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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.30 F1] tutta la loro sovranità dispotica, di escludere come fittizia dal pensiero la distinzione tra un conoscere per staticità e un conoscere per dialettica, di sottrarre ad alcune delle sue proposizioni fondamentali tutto il loro fondamento; ma questo è impegno che riguarda Hegel e gli hegeliani, non la nostra difesa per cui siamo stati chiamati in causa. E perciò noi non spostiamo i termini e non facciamo una questione di principi, di diritti, di deduzioni trascendentali. Accettiamo la distinzione tra un principio di identità ad imperio cognitivo, il quale sia legge sovrana di immobilità del sapere razionale, e un principio di identità ad imperio discorsivo od operativo, il quale pretenda di essere legge sovrana di immutabilità in quella dialettica che è mobile per essenza. E prendiamo in considerazione l’accusa che da tale distinzione ci vien mossa, aver noi fatto appello al principio di identità in generale per ritrovare l’errore del circolo vizioso in un discorso dialettico il quale per questa natura sarebbe fatto razionale da doversi ricondurre non alla funzionalità in generale del principio, ma a quella sua funzione operativa che non è valida per nessun discorso dialettico in generale - e in questo caso il nostro non è un diritto, ma una surrezione -, oppure aver noi preteso condannare per circolo un discorso dialettico muovendo dalla funzione operativa del principio di contraddizione per poi argomentare questa con l’opposta funzione cognitiva - e in questo caso dal nostro circolo vizioso argomentano il circolo vizioso altrui. Quando diciamo che inferire dal principio “il reale è razionale” l’equipollenza predicativa, o di conoscenza, e l’equipollenza operativa, o di principio, del giudizio “il razionale è reale” per darsi i diritti a) di definire il razionale in sé, o fenomenico, perché null’altra razionalità possiamo noi astrarre ed elevare all’inseità che non sia quella intuita o comunque argomentata immanente nel fenomenico, b) di predicare il razionale così definito e connotate al “reale” del giudizio primo dando vita a un giudizio metafisico primo che qualifica il reale primo nell’essere secondo i modi del razionale nel fenomenico, significa dimostrare che il fenomeno connotato dalla razionalità fenomenica deriva, secondo uno o altro modo processuale dal primo nell’essere e inferire l’intero discorso di questa dimostrazione da un giudizio-principio del tipo “il reale è razionale secondo questa razionalità A”, in cui A è questo particolare [pag.30 F2] modo di razionalità indotto dal fenomenico, e significa contemporaneamente dimostrare che il razionale immanente nel fenomenico è legittimamente da predicarsi al reale primo nell’essere e trarre l’intero discorso di questa dimostrazione dal giudizio-principio “ il fenomeno in quanto denotato da questa particolare razionalità A e quindi il razionale A è derivato dal principio secondo la processualità o B o C o D o... n”, quando cioè affermiamo che le metafisiche determinate a conoscibilità parziale del principio metafisico e a predicabilità totale del fenomenico sono classi in genere del razionalismo e che questo è formalmente preda di un circolo vizioso ineluttabile, il nostro asserto viene da una serie di osservazioni, a) che un giudizio categorico - e il giudizio “il reale è razionale” è giudizio categorico - è di diritto valido quando il predicato sia stato conosciuto nella sua connotazione per analisi del soggetto immediatamente e intuitivamente dato al pensiero analizzante, b) che per un giudizio categorico il predicato, connotato da una sintesi di denotazioni inferite dall’analisi di conosciuti intuiti altri dal soggetto del giudizio stesso, è di diritto attributo del soggetto solo nel caso che esso predicato denoti il soggetto stesso in quanto immediatamente intuito e legittimamente sussunto, previa analisi, sotto la classe dei predicati, e con ciò reso cogenere, logico e non ontico, degli altri intuiti, c) che un giudizio categorico è il distintivo o fenomeno di un movimento dialettico che dal soggetto muove al predicato, sia nel caso che il movimento sia semplice, essendo dato e noto solo il soggetto e con ciò avendosi la dialettica di soggetto→ soggetto→soggetto equivalente al discorso soggetto intuito e non analizzato →soggetto intuito e analizzato in una parte della sua connotazione → soggetto intuito e conosciuto pel tramite di questa sua parziale connotazione eretta ad intelligibilità, sia nel caso che il movimento sia complesso, essendo dati e noti altri concetti oltre il soggetto e con ciò avendosi una dialettica di soggetto-predicato-soggetto, in cui il predicato è intellezione per altro dal soggetto, mentre il soggetto, linea di partenza, è l’ente reale per intuizione e conoscibile per analisi, e il soggetto, punto di traguardo, è il medesimo reale ma analizzato e ritrovato affetto da quella intelligibilità che è del predicato, d) che il principio della intellezione e della conoscenza di un [pag. 30 F 3] giudizio categorico è sempre e solamente il soggetto, tranne nel caso che tali funzioni di principio possano essere assunte da un altro reale che sia intuito in sé e nella sua inferenza immediata dal soggetto, secondo un’intuizione però che non può prescindere dall’intuizione del soggetto stesso come quella che riguarda non un ente sostanziale ma un rapporto tra due eterogenei, e) che, dato un giudizio categorico - del tipo, tanto per mantenere sott’occhio il punto di riferimento cui siamo interessati, “il reale è razionale”- e data la mancanza di un’intuizione del suo soggetto mancanza che non impedisce la nozione dell’esistenza del suo soggetto -ad esempio, “ il naso di Cleopatra è storico “-, è illegittima la sussunzione del soggetto sotto il predicato, qualora il predicato sia non già una classe di reali ma una categoria mediata rispetto alla sua connessione con la sfera dei reali sussunti da differenti livelli di classi, ossia una classe di classi o a maggior ragione una classe di classi di classi o una classe di classi di classi di classi, e qualora si voglia connotare il predicato non già secondo la comprensione della categoria in quanto preda di una tale indeterminazione da essere inutile, ma secondo la comprensione di una delle classi medianti - ad esempio, “il naso di Cleopatra è storico”≠ “il naso di Cleopatra è del passato dell’umanità “=“ il naso di Cleopatra è del passato attivo dell’umanità “-, f) che, dato un giudizio categorico l’utilizzazione dei cogeneri del soggetto per inferire da essi una predicazione per il soggetto non intuita è sempre legittima quando salga ai livelli di massima astrazione possibile e non s’arresti ai livelli medi di astrazione;- e tutte le suelencate osservazioni sono per noi proposizioni universali e necessarie, degli intelligibili la cui connotazione, denotata da nozioni universali e necessarie, è sempre descrittiva di una situazione propria del loro soggetto, ossia della comprensione di questo; abbiamo cioè che fare con dei giudizi categorici ed apodittici, e quindi razionali, che hanno ottenuto la loro intelligibilità da un discorso condotto unicamente sull’unico oggetto intuito che li riguarda e che è il giudizio categorico stesso nella sua genericità formale; essi hanno come [pag.30 F4] predicato classi o denotazioni della comprensione del soggetto, e nel caso che abbiano a predicato degli enti che sono di fatto operazioni da potersi legittimamente compiere sul loro soggetto, tali operazioni non sono che inferenze necessarie o dalla comprensione del soggetto o dal rapporto cognitivo che s’inserisce tra il pensiero e la comprensione stessa; essi sono il risultato operativo di vari discorsi dialettici i quali però mai hanno incontrato dei termini contrari, ossia contraddittori per contraddittorietà reale, e perciò mai si sono trovati in quella certa situazione discorsiva in cui per un hegeliano il principio di contraddizione deve deporre la sua sovranità - e di tutto ciò chiedo di risparmiarmi la dimostrazione; essi, infine, ed è quello che essenzialmente ci riguarda e a cui vogliamo arrivare, come intelligibili sono degli immutabili, conclusioni, per quel che riguarda la loro situazione terminale, non per quel che riguarda il loro discorso produttore, in assoluto di un sillogismo avente il principio di identità a premessa maggiore, in relativo di un sillogismo la cui premessa maggiore è il principio di contraddizione dotata della funzione cognitiva, ossia determinatrice dell’illegittimità logica e cognitiva di un mutamento in genere nel rapporto predicativo dei termini della conclusione, di quella funzione che l’hegelismo non può non accettare e di fatto accetta. Che se le osservazioni sono intelligibili, legittime e canoniche, la loro contravvenzione non può non dar luogo a un sofisma che nella fattispecie è un circolo vizioso. Quantunque il nostro discorso sia valido e, di conseguenza, convalidi l’accusa di circolo vizioso mossa ai razionalismi, c’è tuttavia una situazione il cui darsi consente ad essi di determinare il genericissimo predicato di”razionale”, nel giudizio metafisico primo del tipo “il reale è razionale”, connotandolo con denotazioni del fenomenico senza che la macchia del sofisma renda vano tutto il discorso. Se si assume il concetto di razionalità o come una categoria o come una specie immediatamente sussunta sotto la categoria della qualità o come una specie mediatamente sussunta sussunta sotto la categoria denotante il concetto del qualitativo, ossia come un genere altissimo denotante tutti i concetti che siano sue determinazioni e sussumibile o soltanto sotto se stesso o sotto un concetto che escluda dalla propria connotazione quelle note
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