Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
Lettura del testo

Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1901

17. L'agronomia.acapo. Anno VIII, n. 11, novembre 1901, pp. 81-82

«»

[- 339 -]
17
L’agronomia
Anno VIII, n. 11, novembre 1901, pp. 81-82. Presentato al processo.
L’agricoltura è uno studio, anzi una necessità riconosciuta da tutti i partiti e da ogni classe di persone poiché è la prima fonte del benessere materiale. Tanto il sommo pontefice, che ne parla ad ogni occasione, quanto il nostro re ed ogni persona di senno e di cuore, tutti se ne interessano come dell’unico scampo per far risorgere questa nostra cara e bella Italia, impoverita per l’abbandono in cui sono lasciati i suoi fertili campi.
Vittorio Emanuele III salendo al trono volse il suo sguardo alle popolazioni che vanno cercando fuori di patria il loro pane e richiamandole con amore le incoraggiò a coltivare la terra natale. Nel congresso di Taranto 22, quasi eco della voce - 340 -del venerando inspirato vegliardo del Vaticano, risonò un applauso all’arcivescovo di Taranto, il quale ha introdotto lo studio dell’agricoltura nei nove seminari da lui dipendenti ed ha aiutati molti de’ suoi sacerdoti a diventare ingegneri agronomi o meccanici, per rispondere col fatto alla voce del papa che grida: « Se volete salvare la società, preti, andate alla piazza! ».
Non è forse la terra la prima, la principale sorgente di ricchezza? Le miniere non danno il pane, né lo danno le macchine o gli opifici. Questi danno i mezzi per ottenerlo, ma non danno il sostentamento. La terra sola il pane ed un industriale, per quanto ricco, non può alimentare la vita senza i frutti dell’agricoltura. [82] È tanto chiaro questo ragionamento e tanto ovvio che parrebbe superfluo, se la trascuraggine in cui è universalmente tenuta l’agricoltura non ci animasse a richiamarlo a chi lo sa e non vi pensa, come a chi non vi ha mai pensato.
I benedettini, i cistercensi e ai nostri tempi e nella nostra Italia i trappisti e i certosini risanarono plaghe sterili e malsane e dettero la ricchezza della fertilità a molti campi che dianzi parevano refrattari alla coltura ed erano fonte di malaria. Il popolo stanco e stremato dalle lotte e dalle rivoluzioni, nelle quali alla fine vince il più potente o il più ardito, reclama la santa, tranquilla operosità della campagna ed attende direttamente da essa lavoro e sostentamento.
Don Carlo Molteni, di San Simpliciano di Milano, il 29 scorso elogiando la Madonna del Lavoro in Pian di Spagna, provò con geniale eloquenza come dall’agricoltura venga quella patriarcale condizione che alle famiglie pane e pace e conserva ed aumenta nei popoli la fede, e colla fede la morale e la prosperità.
Dolenti che la modestia dell’illustre oratore non ci conceda il manoscritto del suo discorso e più dolenti che la ristrettezza dello spazio ci tolga di farne un ampio sunto, diremo solo che quanti lo ascoltarono rimasero profondamente convinti che l’agricoltura all’ombra della religione diventa fonte di quiete e di agiatezza.




p. 339
22
Riferimento alla XVIII adunanza dell’Opera dei Congressi e dei Comitati cattolici, tenuta a Taranto dal 2 al 6 settembre 1901.


«»

IntraText® (VA2) Copyright 2015-2025 EuloTech SRL
Copyright 2015 Nuove Frontiere Editrice - Vicolo Clementi 41 - 00148 Roma