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§ I. In che consiste la virtù della ubbidienza
1284§ III. Gradi della virtù dell'ubbidienza
12861287DELLA VIRTÙ E DEL VOTO DI UBBIDIENZA
In che consiste la virtù della ubbidienza
[101]Un figlio si dice ubbidiente quando cerca di conoscere i voleri ed i desideri del proprio padre, quando cerca di eseguirne parimente ogni volere ed ogni desiderio, quando ama i voleri ed i desideri del proprio padre e in compiere tali voleri e desideri trova la quiete dell'animo e raggiunge la propria felicità.
Cotal padre è il Signore Iddio, ottimo padre; onde bisogna che noi, poveri figliuoli di Dio, ci sforziamo a conoscerne la bontà, la sapienza, la santità; bisogna che noi poveri figliuoli, redenti dal sangue di Gesù Cristo, abbiamo a credere ai voleri di lui, che sono di dar gloria a Dio e santificare le anime nostre.
[102]Il cristiano religioso deve amare soprattutto Gesù Cristo e conformare il proprio cuore ai desideri del Cuore di Gesù Cristo e in questi unicamente riporre la propria felicità.
In questo senso disse Gesù Cristo: «Voi diverrete gli amici miei, se voi eseguirete le cose che io vi comando.
In questo si conoscerà che voi siete figliuoli, se farete ciò che - 1285 -è di soddisfazione del mio eterno Padre, soddisfazione che è tutta e grande nella santificazione vostra»33. Un padre è ben lieto quando il figlio gli è perfettamente ubbidiente; dire un figlio ubbidiente è come dirlo dotato insieme di ogni eletta virtù.
E siccome il Signore ha disposto sulla terra quelli che debbono tenere il suo luogo e comandare a nome suo, così egli ha detto dei superiori: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me stesso»34; toccare i superiori sarebbe come mettere le dita negli occhi per ferire la pupilla degli occhi stessi di Dio.
Bisogna adunque ubbidire al superiore come a luogotenente di Dio e ubbidirgli di cuore per amore di Dio stesso.
In questo senso i Servi della Carità saranno figli ubbidienti del comun Padre.
Merito dell'ubbidienza
[103]È caro al genitore il figlio che gli presenta il guadagno dei suoi lavori; più caro è il figlio che presenta al padre la propria persona; gli è poi carissimo il figlio che intiera gli dona la propria volontà.
Il figlio religioso che dona la propria volontà a Dio Padre compie l'atto virtuosissimo che si rassomiglia al mistero ineffabile del Verbo eterno, il quale si fece uomo per compiere intera la volontà del Padre.
La volontà è l'unica dote che il Signore ci ha dato come nostra propria.
Quando noi pertanto ritorniamo a lui quello che ci ha dato come nostro, cioè la volontà, allora gli facciamo il più caro dono ed il più accetto che mai; per cui l'Altissimo si fa debitore a noi e noi creditori di un tesoro massimo, il paradiso, che il Signore ha promesso a tutti quelli che lo amano e lo servono.
Onde è che le Sacre Scritture sono ripiene di elogi per la virtù dell'ubbidienza; per questo è che il Signore agli - 1286 -ubbidienti promise la vittoria contro tutte le tentazioni della carne, ossia del senso, del mondo e del demonio.
L'uomo[104] ubbidiente diviene personaggio valente che sempre e sopra tutti gli avversari canta la vittoria.
Per questo è che gli uomini che pervennero all'apogeo della santità, tutti si diedero cura a studiare la virtù dell'ubbidienza ed a praticarla.
Gradi della virtù dell'ubbidienza
Voi avete un fanciullo, buono sì, ma tale che poco sa e poco s'intende di conoscere le inclinazioni ed i desideri del proprio padre; ubbidisce al comando del padre, ma gli ubbidisce più per timore che per amore, più per istinto di dipendenza che per virtù di sottomissione.
Così vi sono dei figli buoni bensì, ma che poco se ne intendono e poco si curano di conoscere gli intimi desideri del Cuore santo di Gesù Cristo; obbediscono alla voce di Dio, che si fa intendere nell'interno della coscienza, ma obbediscono con poco lume di fede e, quasi non direi, con senso di servilità più che di amore.
Parimente sono quei religiosi i quali ubbidiscono ai superiori con abitudine materiale, più per sudditanza che per sentimento di fede e di virtù santa.
[105]Sono al primo grado dell'ubbidienza ed è da pregare il Signore che da figli di una bontà molto comune li elevi ad un grado superiore di virtù.
Sono dei figli i quali ubbidiscono prontamente, ciecamente alla voce della coscienza, ai comandi dei superiori terreni, perché sono persuasi che meglio è ubbidire che comandare e che il proprio dovere è di ubbidire sempre.
E fin qui si direbbero perfetti, ma nel caso pratico sono facili alle critiche, alle piccole mormorazioni ed al dire francamente che, se fossero nella persona dei superiori, direbbero altrimenti e disporrebbero in altro modo, ma pur fanno come i superiori propongono, perché al superiore è l'autorità di comandare ed agli inferiori si deve la pazienza di ubbidire.
Questo modo di ragionare e di eseguire contiene un grado di virtù superiore al primo suesposto.- 1287 -
Ma il figlio che è superiore ad ogni elogio è dotato di sottigliezza di mente ancora maggiore, di bontà di cuore squisita.
Figlio così fatto impiega intiere le potenze della mente per conoscere i voleri di Dio in generale, per addentrare anche nei più minuti particolari i desideri del Cuore di Gesù Cristo, per compierli[106] tutti e sempre, con fermo proposito e con perseveranza sino all'ultimo sospiro della vita.
E come con Dio, così adopera con i propri superiori che sono i rappresentanti di Dio, con la propria Regola che è il codice dei comandamenti di Dio, con il proprio Regolamento che è l'estensione minuta dei desideri del comune padre celeste, Iddio, i quali sono insieme i desideri del superiore che in nome di Dio governa l'istituto.
Il terzo grado di ubbidienza pertanto consiste in una perfetta sottomissione della nostra volontà alla volontà di Dio.
Consiste in ubbidire sempre e fino alla morte, anche ad una morte spasimante di croce.
Si obbedisce così perché, al di là del consummatum est35, tosto tosto al perfetto ubbidiente si aprono le porte del paradiso.
Del voto di ubbidienza
Si danno dei figli i quali non obbediscono per virtù; si direbbe che hanno in sé l'istinto della ribellione, che quando ubbidiscono il fanno solamente per forza.
Costoro non possono mai contentare il cuore di Dio.
Il Signore rispetta[107] la libertà dell'uomo e quando l'uomo se ne fugge da Dio, il buon Dio gli tiene dietro e sospira con gemiti inenarrabili, perché sen torni tra le sue braccia.
A scagliare dardi di giustizia aspetta per ultimo e il fa solo quando vede che lo sciagurato, abbandonato a sé, si affretta di precipizio in precipizio.
Il superiore di una casa, quando con suo alto duolo abbia a fare con un figlio così poco devoto, anzi pericoloso cotanto nella famiglia, allora eseguisca il precetto del Signore: «Ammonisci con dolcezza come padre col figlio.
Che se perduri in - 1288 -mal fare allora avvisa come giudice, chiamando altresì almeno due testimoni»36. Che se il figlio sciagurato prosegue a far guerra al padre come un Assalonne ribelle e che se, con lo scandalo, desse seduzione e attentasse di trarre a sé altri dei suoi fratelli, allora il padre è troppo giusto che sieda in tribunale nella sua maestà di giudice e che pronunci la sentenza di espulsione, e chiami pure gli esecutori della legge e consegni il figlio disperato perché si tragga lontano lontano.
Né ciò è tirannia di autorità, ma è semplice atto di giustizia; è sempre la bontà di cuore di un padre che segue il semplice diritto e dovere di natura: si apparti il figlio appestato perché non ammorbi l'intera famiglia nella propria casa.
[108]Per altro è facile intendere che un comando assoluto e di tanta autorità raro è che avvenga in una famiglia religiosa; è da supplicare il Signore che non avvenga giammai.
Che se la scure è proprio da mettere alla radice dell'albero, questo è da farsi dai superiori maggiori, non già dai superiori locali, se non in caso di gravissime circostanze.
Richiamiamo quanto stabiliscono le nostre Costituzioni per ciò che riguarda il formale precetto dell'ubbidienza.
Quando proprio convenga di ciò fare, allora torna conveniente che il formale precetto si imponga per iscritto od almeno avanti a due testimoni, il che è soltanto dei superiori maggiori, non dei superiori subalterni di piccole case.