Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
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Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1902

22. Natale del 1902.acapo. Anno IX, n. 12, dicembre 1902, pp. 89-92

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Natale del 1902
Anno IX, n. 12, dicembre 1902, pp. 89-92.
Chi ebbe la sorte di compire il pellegrinaggio in Terra Santa e di visitare i Luoghi Santi dove Gesù benedetto nacque, patì, morì in croce, risuscitò, ascese glorioso al cielo, alla ricorrenza delle festività che commemorano i fatti principali di nostra santa religione si sente più che mai unito allo spirito della santa Chiesa, rammemorando le emozioni vivissime provate in quelle sante visite. L’intelligenza, la memoria ed il cuore del pellegrino ne furono grandemente consolati e lo stesso corpo ne provò sovente ristoro. Parecchi di noi, nonostante le fatiche inevitabili del viaggio, anzi forse appunto per quel mutamento radicale di aria, di abitudini, di tutto, si sentirono sollevati da molti acciacchi e tornarono a casa ringiovaniti nella volontà, nello spirito e perfino nella salute.
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Nella vicinanza delle feste di Natale, il pensiero di ogni cristiano corre a Betlemme. Chi poi ebbe la fortuna di celebrare sull’altare della santa grotta richiama con tenerezza [90] quei felici istanti e ripensa alla scena divina della nascita del Redentore, figurandoselo vivo e parlante nella grotta benedetta.
E rammento quei religiosi francescanieroici e grandi nell’esercizio costante della povertà, della semplicità e della carità evangelica, secondo l’insegnamento del Poverello d’Assisi. Essi, umili e dotti, si prestavano alle nostre esigenze insistenti, ed ogni pellegrino ha sentito da essi le narrazioni più edificanti e le spiegazioni più esatte. Osservai ad un padre che era a deplorarsi che la santa grotta di Betlemme fosse interamente coperta di arazzi, non solo nelle pareti ma fin nella volta, ed esso mi rispose che ciò era necessario per conservare il diritto di proprietà e soggiunse: « Pensi che la guardia turca più volte al giorno fa la consegna dell’altare e della grotta intatta a noi che la riceviamo dopo il servizio religioso dei greci scismatici, i quali sono sottili e cavillosi all’eccesso ».
I monti della Palestina sono formati da una pietra che si presta assai ad essere scalfita e scavata a guisa del tufo, e questo origine a molte caverne naturali le quali assai facilmente possono essere allargate e rese abitabili poiché sono asciuttissime. Usano gli arabi di edificare uno stanzone all’ingresso della caverna per farsene abitazione e ripostiglio. Questo spiega come a Nazaret sia rimasta la grotta dove sta scritto: « Hic Verbum caro factum est », ed a Loreto, dove gli angeli ebbero portata la casetta dove la Vergine santa ricevette l’annuncio angelico, si possa dire altrettanto, perché la grotta rimase a Nazaret.
A Betlemme, oltre la santa grotta dove nacque l’Uomo Dio, vi sono altre grotte che comunicano tra loro e conservano il nome dei santi che le abitarono. Celebre fra esse è la grotta di san Gerolamo, dove il gran dottore compì il lavoro gigantesco della traduzione della Sacra Scrittura valendosi per l’opera sua delle nozioni importanti che gli venivano dal luogo che fu teatro principale dei misteri di nostra santa religione. La mente va figurandosi Gerolamo che lascia la penna per battersi il petto e gridare: « La tromba del giudizio terribile mi sgomenta, ma la culla del divin Salvatore acquieta i miei spasimi e mi fa pensare - 405 -alla misericordia ». I confratelli di vita santa e i compagni di studio del gran dottore gli abitavano vicino ma, che io sappia, serbano con certezza i nomi dei loro abitatori soltanto le celle di sant’Eusebio, di santa Paola e di pochi altri santi.
Quale differenza fra la vita di quei romiti illustri e la nostra che, pur non essendo del tutto mondani, vogliamo per noi e pei nostri case comode e cibi delicati! E pensare che i più si preparano a celebrare le feste natalizie coll’abbondanza e la squisitezza delle mense, anziché colla meditazione gioconda del mistero dolcissimo della nascita di Gesù fra gli uomini, nello squallore della povertà, nel rigido inverno! Ci commovano i gemiti di tanti poveretti che, intirizziti e affamati, implorano carità, e facciamola loro per consolare il celeste Neonato.
A poca distanza da Betlemme c’è la pianura dei pastori. Un modesto monumento ricorda l’apparizione dell’angelo a quei semplici che primi accorsero ad adorare il divin Redentore. I ricoverati delle Case della divina [91] Provvidenza (circa duemila!) meco desiderano, a somiglianza dei betlemiti pastori, di correre al santo presepio ad adorarvi il Bambino divino e ad offrirgli i loro cuori. Valga il desiderio vivissimo di noi poveretti a rendere meritorie le povere nostre offerte, fatte di desiderio e di buoni propositi.
In Betlemme più di quattromila arabi sono cattolici; costoro amano assai i pellegrini italiani, perché italiani sono pure i custodi dei Luoghi Santi. Mentre non è possibile chiedere il minimo servigio ai turchi senza dare loro il bascich (mancia), non mi fu possibile far accettare agli arabi cattolici neanche una piccola moneta, circa due soldi turchi.
Visitammo pure la grotta intitolata del latte, alla quale si discende come al solito per una lunga gradinata. Ora vi sta una chiesa custodita dai padri francescani. Questa grotta ricorda come san Giuseppe, avvisato dall’angelo di partire in Egitto, mentre si disponeva al viaggio condusse quivi la vergine Madre. La tradizione vuole che nel nutrire il suo divin figliuolo Maria santissima lasciasse cadere alcune gocce del suo latte verginale, e la storia di ogni giorno narra le grazie onde quel luogo è benedetto.
Betlemme ci parve un’oasi dolcissima vedendo quei cari arabi fedeli alla religione nostra santa, e ne rendiamo infinite - 406 -lodi a Dio. Ivi, oltre all’accoglienza cordiale dei padri francescani, ebbimo la gioia di incontrare i salesiani. Chi scrive ed ebbe la sorte di passare con don Bosco i tre più belli anni della vita, il 1876, 77 e 78, trovandosi in Palestina coi figli di quell’amoroso padre e con don Belloni, ne ebbe indicibile gaudio. In casa appartata sono pure a Betlemme le Figlie di Maria Ausiliatrice, le quali mi rammentarono varie mie antiche parrocchiane di Savogno. A Damasco, a Caifa, a Gerusalemme trovai altri cari allievi delle case di don Bosco e con taluni di essi, seduto presso la fontana delle abluzioni vicina alla moschea d’Omar, fui fotografato di tradimento dal giovane Ostinelli di Como, figlio del caro Costantino mio antico compagno di studio.
Un piccolo arabo - I figli degli arabi sono cari e intelligenti. A Gerusalemme uno di essi, certo Giuseppe Icono, a 12 anni, sotto la scuola dei francescani, oltre l’arabo parla l’italiano e il francese. Esso avendomi servito la Messa al Calvario, sapeva distinguermi subito fra i 115 sacerdoti del pellegrinaggio e mi raggiungeva sempre per servirmi la Messa dovunque io mi recassi. Egli mi teneva dietro nelle visite che noi facevamo non solo in Gerusalemme, ma altresì a Betania, a Betlemme, a San Giovanni in Montana e ad Emmaus, che dista diciotto chilometri da Gerusalemme. Povero ragazzo! Voleva venire con me in Italia e mi scongiurava di portarlo meco, e il padre infermo e la madre povera ne erano contenti. Mi doleva il cuore di resistere alle preghiere del caro fanciullo, ma partendo di lo lasciai in prova di persone probe ed esperte che mi riferiranno poi. Addio mio caro Icono. Il Signore aiuti me e te a compire perfettamente la sua santa volontà.
Perdoni il lettore queste divagazioni, ma pensando ai cari fanciulli nostri che festeggeranno con noi il santo Natale non potevo dimenticare il piccolo arabo. [92] Non dimenticate neppure voi, amici e benefattori nostri, le nostre case, e non vi sia grave portarvi un po’ di aiuto, quindi di allegrezza.
A voi e alle vostre famiglie, pace, sanità e gioia prega dal Signore
don Luigi Guanella

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