quindi un eterogeneo per principio dal fenomenico, per evitare che vengano identificati nel raziocinio due concetti eterogenei, non resta che argomentare la denotazione da parte della categoria del razionale di portata fenomenica sulla connotazione del concetto metafisico primo dalla funzione di ragion sufficiente che questo deve esercitare su tutto il razionale in generale, e, contemporaneamente e sotto lo stesso punto di vista, argomentare il rapporto di ragion sufficiente tra concetto metafisico primo e concetto di razionale fenomenico dall’immanenza di questo nella connotazione di quello; in parole più semplici ci si attribuisce il diritto che la razionalità che si deve predicare al concetto del primo nell’essere è la razionalità medesima che si predica del concetto di fenomenico in generale perché la razionalità del primo è la ragion sufficiente dell’essere e del modo di essere dalla razionalità del secondo, e si inferisce il diritto di affermare il rapporto di consequenzialità che pone l’essere e ((o??))il modo di essere della razionalità proprio della classe del fenomenico in funzione dell’essere e del modo di essere della razionalità propria del concetto metafisico primo, dalla necessità di dover predicare la razionalità




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