Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
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Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1906

3. Per la risurrezione del nostro Bel Paese.acapo. Anno XIII, n. 2, febbraio 1906, pp. 17-21

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Per la risurrezione del nostro Bel Paese
Anno XIII, n. 2, febbraio 1906, pp. 17-21.
L’Italia nostra, cantata dai poeti, vagheggiata dagli stranieri, conobbe in ogni tempo la persecuzione e più e più volte le sue industrie furono danneggiate, i suoi interessi compromessi e la - 585 -miseria e la peste e la guerra devastarono le sue contrade. La divina Provvidenza vegliò tuttavia sulla terra « usiede il successor del maggior Piero » 12 e secondo i tempi suscitò uomini straordinari che ne riparassero i danni. [18] Ecco sorgere san Benedetto, eccolo raccogliersi intorno una turba di generosi che, dediti allo studio e all’agricoltura, tornarono la scienza e la fecondità dove prima regnava l’ignoranza e la fame. E non solo dissodarono le terre d’Italia, ma estesero l’opera loro benefica nella Spagna, nella Germania e nella Francia.
Oggidì la cara patria nostra è minacciata dalle sette e l’incredulità, eretta a sistema, s’avanza gigante e minaccia di assorbire le migliori istituzioni lasciateci dai nostri maggiori. E, ciò che è peggio, il paganesimo delle credenze e dei costumi ci si mostra non in vista di lupo ma di agnello e con ipocrita mitezza seduce le masse e addenta e distrugge la fede che illumina, la speranza che fortifica, la carità che feconda i cuori e li rallegra, e attossica ed intristisce la civiltà cristiana onde son belle le nostre contrade.
Se vogliamo tener alto il nome d’Italia nostra, opponiamo il bene al male e sosteniamo quelle istituzioni dove si educa la gioventù nel culto del bello e del vero. Preferiamo le scuole dove dagli studi non è bandito Dio. Preferiamo le officine dove la gioventù impara a guadagnarsi il pane ed insieme a praticare la religione di Cristo, come ci viene insegnata dalla santa madre Chiesa.
Ma non dimentichiamo che il ritorno ai costumi semplici e patriarcali, che — in una parola — la coltivazione della terra è aiuto poderoso a restituire al nostro Bel Paese la prosperità e la fede. L’impulso dato dai sommi pontefici alle associazioni agrarie ci assicura del beneficio grande che da esse ne può venire.
Don Bosco, quel venerando benefattore dell’umanità, indovinò i bisogni del tempo e, non pago di avere iniziato colonie agricole in Italia, ne iniziò un po’ da per [19] tutto, fino in Palestina. E don Bosco, che i nostri cuori anelano fidenti - 586 -di venerar sugli altari, ha lasciato dietro di sé successori valenti che continuano l’opera sua.
Lo dobbiamo agli antichi benedettini o ai figli di d‹on› Bosco o non forse all’idea che va facendosi largo e trova adesioni nelle masse? Il fatto sta che oggigiorno il titolo di coltivatore dei campi non suona più come in altri tempi collo spregiativo di villano, e non soltanto frati, sacerdoti e chierici, ma signori e gente d’alto bordo si vantano di coltivare la terra. Il presidente della repubblica francese Fallières, sul punto di coprire l’alto seggio, si vantava d’essere vigneron e parlava con entusiasmo delle sue viti e del suo vino. Che più? Lo stesso nostro sovrano si è fatto promotore di un nuovo istituto di agricoltura che ha trovato adesioni in tutte le nazioni e da quasi tutti i sovrani.
L’Opera della divina Provvidenza, per rispondere alla voce che pontefici e sovrani hanno fatto sentire, e concorrere alla risurrezione della cara nostra patria, ha preso terreni incolti da dissodare, vi ha fondato colonie ed in pari tempo scuole, dove la fede insegni all’uomo di lavorare per guadagnarsi il pane del corpo e quello dello spirito ed imparare a sopportare la fatica, le malattie, la morte per conquistarsi un giorno il paradiso.
Ma...
Le opere della Casa della divina Provvidenza per rassodarsi e dilatarsi ed operare il bene che si desidera ed è necessario, hanno bisogno estremo di aiuto, anzi di aiuti. Massimo di questi aiuti è un poderoso personale maschile, che dia braccio e consistenza alle scuole, alle officine e alle colonie della casa.
E non dico soltanto di buoni sacerdoti, i quali sono [20] i padri ed i fratelli dei nostri ricoverati e li lavorano e li plasmano secondo il modello dato loro dal d‹ivino› Maestro. Si moltiplichino i sacerdoti figli di don Guanella e Dio li benedica! Ma... non bastano ancora. Ci vogliono anche molti buoni laici che, prestandosi nelle diverse opere dove il prete non può o non conviene, sono adottati come figli carissimi dalla casa, la quale li riceve da Dio e più non li abbandona, né sanimalati, e se li alleva e se li educa pel tempo e per l’eternità.
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Quanti e quanti nella vita stentata e combattuta della città e della campagna correrebbero come ad oasi nel deserto in questo cantuccio di Provvidenza, dove passare i pochi e incresciosi giorni della vita senza la tormentosa cura del domani, riposati e sicuri nella dolce carità di Cristo! Venite, venite, anime abbandonate, desiose di pace, la Casa della Provvidenza vi darà lavoro e pane ma sopra tutto pace, quella pace che nel secolo è ignota ma di cui ognuno ha sete. Il giogo del Signore è soave e leggero 13 e fa dolce e meritorio il camminare dietro i Consigli evangelici.
I sacerdoti ed i maestri e chiunque ama il bene invii alla Casa della divina Provvidenza operai d’ogni età e condizione, purché chiamati a lavorare nella vigna del Signore. Un grido angoscioso noi sentiamo nel santo Vangelo: « La messe è copiosa, ma pochi gli operai! Preghiamo il Signore perché ci moltiplichi questi buoni lavoratori » 14.
L’agricoltura! Dateci molti coltivatori della terra e la patria nostra riprenderà il primato sulle nazioni, e la prosperità e la pace richiameranno nella società nostra la fede!
Se taluno ci ha seguito nel leggere queste nostre idee, [21] uscite spontanee ma a sbalzi, come acqua sbattuta da rupe in rupe, ci aiuti, ci secondi; ci aiuti non foss’altro nel divulgare questi pensieri tendenti al bene, al vero bene dell’Italia nostra e delle nostre famiglie. E se taluno conosce persona desiderosa di lavorare nella vigna del Signore, nella pace di Dio, le insegni la via della Casa della divina Provvidenza. Ivi ognuno guadagna il suo pane col sudore della fronte 15, secondo è l’obbligo di ogni uomo, ed insieme coltiva lo spirito e mano ad un’opera molteplice e variata di carità.
Sacerdote Luigi Guanella




p. 585
12
Dante Alighieri, Divina commedia, Inferno, II, 24.


p. 587
13
Cfr. Mt 11, 30.


14
Cfr. Mt 9, 37-38.


15
Cfr. Gen 3, 19.


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