Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
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Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1895

10. Notiziario.acapo.Anno III, n. V, aprile 1895, pp. 252-254

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Notiziario
Anno III, n. V, aprile 1895, pp. 252-254. Presentato al processo.
La Piccola Casa, riconoscente alla veneranda persona del vescovo missionario Eusebio Maria Semprini di santa memoria, compié nella chiesa del sacro Cuore un servizio religioso a suffragio dell’anima di quel grande. Nella nostra chiesuola dell’ospizio in Pianello, per ringraziare la visita fatta ivi nel 1888 16 dallo stesso mons‹ignor› Semprini, quel degno parroco Giudici d‹on› Michele celebrò ufficiatura solenne. Il valente prevosto di Cremia d‹on› Cristoforo Pini recitò un discorso pieno di sacerdotale affetto, mentre numeroso popolo pendevagli intento dal labbro.
In ossequio poi allo illustrissimo defunto riproduco qui la lettera del nostro carissimo padre Gabriele Dell’Era da Pianello Lario, confratello al vescovo Semprini, personaggio che già conoscono i lettori della Providenza 17. Dalla lettera che aggiungo si vede, come attraverso di un prisma, la grandezza del missionario cattolico che per la gloria di Dio si immola al bene delle anime. La lettera è scritta da Toplana, in Albania, in data 12 marzo decorso.
Il giorno 22 febbraio ricevetti la sua amatissima lettera contenente l’obolo della carità. La ringrazio di cuore. Ricordo poi - 135 -ancora ciò che nella casa sua ella degnossi in me d’encomiare, additando quel po’ di coraggio che mi sentii dal pontile di Lecco, quando potei salvare dalle onde il figlio della buona lavandaia ivi. Ma a mio avviso quella fu una piccola bagatella, un’azione naturalissima per chi ha un po’ di cuore in seno. Bensì ebbi un vero bisogno di coraggio alcun tempo dopo, non più sulle ridenti sponde del Lario, ma tra gli spumosi gorghi dei torrenti che furiosi precipitano da questa selvaggia natura.
Senta il caso, che sono proprio tentato a narrarglielo, poiché di simili non ne avvengono tutti i giorni. Si era nel delle sacre Ceneri. Io mi trovava ad officiare nella chiesa di Dushman, donde doveva ritornare nella mia parrocchia di Toplana. Il tempo non poteva essere peggiore: pioggia a dirotto, vento il cui sibilo vinceva il rumore delle acque, nubi dense e fitte d’oscurità profonda cui solo qua e rischiarava il guizzo di qualche lampo, rombo di tuono al quale di tratto in tratto s’accoppiava l’aspro scrosciare della saetta e da lungi il sordo muggio dei torrenti che incominciavano a rovesciarsi sui fianchi delle montagne. Era il finimondo! Tuttavia non sembravami ancora il caso di dover sospendere il ritorno [253] alla mia chiesa. Sapeva che i fedeli erano radunati ansiosi di iniziare coi sacri riti liturgici il sacro tempo quaresimale e pensava che i santi desideri di un popolo non devono essere così facilmente trascurati. Manifestai quindi l’intenzione di mettermi in cammino.
Tosto due montanari arditi e coraggiosi, quali si possono solo trovare tra le fiere e quasi selvagge razze di queste regioni, mi si offersero compagni di viaggio. Come non accettaregenerosa offerta in tempoperiglioso? Incoraggiandosi a vicenda prendemmo quindi la via. E già avevamo camminato alcun tempo in mezzo a questo caos tempestoso, quando uno straordinario rumore ne ferì l’orecchio e la terra cominciò come a tremare sotto i nostri piedi: « Che sia il Lisena che ci minaccia qualche brutto scherzo? », dicemmo guardandoci vicendevolmente (così chiamasi un fiume posto a metà del cammino tra le due chiese). Non avevamo ancora terminate queste parole, quando in fondo all’oscuro orizzonte apparvero le acque del fiume come una enorme massa bianco-gialla che - 136 -furiosamente s’agitava, correva, precipitava per la ripida china del monte. Sulla sua superficie apparivano trascinati nella sua fuga grossi tronchi d’alberi tolti alle cime dei monti, nel suo fondo udivansi rotolare enormi macigni. Era uno spettacolo da atterrire anche il cuore più gagliardo.
Non è quindi meraviglia se a tale vista io abbandonassi ogni idea di cammino. Ma alla presenza del pericolo quegli arditi montanari sentironsi come rinascere la selvaggia loro audacia: « E che — dissero — un po’ d’acqua torbida ci impedirà d’inoltrarci? ». E qui mi si fecero d’attorno con tante smanie, gesti e parole che per non parere di ghiaccio dovetti arrendermi al loro volere. Ma quali erano poi i mezzi di tragitto nei quali mettevano tanta fiducia? Quegli stessi coi quali quindici secoli fa i loro antenati passarono il Volga, il Reno, il Danubio mettendo a soqquadro l’Europa intera, cioè otri e zattere. Delle otri eravamo già provvisti al principio del cammino, ci demmo quindi attorno a tagliare giunchi e verdi rami d’alberi per intrecciarne una zattera. Si può quindi immaginare con quale animo io eseguissi il mio lavoro: sembravami di raccogliere i materiali d’una bara. Costrutta la zattera, vi si legò a ciascun canto un otre perché meglio galleggiasse. L’adagiarono poscia sulla riva dell’acqua, e m’incoraggiarono ad entrarvi. Io benedissi prima tutto, quindi stendendomi bocconi sulla zattera dissi: « Ci annegheremo tutti certamente ». I miei due compagni allora cintisi un otre alla persona si gettarono nell’acqua, l’uno di fianco e l’altro di fronte della zattera, con l’intenzione questi di guidarla, quello di sorreggerla; quindi la sciolsero dal lido.
Lasciar la riva ed entrare come in un caos vertiginoso fu un punto solo. L’impeto irresistibile della corrente seco ne trascinava tutti a precipizio. Immersi nella spuma, nel turbinio dell’onde, assordati dal terribile frastuono, asfissiati dal rapidissimo movimento, soprafatti dall’idea del terribile pericolo che ne avvolgeva, noi eravamo istupiditi, insensati, già quasi morti prima d’essere sepolti. Così ora totalmente coperti dalle onde, ora balzati in alto dalla fiumana, trascorremmo la lunghezza di trecento metri. Quivi il Lisena si scarica nel Dryna. È questo un luogo ben terribile. Ivi le due correnti, s’incontrano, s’urtano, si mescolano insieme in un sol vortice profondo e ribollente. Muti - 137 -di terrore attendevamo il momento d’essere precipitati in quel caos vorticoso. La forza della corrente non tardò molto a spingervene e seppellirvene. La morte stessa non poteva essere più spaventosa. Il cozzo dei due fiumi capovolse la zattera, ne staccò i miei compagni lanciandoli ed avvolgendoli in mille direzioni. Io poi fui totalmente ingoiato dal gorgo profondo e vorticoso. Rassegnato io aveva già accettato la morte e mormorata una prece al Signore. Ma in quel buio per istinto io era riuscito a rimanere attaccato alla zattera ed agitandomi con essa riuscii a guadagnare ancora la superficie delle acque.
Un uomo dalle sponde del Dryna vide la terribile scena e sparò tosto sei colpi di fucile per segno d’aiuto. Incontanente dalla sponda opposta del fiume due arditissimi nuotatori, cinti di otri, con evidente pericolo della vita si spinsero nel fiume e vigorosamente lottando contro la corrente riuscirono a trarre e me ed i miei compagni in salvo sulla riva. Fu questo un vero miracolo della Providenza. Si può quindi immaginare con quanta divozione cantassi il Te Deum [254] in ringraziamento. Il popolo stesso, che avvisato della cosa era accorso per vederci morti, scorgendoci salvi s’unì a noi per ringraziarne fervorosamente Iddio.
Prego lei pure, signor padrino 18, a ringraziare per me il Signore. Salutandola unitamente a quei della Piccola Casa, mi sottoscrivo
Padre Gabriele
Piccolo segno di molta gratitudine ai lettori della Providenza, ai cooperatori della Picc‹ola› Casa, presentiamo il drappello di quelle creature che innocenti portano il peso della colpa dei genitori propri. Di questi giorni stessi, ossia dalla festa di san Giuseppe in poi, la r‹egia› questura ci presentò cinque derelitti dai tre ai dieci anni che furono strappati alla brutalità umana. Il rev‹erendo› prevosto Biraghi, che nella sua parocchia di san Gioachino in Milano è padre e protettore di tutti gli sventurati, ci ha pure affidato il giovinetto Luigi di anni sette, meschinello gibboso, figlio del famoso assassino - 138 -Celada che uccise il capostazione. La Picc‹ola› Casa farà da madre a questi derelitti e dessa spera che le preghiere di questi innocenti saliranno gradite al trono del Signore e faranno discendere celesti benedizioni ai benefattori propri.
Noi dell’antico mondo divideremo le gioie pasquali con altri del Mondo Nuovo che ci sono consanguinei diletti. Ai 26 dello scorso febbraio, in Minnesota, stato dell’Unione americana, e dentro le mura di una casetta colonica a St. Henry, una vecchia veneranda stava come su di un trono di famiglia, e intorno intorno a congratularsi con lei e offrirle dei doni erano venuti da lontani Stati i figli o le figlie con numeroso drappello di altri loro figli, i quali dirigendo lo sguardo ai genitori e per essi alla vecchia nonna dicevano: « Vera è la promessa del Signore aggiunta al quarto de’ suoi Comandamenti: Onora il padre e la madre, se vuoi vivere lungamente sulla terra 19 ». Il ministro del Signore aveva benedetto a ciascuna di quelle unioni coniugali, e desso il sacro pastore stava pure in congaudio di giubilo spirituale.
La vecchia veneranda è l’unica zia paterna ancor vivente del direttore della Picc‹ola› Casa. Si chiama Maria Orsola Guanella ed è vedova Levi. Ai 26 febbraio entrava nel suo novantesimo anno di vita. Il caro avvenimento è l’oggetto della festa di quella famiglia. La zia diletta conta in questo vecchio mondo nipoti e parenti in copia assai. Noi tutti ci uniamo in ispirito alla gloria di quella vecchia madre, dei suoi figli, dei figli dei figli. Anche noi porgeremo di cuore a Dio preghiere e voti finché il Signore ci riunisca uno ad uno tutti nel giubilo perenne della famiglia cristiana nel luogo di premio, il paradiso.
La direzione della Piccola Casa ha in animo di pubblicare un quadro delle molteplici opere di benedizioni compiute da sua eccellenzamons‹ignor› Teodoro Valfrè dei conti di Bonzo, di formarne un album col quale porgere allo amatissimo vescovo un segno di affetto e a noi argomento di crescente ossequio. Quelli del clero e del popolo che bramano far pervenire un pensiero del - 139 -loro cuore, la Piccola Casa di buon animo lo inserirà nell’album istesso quando in tempo utile ne pervenga lo scritto 20.
L’ottimo Ordine ha pubblicato lo straordinario e spontaneo concorso con cui i comaschi ed in ispecie i parrocchiani di Sant’Agata hanno voluto onorare i funerali del compianto nostro Piazzoli Carlo, ottuagenario venerando che dimorò per tre anni in ricovero nella Piccola Casa 21. Di questa carissima figura ne diremo cenni dettagliati perché si rese tanto benemerito dei figli del popolo e della religione 22.
Ci sono pervenute belle oblazioni in aiuto alle opere della Piccola Casa e di quelle di Sant’Ambrogio ad Nemus. Ne faremo pubblicazione nel prossimo numero. Intanto non possiamo non porgere pubblico attestato di gratitudine all’esimio quaresimalista del duomo dottor Luigi Marazza, che più di una volta volle raccomandare alla pietà dei buoni i moltiplici bisogni nostri.




p. 134
16
Originale: 1890; l’A. riferisce correttamente l’anno in Notizie care, p. 91.


17
Cfr. Preti, frati, monache inutili, pp. 45-47; Edoardo Torriani, Padre Gabriele da Pianello Lario, LDP, giugno 1894, pp. 157-158.


p. 137
18
Il francescano Gabriele Dell’Era (1856-1898), ordinato il 18 ottobre 1885, ebbe l’A. come padrino della prima Messa.


p. 138
19
Es 20, 12.


p. 139
20
Cfr. nota 58 a p. 118.


21
Cfr. Necrologio, ne L’Ordine, anno XVII, n. 75, 2 aprile 1875, p. 3.


22
Cfr. Carlo Piazzoli. Cenni biografici, pp. 140-144.


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