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COSTITUZIONI DELL'ISTITUTO DEI SERVI DELLA CARITÀ (1907) Parte TERZA Capo V. DELL'ECONOMIA GENERALE E DELLA AMMINISTRAZIONE DEI BENI DELL'ISTITUTO |
DELLA AMMINISTRAZIONE DEI BENI DELL'ISTITUTO
175. [49]Dei beni che possiede l'istituto altri si amministrano da tutto l'istituto, altri dalle province dell'istituto ed altri dalle singole case.
176. Tutti i beni immobili e mobili dell'istituto, in quanto sono dell'istituto, vengono amministrati dall'economo generale sotto la dipendenza del superiore generale e del Consiglio superiore.
177. L'economo generale, dovendo eseguire gli ordini del Consiglio generale e rendergli ragione del suo operato, per questo stesso non può essere membro del Consiglio superiore per non dover poi esser giudice in causa propria.
Si deve l'economo chiamare in Consiglio in tutte le cose che riguardano l'amministrazione, perché vi porti i documenti ed i consigli necessari.- 1221 -
178. Nella casa in cui risiede il superiore generale si abbia, in luogo sicuro, una[50] cassaforte chiusa con tre diverse chiavi, che tengono per primo il superiore generale, per secondo il consigliere superiore o vicario e la terza lo stesso economo.
179. Nella cassaforte si conservano tutti i titoli di proprietà, le obbligazioni che equivalgono a valore o lo rappresentano o che danno diritto a percepire dei frutti.
Nella cassaforte si custodiscono pure quelle sommette in denaro che non si richiedono per le spese ordinarie e quotidiane.
180. Ogni volta che si abbia da aprire o chiudere questa cassaforte, i tre consiglieri che hanno in mano la chiave devono radunarsi e aprire e chiudere ognuno colla chiave propria.
Che se taluno non possa intervenire, allora, piuttosto che delegare un compagno, deleghi altri del Consiglio superiore col patto che tosto gli ritorni la chiave affidatagli.
181. L'economo generale prenda sempre nota accurata di quello che si trova nella cassaforte e di quello che se ne estrae.
182. L'economo generale alla fine di ogni semestre renda ragione al superiore generale della sua amministrazione, presentando i registri.
Il superiore generale ed i consiglieri[51] li esaminano e confrontano colla cassaforte e vi appongono poi la propria firma.
183. In modo consimile si tengono e si regolano i conti nella cassaforte di ogni provincia e di ciascuna casa.
184. Alla sua volta il superiore di ogni provincia, in ogni semestre, manda ragguaglio al superiore generale perché, esatto, vi apponga la sua firma di approvazione.
185. I superiori delle case suffraganee in ogni mese, con i propri consiglieri come sopra si è detto, esaminino le casse ed i libri e li approvino ed alla fine di ogni semestre ne rendano resoconto al superiore provinciale ovvero al superiore generale.
186. In ogni anno le case filiali, fatti i conti generali e dedotte le passività, se vi sono degli avanzi ne mandino per due terzi alla casa provinciale e questa alla sua volta di quanto le sopravanza mandi per due terzi al superiore generale.
187. Il superiore generale, terminata la sua gestione, fa il - 1222 -resoconto diligente al Capitolo superiore dei beni amministrati nel periodo del suo superiorato e dà pure relazione dello stato economico di tutto l'istituto; i ragguagli[52] della resa dei conti si fanno dall'economo generale e innanzi cominciare il Capitolo si riconoscono dal Consiglio generale.
Si scelgono, fra i capitolari, tre che non sono del Consiglio superiore e questi esaminano i conti e poi riferiscono al capitolo.
188. Il superiore generale od i superiori delle province devono render ragione di «quei fondi e legati per il divin culto, che gravitano su qualche casa ovvero per una beneficenza da impartirsi in quel luogo; il superiore della casa amministri pure questi beni, ma riferisca al vescovo e gli si mostri affatto riverente, cioè così che né al superiore delle case filiali né al superiore generale sia permesso di occultare, di distrarre o di convertire in altri usi suddetti beni.
Però il vescovo, quante volte crederà, esaminerà l'attivo e il passivo di tale amministrazione e curerà che i capitali non vengano diminuiti, che i redditi non vengano invano erogati» (Costituzione Conditae, § 2, IX)9.