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COSTITUZIONI DELL'ISTITUTO DEI SERVI DELLA CARITÀ (1907) Parte PRIMA Capo VIII. DEL VOTO E DELLA VIRTÙ DI POVERTÀ |
Capo VIII.
DEL VOTO E DELLA VIRTÙ DI POVERTÀ
41. Emettendo questo voto, i Servi della Carità rinunciano al diritto di disporre lecitamente di qualunque cosa temporale senza il[16] beneplacito dei superiori legittimi, onde non possono presso di sé ritenere l'amministrazione dei propri beni.
Devono pertanto, prima di emettere i voti annuali, disporre, come loro piace, dell'uso o usufrutto dei loro beni in favore di chi vogliono o anche, se così loro piace, in favore della propria congregazione.
Devono ancora cedere l'amministrazione dei loro beni ad altra persona di loro fiducia o anche alla propria congregazione, se essi vogliono e se la congregazione l'accetta.
42. La cessione di amministrazione dell'uso e dell'usufrutto non ha più luogo quando uno esca dall'istituto e però all'atto di cessione si pone la condizione che sia nulla nel caso suddetto di uscita dallo istituto stesso.
43. Compiute le suddette disposizioni, non si possono più revocare o cambiare senza il beneplacito del superiore generale.
44. Le stesse disposizioni si possono eseguire tanto per atto pubblico che per atto privato.
45. Nondimeno i Servi della Carità professi ritengono il dominio radicale dei propri beni e non vi possono rinunciare per atti[17] inter vivos4 avanti la professione dei voti perpetui.
46. Chi volesse spogliarsene prima della professione dei voti perpetui, dovrebbe ottenerne l'assenso della Santa Sede.
47. Conviene che i Servi della Carità, avanti emettere - 1203 -qualsiasi voto temporaneo o perpetuo, dispongano per testamento dei propri beni.
48. I Servi della Carità, che intendono fare testamento o mutare il già disposto, hanno bisogno del consenso della Santa Sede.
Nei casi di urgenza per pericolo di vita o per altro, vi può supplire il consenso del superiore generale ovvero del superiore provinciale e vi può bastare, nei casi di massima urgenza, anche il consenso del superiore locale.
49. Con il consenso dei superiori, come sopra, possono disporre e firmare atti di proprietà in conformità alle leggi civili.
50. I Servi della Carità possono disporre dei beni loro pervenuti dopo la professione religiosa in egual modo come i beni che possedevano prima della professione stessa.
51. Tutto quello che di guadagno per lavoro ovvero per riguardo dello istituto i[18] Servi hanno potuto mettere assieme, tutto diviene proprietà dello istituto medesimo.
52. Nella comunità tutti i beni sono comuni quanto a vitto e vestito, ma è conveniente che ognuno tenga nota degli abiti propri personali e di quelli che se ne serve.
53. Quanto alle suppellettili, niente abbiano di superfluo i Servi della Carità e niente loro si dinieghi di quanto può essere loro necessario.