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REGOLAMENTO DELLE FIGLIE DI SANTA MARIA DELLA PROVVIDENZA (1911) Capitolo X. INDIRIZZO GENERALE PER LE NOVIZIE Della dote |
Della dote
[78]È tanto naturale una dote.
Una dote è un patrimonio o almeno una spanna di patrimonio per poter vivere I genitori son tenuti verso i figli; sono obbligati a lavorare ed economizzare per mantenere i figli.
Alla volta che i figli prendono stato, son tenuti a dare una dote od una sommetta per le prime spese di stato.
Nel diritto ecclesiastico poi, nemmeno si approva l'erezione di una chiesa, di un'Opera pia, se prima non vi si associ il pensiero e la cooperazione per costituirsi un patrimonio per la continuazione dell'opera.
Più facile è creare un'Opera che conservarla: troppo necessario è pertanto il provvedere a questo stato di conservazione.
Non si potrebbe derivare che il divino Salvatore, quando costituì Giuda raccoglitore, conservatore del peculio apostolico, non avesse inteso dare esempio di quel tanto di dote che ognuno, il quale aspira a convivere nella unione e nella carità di fratelli, deve provvedere? Intanto un allievo del santuario non potrebbe salire agli ordini maggiori, se prima non avesse costituito una pensione vitalizia per il giorno del bisogno.
Sarebbe conveniente che un ministro sacro, il quale per malattia o per decrepitezza o per altro motivo qualsiasi non potesse servire all'altare e vivere dell'altare, sarebbe, ripeto, conveniente che dovesse[79] stendere la mano per vivere di elemosina? E lo stesso dite di una figlia che si fa religiosa; non deve esporsi al pericolo di dover vivere a tutte spese della congregazione che prevalentemente è già povera cotanto.
E poi non è regola a tutti nota per diritto di giustizia, che nessuno debba vivere della roba d'altri, finché ne ha della propria?- 498 -
Nel caso nostro si tratta poi di una dote cotanto piccola. Son delle religiose che dispongono anche di dieci e più mila lire in dote per un convento di clausura in contemplazione. Or come sarebbe pesante disporre di lire quattrocento, di lire duecento, se lire quattrocento di dote versano le suore direttrici e lire duecento le suore coadiutrici? Può avvenire che talvolta nemmeno di sì poco possa disporre una povera figlia, e allora procuri di essere molto distinta nella pietà ovvero distinta in un'arte di insegnamento professionale od elementare di studio, o almeno sia di robustezza atta a sostenere molti servizi in favore dello istituto.
Queste circostanze potranno giovare a che la dote venga di un poco diminuita.
Può avvenire che possa recare almeno un corredo copioso ovvero che una compagna rechi una somma superiore e che esprima il desiderio che almeno una parte di quanto eccede venga[80] assegnato in aiuto a quella dote che le figlie poverissime del popolo a troppo grave stento potrebbero raggranellare.
Una dote torna di incoraggiamento alla figlia che entra membro nella congregazione; una dote potrebbe essere un riparo nei casi imprevisti della vita.
La direzione della congregazione ha cura di custodire le piccole doti, perché quando per qualsiasi causa una figlia volesse o dovesse lasciar l'istituto, almeno si abbia di ritorno e di primiero aiuto nella vita quel tanto di dote che seco portò allo ingresso.
Non se ne parla dei frutti, perché vengono conservati nella casa.
Non se ne parla del corredo, perché viene sdrucito e consumato.
La figlia, nel caso che pur bisogna scongiurare, potrà riportarsi la dote senza i frutti, il corredo per quanto ne è rimasto.
Questo è secondo giustizia e secondo carità; lo è più di carità che di giustizia, perché in anni due di noviziato una figlia consuma molto al di là del valore di sua dote; questo è bene ricordare, perché case e persone sappiano regolarsi con prudenza conveniente.